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FocusInterviste"Faccio Jenus per sbaglio". Il successo di Don Alemanno, fumettista virale

“Faccio Jenus per sbaglio”. Il successo di Don Alemanno, fumettista virale

Un giorno Dio, nel tentativo di riparare ai mali dell’uomo, inviò sulla Terra – per la seconda volta – il suo unico figlio, Jenus. Ma commise un errore: dando sembianze umane a Jenus, non tenne conto che la discesa dal Paradiso poteva essere un volo pericoloso. Risultato: Jenus si schiantò al suolo, perdendo la memoria. E uscendo dall’ospedale con una profonda amnesia su ogni principio e regola di natura religiosa, iniziò la sua vita come “colui che sapeva tutte le risposte, ma se le è dimenticate”.

Questo l’incipit e la premessa narrativa di Jenus, uno dei principali ‘fenomeni’ del fumetto online italiano. Anzi, a guardare i dati dei social network, è il webcomic nostrano con più fans: al momento conta su Facebook circa 170mila fan, ovvero il doppio rispetto a quelli di Zerocalcare, l’alfiere del webfumetto nazionale.

Creato da Don Alemanno e pubblicato su carta da Magic Press a partire dalla fine dello scorso anno, Jenus di Nazareth ha cominciato la sua avventura nel 2012, e proprio su Facebook. Oggi esce nelle librerie la sua quinta raccolta cartacea, e ne abbiamo approfittato per discutere di questo – imprevisto – successo con l’autore.

Leggi anche: le 11 Pillole più virali di Jenus

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Il nuovo volume parte da un aneddoto molto personale sulla scoperta della non esistenza di Babbo Natale, che potete leggere qui: «mi piaceva ricreare tramite Babbo Natale un po’ di quello che mi ha portato alla curiosità per le sacre scritture.» Ci racconta l’autore, che ci tiene a precisare come si è sviluppata l’idea di Jenus: «Partiamo dal fatto che credo che un Gesù Cristo sia esistito. Ma non penso sia stato figlio di un qualche dio. L’idea di fare qualcosa attorno alla figura di Gesù deriva dalla mia passione per le sacre scritture, che nasce da un punto di vista molto laico. La maggior parte di quelli che si professano cristiani non le ha mai lette. È per questo che sono due miliardi: se le leggessero, non penserebbero che si possa parlare del Dio ‘buono’ che la gente ha in testa. L’Antico Testamento è composto da quarantasei libri che parlano di guerra, tranne forse gli ultimi quattro.»

Come gran parte degli italiani, Don Alemanno è nato e cresciuto in una famiglia di cultura cristiana: «anche quando non si è praticanti, si è immersi in questa realtà. Una volta superata l’età dei sacramenti, di cui fondamentalmente non capisci nulla e che fai perché ti riempiono di soldi e regali, ho cominciato a chiedermi realmente da dove nascessero queste credenze. Ho cominciato a incuriosirmi e appassionarmi alle sacre scritture, seguendo forum di consulenze ebraiche, informandomi e leggendo molto. Soprattutto le sacre scritture stesse.»

Questa passione personale ha incontrato, poi, l’altra sua grande passione – quella per il disegno: «non posso dire di aver particolarmente coltivato il disegno, ma ho sempre disegnato sin da quando ero piccolo. Già dai primi anni scolastici facevo caricature dei professori o ricreavo i cartoni animati del momento. Giusto per divertimento. Ricordo intere ricreazioni passate a disegnare i Cavalieri dello Zodiaco – fatti un po’ così alla cazzo di cane, ovviamente.» Erano le prime avvisaglie di quello che sarebbe stato il suo percorso da fumettista, anche se, confida: «non ho mai pensato una volta nella vita di voler fare fumetti. Mi ci sono ritrovato. L’ultima cosa che mi sarei aspettato, anni fa, era quella di diventare fumettista parlando di Gesù Cristo. Non era nei miei pensieri e tantomeno nei miei progetti.»

Ma Jenus nasce e si sviluppa partendo da una domanda ben precisa: «che cosa potrebbe pensare Gesù, oggi, di ciò che è stato creato in suo nome?». Purtroppo per Don Alemanno, le storie di Jenus hanno suscitato anche un visibile malcontento in una fetta di navigatori, credenti, attirata dalle diffusione virale delle sue vignette sul web: «ci sono molti bigotti che pensano di fare crociate contro di me. Sono convinti che io ce l’abbia con Gesù Cristo. L’errore di fondo è non porsi una domanda. Come può, uno che fa di Gesù Cristo il protagonista del suo fumetto, sfotterlo? Lui è il personaggio più importante. Sebbene svogliato e strafottente, è colui che ti fa ridere. È quello che in qualche modo identifichi come ‘eroe’, e che spesso dice ciò che il lettore pensa.» E ribadisce: «non ce l’ho contro Gesù. Sono convinto, per motivi che non hanno nulla a che vedere con la Fede – che io non ho – che Gesù sia un personaggio esistito, ma che non fosse figlio di alcun dio. Non so nulla di Dio, e sono convintissimo che non ne sanno nulla nemmeno quelli che dicono di saperne, Chiesa inclusa. Se noi sapessimo qualcosa di Dio… già solo questo farebbe di noi degli ‘dei’. Per definizione, di Dio non si può sapere nulla, quindi tanto vale non parlarne. Il personaggio di Gesù Cristo è fantastico, perché su di esso sono nate religioni e sette, e si son decise la vita e la morte di milioni di persone. Nel caso, quindi, il mio attacco non è nei confronti del personaggio, ma di tutto quello che è stato costruito e inventato su di lui.»

