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FocusProfiliUna carriera diabolika. Intervista a Mario Gomboli

Una carriera diabolika. Intervista a Mario Gomboli

“In sede vengo la mattina, per seguire l’attività di redazione. Le storie per Diabolik le scrivo nel pomeriggio, nel mio studio. Lì trovo la concentrazione necessaria. Scrivo solo soggetti. Non ho mai scritto una sceneggiatura di Diabolik in 45 anni di carriera”.

Inizia così la nostra chiacchierata con Mario Gomboli, la persona che più di ogni altra ha la responsabilità di curare l’immagine e la linea editoriale di un patrimonio nazionale come Diabolik. Io e Daniela Odri Mazza siamo andati a trovarlo nella sede di Astorina, nel centro di Milano, per parlare della sua lunga carriera come autore, del suo ruolo attuale come direttore responsabile e di cosa accadrà nei prossimi 50 anni al Re del Terrore. E per scattare qualche foto.

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Come gestisci questa doppia vita di autore e direttore?

Io mi sento innanzitutto un autore. Ho iniziato a scrivere Diabolik mentre frequentavo l’Università, nel 1966, dopo solo quattro anni dal suo debutto in edicola.

Qual è stata la prima volta che l’hai letto?

Fu proprio nel 1966. Mi sono perso i primissimi anni (il primo numero di “Diabolik” è del 1962 – NdR). Va detto che fu tutto merito di Alfredo Castelli, di cui ero compagno di classe al Liceo Volta di Milano e insieme al quale lavoravo al giornale del liceo. Alfredo si occupava di fumetto e di fanzines, già allora. E siccome avrei voluto iscrivermi all’Università ma non avevo un soldo, fu lui a dirmi, un giorno: “dato che ti piacciono i romanzi gialli, perché non provi a scrivere per “Diabolik”?”. E mi consegnò un pacco di albi da leggere. Così, mi sono presentato alle sorelle Giussani con qualche idea. Idee di cui loro stesse erano alla continua ricerca, essendo allora la periodicità dell’albo quindicinale. Così, piano piano, ho cominciato a dare una mano in redazione. E alla fine mi sono laureato e ho iniziato a collaborare in maniera continuativa.

Come si svolgeva il lavoro? Hai iniziato subito come autore?

In realtà cominciai a fare l’architetto, ma intanto continuavo a tenere i contatti con le Giussani. Pagavano i soggetti molto bene, circa 100.000 lire (all’epoca, con quella somma facevi un mese di vacanza in Grecia). Oppure capitava il contrario, erano loro a chiedere. Racconto sempre un aneddoto che risale al 1970. Avevamo affittato con degli amici un seminterrato (che chiamammo “Erre” come “Rivoluzione”, tanto per darti l’idea dei tempi che correvano) per preparare la tesi. Una sera mi chiama Angela (Giussani – NdR) e mi chiede: “Mario, ho un problema. C’è un tale in una cabina telefonica e devo farlo morire senza lasciare traccia”. Io scatto immediatamente: “Compagno poliziotto che stai ascoltando questa telefonata, aspetta! Stiamo parlando di una storia di Diabolik!” (ridiamo)

A proposito, come veniva letto Diabolik, “politicamente” parlando, ai tempi?

Era considerato un anarchico, quindi veniva letto anche a sinistra. Era invece Tex che veniva considerato una specie di “fascista”. Al’epoca scrivevo recensioni per il periodico di Lotta Continua, e una volta osai difendere il cow-boy di Bonelli. Mi telefonò addirittura Gianluigi Bonelli per ringraziarmi.

Certo che Diabolik anarchico, insomma…

Non è dalla parte della giustizia, ha una sua etica, non rispetta le leggi. E comunque, già dalla fine degli anni ’60, perde buona parte della sua ferocia originaria. Nel momento in cui compaiono i primi epigoni (Satanik, Kriminal, ecc…che Angela chiamava “la banda dei K”), si decise di virare verso il giallo e il noir, proprio perché gli altri puntavano sul morboso e sul sesso. Fu una scelta vincente. Tanto è vero che dopo 50 anni siamo ancora qui a parlarne, mentre gli altri sono scomparsi.

Andando avanti, come procede la storia? Che cosa accade verso la fine degli anni ’70 e gli ’80?

Negli anni ’80 si ammala Angela, che poi muore nel 1987. Un momento di profonda crisi per Luciana, che si accorge inoltre di non riuscire a tenere il ritmo di una storia al mese, e decide di passare al bimestrale. Quasi un suicidio da un punto di vista commerciale, dato che si vendevano circa 150.000 copie a numero. Ma Luciana se ne fregò. Per lei, la priorità era scrivere belle storie per i lettori. E dato che non riusciva a scriverne una al mese da sola, il cambiamento fu inevitabile.

E così arriviamo agli anni ’90.

Nei primi anni ’90 torna Patricia Martinelli, che aveva già collaborato nei primi ’70 per Diabolik. Nuova linfa, e Diabolik torna a essere mensile. Nasce anche “Il grande Diabolik”. Nel 1994, divento responsabile dei soggetti e nel 1997 esce la prima serie animata su Diabolik, di cui mi occupo personalmente allo scopo di trasformare il personaggio adattandolo a un target più infantile. Con scarso successo, va ammesso. Non si capiva più chi fosse davvero Diabolik. Anche se, paradossalmente, la serie animata tornò a far parlare della serie a fumetti, con ottimi risultati.

Nel 1999 se ne va anche Luciana. E tu diventi il responsabile.

Sì, entro a far parte della casa editrice con una quota di minoranza e ormai da dieci anni a questa parte ho una quota di maggioranza. Sono passato dall’altra parte della scrivania. Ho fatto carriera, insomma. Ad oggi, sono editore, direttore responsabile, presidente del cda e curatore dei soggetti.

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Ti bocci mai un soggetto?

Sì, qualche volta. Quello che mi fa incazzare di più è quando metto giù una traccia e poi scopro che era già stata scritta vent’anni fa. È facile cadere nel déja-vù dopo così tanti anni. La parte che mi diverte di più ancora oggi, comunque, è inventare i trucchi (da quelli della Jaguar ai congegni, ecc).

Come nasce un storia di Diabolik? Che passaggi ci sono dietro?

Tutti i soggetti li rivedo io. Lavoriamo con un anno di anticipo e sono il solo a sapere che cosa uscirà il prossimo anno. A volte, l’idea può anche nascere da un lettore. O da un collaboratore. Poi, Andrea (Pasini – NdR) e io li rivoltiamo come un calzino. Controlliamo anche che le idee alla base della storia non siano già state sfruttate grazie all’aiuto di esperti assoluti come Lorenzo Altariva, Presidente del Diabolik Club, che si ricorda ogni particolare di tutte le storie di Diabolik, dalla prima all’ultima. E poi si passano i soggetti agli sceneggiatori, come Tito Faraci, Patricia Martinelli, Diego Cajelli, ecc…

Oggi, superato l’anniversario dei 50 anni, che cosa state preparando per il futuro di Diabolik?

È partita l’operazione di Sky Cinema. La traccia orizzontale è stata scritta e promette molto bene. Non è esattamente il Diabolik delle origini ma quasi. Se vanno avanti come dovrebbero, sarà una gran cosa.

E il fumetto? 

Ci sono alcune sorpresine in arrivo. Ma comunque andiamo avanti così, come sempre. Per altri 50 anni, almeno.

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