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Storia degli Spider-movies [parte 2 di 2]

Abbiamo lasciato il nostro Spider-Man, all’alba degli anni Novanta, in balia di un villain più spietato del Dottor Octopus: la macchina del cinema hollywoodiano. Sballottato da un regista (scarso) all’altro, e da una sceneggiatura all’altra, il nostro eroe sembra finalmente trovare la via del grande schermo grazie a James Cameron.

Fan del supereroe sin dai tempi del college, Cameron, all’epoca “semplicemente” uno dei più quotati registi di blockbuster del cinema statunitense, sottopone alla Carolco, con cui aveva già collaborato per Terminator 2, uno “scriptment” – una specie di ibrido, coniato dallo stesso regista, tra una sceneggiatura e uno storyboard – che potete leggere qui.

Una fan poster dell'irrealizzato film di James Cameron
Un fan poster dell’irrealizzato film di James Cameron

Cameron si inventa nuove origini del personaggio, modifica storici avversari (Electro e Sandman) aggiornandoli agli anni Novanta, e propone una rilettura più cupa del ragnetto, sulla scia di quanto fatto qualche anno prima da Tim Burton con il suo Batman (1989). Peter dice parolacce, consuma con Mary Jane sopra a un ponte e, per quanto riguarda le origini, il ragno radioattivo gli fornisce delle ragnatele organiche, invece dei dispositivi meccanici diventati celebri nelle pagine Marvel.

La Carolco però fallisce nel 1995 e Spider-Man rimane invischiato in una ragnatela di diritti. I produttori dei vari studios interessati temono che acquistare i diritti dalla Marvel potrebbe portare a una lunga (e costosa) battaglia legale, con tutti i produttori che si sono avvicendati negli anni a reclamare una fetta di torta. Cameron si stanca di aspettare, e passa ad altri progetti (come un certo film su una certa nave che si scontra con un iceberg). Alla fine i diritti passano alla MGM e poi alla Columbia, dove un film di Spider-Man entra finalmente in produzione. Dopo un decennio di paludi legali, riscritture di copioni e balletti di nomi, si può tornare a parlare di un film effettivamente girato e distribuito: Spider-Man (2002) diretto da Sam Raimi.

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Il solare manifesto di Spider-Man (2002)

Anche Raimi, come Cameron, era stato un giovane fan del fumetto, e come James anche Sam proveniva dalle produzioni low cost, in particolare la saga di Evil Dead (in Italia noto come La casa). Del Raimi demenzialmente truculento di quella trilogia, però, nel primo Spider-Man (2002) non c’è quasi traccia. Dallo scriptment di Cameron ritornano le ragnatele organiche, ma Raimi evita quasi completamente le tentazioni di restyling, anche se la nuova serie a fumetti Ultimate Spider-Man ha debuttato da poco. Il suo Peter è un secchione, lo zimbello della scuola, molto impacciato e quasi immerso in un mondo tutto suo, molto simile a quello delle primissime avventure di Lee e Ditko.

L’immancabile origin story è fedele al fumetto, fatto salvo per un dettaglio significativo: questa volta la morte dello zietto avviene tra le braccia di Peter in lacrime, a enfatizzare il dramma vissuto dal ragazzo. Come nei primi comics, anche qui Peter è un perdente nato: le sue vittorie non sono mai complete, ma sempre venate da una sfumatura tragica. Così, l’amore impossibile per Mary Jane, che si sviluppa nel corso del film, si conclude con Peter che rifiuta l’amore della ragazza, convinto che la sua identità segreta la metterebbe in pericolo. E’ un finale piuttosto insolito per un kolossal simile, che preannuncia la forte presenza del lato sentimentale di Spider-Man anche nei film successivi.

A cominciare dal Superman di Richard Donner, i super-film hanno spesso avuto un avversario interpretato da un attore più famoso del protagonista stesso, le cui vicissitudini rivestono nel film la stessa importanza di quelle dell’eroe. In Superman c’era Gene Hackman, nel Batman di Tim Burton Jack Nicholson, qui invece Willem Defoe, che presta il suo volto luciferino a un Norman Osborn/Goblin dalla personalità dissociata. Più sicuro dei propri mezzi, Raimi richiama in servizio il cast del primo episodio e confeziona con Spider-Man 2 (2004) il miglior capitolo della saga: il malvagio Dottor Octopus è interpretato da Alfred Molina, che riesce a rendere delizioso un personaggio che sappiamo destinato a diventare l’oggetto delle nostre antipatie. Riaffiora talvolta qualche sfumatura horror del regista che fu, ma Raimi dimostra anche di essersi evoluto: le scene d’azione del film sono tuttora tra le più coreografiche degli ultimi anni e c’è anche più umorismo, mentre la storia tra Peter e Mary Jane inizia a mostrare la corda, vista la preoccupante tendenza della fanciulla a rischiare la vita in balia del cattivo di turno.