È la rete che ha dato il via al fenomeno che ad oggi, su Facebook, conta 170.000 fan: «sono stato spinto dai miei amici a fare qualcosa che fosse possibile condividere con tutti pubblicamente. Ho creato la pagina Facebook nel febbraio del 2012 e ho cominciato a pubblicare le prime tavole del primo capito di Jenus. Una roba terribile disegnata col mouse e Paint durante il lavoro. Non avevo strumenti e conoscenze del fumetto. L’ho pubblicata ed è piaciuta. L’ho accompagnata con le Pillole, vignette autoconclusive inserite all’interno della storia, ma che a sé stanti consentono di avere un elemento virale da utilizzare in rete. Ho capito che questo era un elemento che portava forza aggiuntiva a Facebook.»

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Da lì a breve cominciano le prime avvisaglie del successo e, pian piano, si affaccia la prospettiva di un editore: «Inizialmente avevo la convinzione che non ci sarebbe stato nessuno così impavido e coraggioso e forse anche stupido – in senso buono – che si sarebbe azzardato a pubblicare questa roba. Quindi sono andato avanti da solo sul web – anche grazie al merchandising online. Poi mi è stata fatta una proposta da un editore non molto noto, ma con cui non ho trovato un accordo. Questo perché, vista la mia potenza virale sulla rete (avevo 80.000 fan, al tempo) quello che una casa editrice minore poteva offrirmi era pari a ciò che io sarei stato in grado di fare da solo, con un’autoproduzione.» Un numero zero autoprodotto, infatti, è venduto con successo alla fiera milanese Cartoomics dell’anno scorso. «A seguito di questa proposta ho pensato che, forse, qualcuno che si azzardava a pubblicarlo c’era. Allora ho preparato insieme ad Angius (che gestisce la pagina Facebook) e Dexter (che si occupa del sito web) una brochure che riportava tutto quanto era stato fatto fino ad allora su Jenus, per far capire come fosse una cosa che aveva già un seguito. Chiesi anche preventivamente anche dei consigli a Makkox, che è stato molto gentile e disponibile. In seguito ho mandato la brochure a sette case editrici fra le più importanti: Bao Publishing, Star Comics, Panini e altre. Mi hanno risposto praticamente tutte. L’editore più interessato e che ha detto “sì” è stato Magic Press. Gli altri mi hanno risposto di avere il programma editoriale completo, o mi han fatto intendere che l’argomento fosse particolarmente forte.

Da quando è arrivata la casa editrice, le cose son cambiate: «prima disegnavo Jenus come hobby, spesso di notte dopo il lavoro. Con l’editore ho detto: “facciamolo a tempo pieno”.» Ad oggi il numero 1 di Jenus è in seconda ristampa e viaggia intorno alle 12mila copie: «confidiamo entro l’anno di arrivare alle 15mila. Gli altri numeri stanno vendendo intorno alle 10mila copie.»

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Il successo di Jenus dipende un po’ dal caso, ma anche dall’essere l’idea giusta al momento giusto: «mi ci sono trovato, non ho mai progettato niente del genere. Quello che faccio su Jenus lo faccio di getto, perché non so quale sia la tecnica. Lo faccio, lo guardo e dico: “mi piace”, se no lo cestino. Non ho la consapevolezza che quello che sto facendo sia tecnicamente giusto, ma alla gente probabilmente piace il pacchetto. A volte mi sento in difficoltà quando parlo con ragazzi che mi chiedono consigli, perché non so cosa dirgli. Alla fine me ne esco con “ragazzi, io lo faccio per sbaglio”, che è una roba pessima da dire perché ci son ragazzi bravissimi che hanno studiato, ma che poi, per vari motivi, non riescono ad entrare in questo mondo come sognano. Mi rendo conto che faccio una cosa che, per quanto mi piaccia, non è mai stata il mio obiettivo principale.»

