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Mondi POPTelevisioneI riferimenti fumettistici di True Detective

I riferimenti fumettistici di True Detective

true detective moore morrison

Salutata fin da subito come una delle migliori serie di sempre e definita da molti un “instant classic”, True Detective è lo show televisivo che racconta di una coppia disfunzionale di detective – ottimamente interpretati da Woody Harrelson e Matthew McConaughey – alle prese con un’indagine su un serial-killer.

La storia si svolge su due differenti piani temporali (il 1995 e il 2012) ed è ambientata nel sud degli Stati Uniti, in Louisiana. A prima vista sembrerebbe una classica serie di genere poliziesco/crime, ma l’intensità e la profondità delle riflessioni su tematiche molto più ampie (il bene e il male, lo scorrere del tempo, la religione…) presenti all’interno dello show danno un tocco metafisico molto originale.

Prodotta da HBO – la stessa rete televisiva satellitare che nel corso degli anni ha sfornato successi quali I Soprano, The Wire e Games of Thrones – la serie è ideata e scritta da Nic Pizzolatto, già sceneggiatore di alcune puntate di The Killing e romanziere (in Italia il suo primo libro, Galveston, è stato pubblicato da Mondadori).

Sulle pagine del sito The Courier-Journal, Pizzolatto ha citato come sue prime fonti di influenza Alan Moore e Grant Morrison, due fra i più importanti scrittori di fumetti:

«La prima volta che la scrittura mi ha provocato una forte emozione è stata leggendo i fumetti di Alan Moore e Grant Morrison quando ero un ragazzo. Crescendo nel sud-est della Louisiana, in una casa con pochi libri, la complessità e la profondità delle loro storie si rivelò sconvolgente per un ragazzino.»

Quest’affermazione ha fatto subito scattare la corsa alla scoperta delle citazioni in True Detective riconducibili ai due scrittori. Alex Pappademas, giornalista di Grantland, ha scoperto rimandi all’opera di Morrison soprattutto in The Invisibles (Vertigo / DC Comics), serie scritta tra il 1994 e il 2000 dove vengono raccontate le avventure di una cellula anti-terroristica che si batte per la libertà in un mondo a metà strada fra 1984 di Orwell e Matrix dei fratelli Wachoski. In The Invisibles confluiscono varie mitologie e religioni (induismo, taoismo, buddismo), teorie del complotto, controinformazione, cultura pop, esoterismo e situazionismo.

Nel 2004, in un’intervista apparsa sulla rivista Arthur, Morrison spiegò che con The Invisibles voleva mostrare ciò che aveva imparato sulla struttura dell’universo quando – a detta sua – fu rapito dagli alieni durante un viaggio a Kathmandu:

«Ero stato portato fuori dalla Realtà a quattro dimensioni, mi era stato mostrato l’universo intero come un unico oggetto, mi era stato mostrato come appare il mondo dal di fuori, il punto di vista del Supercontesto, come l’ho chiamato in The Invisibles, ed era una cosa profonda. Fu un’esperienza sconvolgente. Cambiò completamente la maniera in cui guardavo il mondo, la vita, la morte, il tempo…»

Quest’idea è uno dei fondamenti di The Invisibles e ribadita più volte e in vari modi dallo scrittore scozzese, che nel corso della serie prova a smantellare il concetto di tempo lineare, sostenendo che il tempo sia una sorta di cerchio in cui tutto continua ad accadere nello stesso momento.

La rappresentazione del concetto di Morrison disegnata da Cameron Stewart, da The Invisibles vol. 3 #2
La rappresentazione del concetto di Morrison, da The Invisibles vol. 3 #2

La stessa idea viene espressa anche da Rust Chole, il detective impersonato da McConaughey, in due diversi monologhi della quinta puntata. Nel primo, citando le parole che il presunto serial-killer gli aveva detto al momento dell’arresto:

«Una volta qualcuno mi disse: ‘il tempo è un cerchio piatto’. Ogni cosa che abbiamo fatto o che faremo, la faremo ancora e ancora e ancora e ancora, e quel bambino e quella bambina si troveranno in quel posto ancora e ancora e ancora per sempre.»

Nel secondo, spiegando alla propria maniera la Teoria-M (la stessa su cui si basano le idee di Morrison):

«Avete mai sentito parlare della Teoria-M, detective? In questo universo noi elaboriamo il tempo come fosse una linea che avanza, ma al di fuori del nostro spazio-tempo, da quella che sarebbe una prospettiva a quattro dimensioni, il tempo non esisterebbe, e da quella posizione, potessimo raggiungerla, vedremmo il nostro spaziotempo come appiattito, come una singola scultura la cui materia sia in una superposizione di tutti i luoghi che abbia mai occupato, la nostra coscienza che ripercorre ciclicamente le nostre vite come carri su una pista. Capite? Ogni cosa al di fuori della nostra dimensione, è l’eternità, è l’eternità che guarda in basso verso di noi. Per noi è una sfera, ma per loro è un cerchio.»