SPIDER-MAN 3
Il manifesto dark di Spider-Man 3 (2007)

Forte del successo riscosso dai primi due film (qualcosa come 1 miliardo e 600 milioni di dollari di incassi), e sempre con Tobey Maguire, Kirsten Dunst e James Franco davanti alla macchina da presa, Raimi porta a termine la trilogia con uno Spider-Man 3 (2007) che pare invece mal riuscito, nonostante si riveli il maggiore incasso della serie (circa 900 milioni di dollari). Il film dovrebbe portare a compimento le trame aperte dai primi due film, in particolare la love story di Peter e MJ e il desiderio di vendetta di Harry Osborn, che incolpa Spider-Man della morte del padre. Peccato che a tutto questo si aggiungano altri due cattivi, una nuova fiamma per Peter, un costume nero alieno e (troppo) altro…

Se le immagini promozionali lasciavano presagire un film cupo e dark, Spider-Man 3 ha dei momenti dall’umorismo quasi involontario, tra cui Peter che si produce in un incredibile balletto per le strade di New York, pettinato come un emo e tutto vestito di nero. Raimi sembra voler prendersi gioco del tono esageratamente drammatico dei supereroi contemporanei, compreso lo stesso Spidey. Obbligato dai produttori a inserire Venom tra i cattivoni, il regista si consola con un Sandman uscito direttamente dai comic book degli anni Sessanta, ma che, quasi sempre trasformato in un gigantesco mostro di sabbia, si rivela soprattutto un sintomo di un uso invasivo della CGI, che lascia poco spazio per gestire una miriade di sottotrame e personaggi.

Tobey Maguire in costume
Tobey Maguire in costume

Inizialmente concepita come una trilogia, vista le dimensioni economiche del successo la saga di Spider-Man non può che proseguire, ancora con Sam Raimi, Tobey Maguire e Kirsten Dunst. Il quarto capitolo entra in produzione: John Malkovich dovrebbe interpretare l’Avvoltoio e Anne Hathaway la Gatta Nera. Ma la sceneggiatura viene continuamente riscritta senza che il regista sia mai soddisfatto. Desideroso di “fare ammenda” per il terzo episodio, Raimi si rende conto che non potrà mai portare a termine il film in tempo per l’uscita fissata, nel maggio 2011, e decide di abbandonare il progetto. Senza perdere tempo, si annunciano contemporaneamente lo stop alla produzione di Spider-Man 4 e un reboot della serie, quello che diventerà The Amazing Spider-Man (2012), il cui seguito è in questo momento nei cinema di tutto il mondo.

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Una saga finisce e una comincia: stop a Spider-Man 4 e via a The Amazing Spider-Man

Lasciando da parte ogni considerazione sulla nuova saga, viene da chiedersi cosa avrebbe potuto combinare Raimi con un quarto film. L’idea di ricominciare daccapo con i film ancora vivi nella memoria del pubblico non è stata apprezzata da tutti. E al di là dei fans, merita attenzione l’opinione di Willem Defoe, che ha bollato l’operazione come “un modo piuttosto cinico per fare soldi”.

In effetti, pare del tutto comprensibile che la Sony non abbia pensato di abbandonare uno dei suoi franchise di maggiore successo solo perché il regista non gradiva la sceneggiatura. E aggiungiamoci pure che richiamare regista e cast ad ogni nuovo capitolo iniziava a diventare piuttosto costoso. Ecco quindi che azzerare tutto diventa una scelta quasi scontata, e che tra l’altro si sta dimostrando proficua: senza raggiungere le vette dei film di Raimi, con i primi due Amazing siamo già oltre il miliardo e 400 milioni di dollari. E la saga continuerà, con l’annuncio di nuovi film dedicati ai perfidi Sinistri Sei e a Venom.

La parabola degli Spider-movies, in definitiva, sembra oggi avere un qualcosa di paradossale: entro il 2020, se tutto procede come da programma, avremo nove film dedicati al Tessiragnatele e al suo universo nel giro di vent’anni, a fronte di ben quarant’anni di assenza di Spider-Man dal grande schermo. Certo, 25 anni fa il supereroe faceva cheap, mentre oggi fa tendenza e fa mercato. Sempre che il cinecomic non passi di moda.

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