Come ogni 30enne italiano, Don Alemanno ha attraversato gli anni del manga-boom, quello intorno al ’96, ’97, con l’esplosione delle pubblicazioni Star Comics come Dragon Ball: «era difficile che non ti capitasse un manga fra le mani. Ma sono stato molto di più un telespettatore. Guardavo qualunque anime passasse in TV, e me li ricordo ancora in modo molto vivo, come se li avessi visti ieri. E poi mi piaceva disegnarli.»

Oggi, di fumetti non ne legge molti, e non ama particolarmente i lavori di matrice più intima: «Gipi mi annoia. Ne ho un’ottima considerazione artistica, ma quasi perché lo dicono gli altri. I graphic novel in generale mi annoiano. Mi piace leggere le cose che mi entusiasmano e che mi divertono: o c’è sangue, o gente che viene sparata, o mi deve far ridere. La roba malinconica non è nel mio carattere. Recentemente ho riletto Sin City di Frank Miller. Leggo tutto quello che fa Ortolani. Walking Dead lo sto leggendo, ma ero già appassionato della serie tv e ora non mi sto godendo il fumetto perché vado a fare sempre un confronto diretto col telefilm. Avrei dovuto leggerlo senza conoscere la serie tv.»

È invece un grande lettore di Zerocalcare, un autore che con lui condivide diversi aspetti: «ho sempre acquistato tutto quello che pubblica. Non credo di trarre spunto da lui, neanche nell’aspetto della cultura pop. Penso che quella influenza sia un aspetto figlio della nostra generazione. Siamo simili come momento attuale, come gestione attuale delle cose tra rete e carta. Mi piace tutto quello che fa, ma Dodici mi ha convinto poco: sembra come se gli avessero dato meno tempo per fare quello che voleva. O almeno questa è stata la mia percezione.»

Don Alemanno al suo stand durante una fiera
Don Alemanno al suo stand durante una fiera

Alle fiere, il suo stand è tra quelli più assediati dai lettori: «prima di Jenus mi capitava di andare alle fiere, senza grandi pretese. Non sono mai stato in fila per farmi fare dediche o autografi, non è nella mia indole, non lo capisco. Però mi fa piacere il contatto, scambiare due parole e siccome è una cosa che rende felici i fan son molto lieto di farlo. I discepoli [i fan di Jenus] mi divertono tantissimo, ma le pecorelle [le fan di Jenus] molto di più, ovviamente.»

Ma non sempre tutto va bene: «alle fiere è ancora più divertente vedere come gli addetti ai lavori non sopportino la mia presenza. Questa è una cosa fantastica, perché decreta un successo indiretto che non pensavo di avere. Ci sono un sacco di addetti che sparlano dicendone di ogni. La cosa divertente è che ho scoperto solo dopo l’esistenza di queste persone. L’oggetto del contendere è uno: il fattore vendite. Quando capita che i fumetti di qualità, per un motivo o per l’altro, non vendano, allora non devono vendere neanche gli altri. Non è solo invidia, ma la concezione massonica di alcuni, frutto di ignoranza, secondo la quale la gratificazione personale è proporzionale allo stato di malessere altrui. Godono quando stanno male gli altri. Non succede solo alle fiere, ma anche a livello nazionale. Se Zerocalcare vende 50mila copie, io sono contento. Non è colpa mia, se su Amazon vendo più di altri.»

Fra gli autori di fumetto che sembrano essere invidiosi del suo successo, Don Alemanno fa qualche nome «Davide La Rosa è uno dei maggiori esponenti di questa compagine. Ha un manipolo di seguaci che se la cantano e se la suonano fra loro. Io mi son sempre fatto i cazzi miei, senza andare a sindacare su quello che fanno gli altri. Lui invece, più volte, sotto le mie interviste e le mie vignette mette dei commenti tipo “io ho fatto una roba simile nel 1950”, “battute alla Vanzina”, “stile Bagaglino” ecc. Io non ho colpa se Suore Ninja non ha venduto quanto Jenus. Auguro a Suore Ninja di vendere cinque volte Jenus, perché son sicuro che le vendite di Suore Ninja non influirebbero su quelle di Jenus. Siccome queste cose sono pubbliche, le posso dire.»

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Il cammino editoriale di Jenus è ancora lungo: «ho in programma di farlo durare 15 numeri. Tutto quello che ho in mente di fare dopo è qualcosa di strettamente inerente al suo mondo. Il personaggio di Jenus sarà presente, ma non come protagonista, e sarà una cosa che andrà a integrare tutta la storia che si sta leggendo adesso. L’argomento è molto ampio, e non vedo l’ora di parlarne. Con Jenus per il momento stiamo mantenendo una cadenza bimestrale. Se riuscissi a creare un team di lavoro potrei realizzare altre cose che ora non riesco a fare, per mancanza di tempo. E potrei dare lavoro a qualche ragazzo che vuole entrare nel mondo del fumetto. Così ci potrebbe essere qualcos’altro, oltre i volumi che stiamo pubblicando ora.»

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