Pappademas azzarda anche l’ipotesi che i ‘beer can men’ – gli omini di latta intagliati da Rust dalle lattine di birra durante i monologhi – siano un richiamo alla macchina del tempo a forma di origami che appare a un certo punto di The Invisibles e che serve a piegare il tempo e lo spazio per poter viaggiare nel tempo.

morrison true detective 2

Un altro rimando morrisoniano potrebbe essere quella legato a Yellow King, il nome con cui viene chiamato il leader della setta su cui indagano i due detective. In The Invisibles infatti esiste un personaggio con nome simile (The King in Yellow), a sua volta ispirato dall’omonima raccolta di racconti del 1895 di Robert W. Chambers, The King in Yellow, fonte a cui sembra riferirsi anche lo stesso Pizzolatto.

The King in Yellow, da The Invisiibles
The King in Yellow, da The Invisiibles

Il libro di Chambers ritorna anche in Neonomicon di Alan Moore. In questa mini-serie in quattro parti due agenti del FBI si mettono sulle tracce di un pericoloso spacciatore chiamato Carcosa, lo stesso nome della città immaginaria che appare all’interno del libro The King in Yellow e che viene più volte citata durante True Detective. Nel fumetto di Moore, Carcosa è disegnato con un fazzoletto giallo sul volto, come il personaggio di Morrison.

Carcosa, con il fazzoletto giallo sul volto, nel Neonomicon di Alan Moore.
Carcosa, con il fazzoletto giallo sul volto, nel Neonomicon di Alan Moore.

In The Courtyard, il prologo di Neonomicon – vecchio racconto in prosa del 1994 di Moore poi trasformato in fumetto nel 2003 – vengono narrate le vicende di un agente dell’FBI alle prese con un’indagine su alcuni omicidi apparentemente slegati; i suoi metodi, sebbene efficaci, sono malvisti da colleghi e superiori, rendendolo un outsider all’interno del proprio dipartimento. Questo tipo di caratterizzazione (grande abilità investigativa, inesistente abilità sociale) ricorda in maniera molto marcata quella che Pizzolatto ha fornito a Rust Chole, il detective impersonato da Matthew McConaughey.

Tra i numerosi lavori di Moore quello che però sembra avere avuto l’influenza maggiore su True Detective, come fa notare Hannah Means Shannon su Bleeding Cool, è From Hell, il fumetto in cui lo scrittore inglese racconta alla sua maniera la storia di Jack lo Squartatore:

«Entrambi i lavori raccontano omicidi seriali, i rispettivi abusi delle proprie società su donne e bambini, le stratificazioni psico-geografiche del paesaggio circostante in relazione ai vasti squilibri mentali che hanno alimentato abusi e omicidi. Entrambe le storie sono opere riguardanti un preciso momento storico, su cui gettano luce grazie al senno di poi e a una più fresca consapevolezza sociale e politica. Entrambi i lavori sono ispirati da storie vere: From Hell da Jack lo Squartatore, True Detective dagli eventi legati alle violenze rituali sataniche avvenute a metà degli anni 2000 in Louisiana. True Detective utilizza sottili ma pervasivi motivi visivi ricorrenti come strumento nella creazione del proprio mondo nella stessa maniera in cui From Hell lo faceva per creare un claustrofobico sentimento di un mondo completamente immerso nell’omicidio e nell’orrore, perpetuamente in una paura esistenziale. Entrambe le storie prendono un racconto di detective e vi instillano il genere horror. Entrambi presentano un mondo sull’orlo dell’abisso.»

La citazione più eclatante di Moore si trova tuttavia nel dialogo fra i due detective che conclude la serie:

Rust: Esiste solamente una storia. La più vecchia di tutte.

Marty: Quale?

Rust: Luce contro oscurità.

Marty: [guardando il cielo di notte] Beh, so che non siamo in Alaska, ma mi sembra che l’oscurità abbia una netta predominanza.

Rust: Sì, hai ragione

[…]

Rust: Lo stai guardando in maniera sbagliata, il cielo

Marty: In che senso?

Rust: Un tempo c’era solo l’oscurità. Se lo chiedi a me, la luce sta vincendo.

Questo scambio di battute è infatti una reinterpretazione di un dialogo scritto da Moore sulle pagine di Top Ten #8, pubblicato nei primi anni 2000 dall’etichetta America’s Best Comics (Wildstorm / DC Comics).

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