Ci sono due bambini con le cartelle, probabilmente all’uscita dalla scuola. Il primo, di spalle, invita l’altro a guardare qualcosa che porta sul petto. E quando questi fa il gesto d’avvicinarsi, fa partire uno spruzzo sul viso del ragazzino. Poi si gira e ci mostra che al posto del classico fiore finto che schizza acqua c’è una stella di David. Raggiante, il piccolo autore della burla, esclama: «Ho appena colto il senso dell’espressione “humor graffiante”.
Graffia, eccome, Marcel Gotlib in questa tavola apparsa su Fluide Glacial nel 1973. Scherzava, ma non troppo – a trent’anni di distanza – sul proprio essere ebreo, figlio di ebrei ungheresi (il suo vero nome e cognome è Marcel Mordekaï Gottlieb); con un padre, Ervin Tzvy Gottlieb, che finì deportato e assassinato a Buchenvald il 10 febbraio del 1945; mentre lui, bambino di 8 anni nel 1943, scampava con la madre a un rastrellamento e, l’anno dopo, veniva nascosto con la sorella presso una famiglia di contadini. E su questi anni tornerà, ancora sarcastico, in una storia del 1969, La chanson aigre-douce, nella quale racconta le sue giornate nella fattoria, tra conigli e capre, sotto uno splendido sole, mentre tutti – si stupisce il piccolo Gotlib – continuano a ripetere che fuori si è scatenato l’orage, ovvero il temporale della guerra.
Nella Parigi di oggi, «stretta» tra l’anniversario dei cent’anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale e quello del cinquantennale della Liberazione della città dall’occupazione nazista (il 25 agosto del 1944), la mostra che festeggia gli 80 anni di Marcel Gotlib è una testimonianza di spirito libero e rivoluzionario, oltre che un doveroso omaggio a uno degli autori più importanti del fumetto e della satira francese. Allestita splendidamente nel Musée d’art et d’histoire du Judaïsme (Parigi, Hôtel de Saint-Aignan, 71 rue du Temple, fino al 27 luglio) Les Mondes de Gotlib riporta quello spirito alle sue origini, nonostante l’ateismo più volte dichiarato dall’autore e la sua critica irriverente e feroce delle religioni.
Perché l’essenza dell’umorismo e della satira di Gotlib pesca nella tradizione yiddish, non tanto quella classica, quanto piuttosto quella mediata dalle moderne narrazioni, a cominciare dal cinema: le comiche di Laurel e Hardy e quelle di Keaton, i Fratelli Marx e i Monthy Python, di cui Gotlib è diventato amico e ha disegnato qualche manifesto per i loro film. E di sicuro pesca nel fumetto e nello spirito di Harvey Kurtzman e di Mad.
Ma forse, l’essenza vera, come sottolineano i curatori della mostra, sta nella meticolosa costruzione grafica della tavola e nel disegno delle lettere e delle parole, secondo una tradizione ebraica, cabalistica, che attribuisce ad ogni segno un mondo dal significato nascosto. Un «metodo» che Gotlib spiega bene in questo passo di Ma vie en vrac (Flammarion, 2006): «La gag è bruciata in anticipo perché il lettore sfoglia il giornale prima di leggerlo e casca di sicuro sul grande disegno finale della tavola, senza aver letto quello che lo precede. Ecco perché non amo le lettere grandi. Preferisco scrivere le frasi più divertenti in caratteri piccoli. Almeno l’effetto sorpresa è garantito. Il lettore scopre la gag al momento in cui è giusto che la scopra».
La mostra ripercorre la formazione e la carriera di Gotlib (nato nel 1934) in 150 tavole originali pubblicate ma mai esposte, alle quali si aggiungono materiali fotografici (bellissimi e struggenti quelli dell’album di famiglia), documenti e video. Scorrono così gli anni dell’apprendistato (quando segue dei corsi serali tenuti da Georges Pichard) e del suo debutto, nel 1952, nello storico Vaillant – Le Journal de Pif. Su queste pagine nasce uno dei suoi personaggi più celebri, Gai-Luron, un cane cinico e dalla faccia triste che deve molto, per ammissione dello stesso Gotlib, al Droopy di Tex Avery.
Poi, nel 1965, grazie a René Goscinny, che ne è il redattore capo, entra a Pilote. Guardatevi la foto qui sotto e fate un salto nel tempo e nella storia del fumetto più innovativo di Francia e d’Europa
Con Goscinny crea la rubrica Les Dingodossiers che si rifà esplicitamente a Mad e introduce l’uso di pastiche e parodie. Nulla si salva: la scuola, l’infanzia, la storia di Francia, le arti e le scienze. Poi Goscinny, alla fine del 1967, lascia per dedicarsi alle sue creature diventate celebri, da Asterix a Lucky Luke e Iznogoud. Gottlib, allora, dà vita a una sua personale rubrica dal titolo Rubrique-à-brac. Sono anni di rivolta e irriverenza assolute che non accettano mediazioni e censure e che troveranno pieno sfogo nella nascita, prima, della rivista L’Echo de Savanes (fondata da Gotlib assieme a Mandryka e Bretécher nel 1972) e poi in quella di Fluide Glacial (con Jacques Diament e Alexis).
Gotlib porta con sé, riprende e sviluppa personaggi come Gai Luron, Isaac Newton, la Coccinella e crea nuovi e più trasgressivi protagonisti come Hamster Jovial, Pervers Pépère e Superdupont.
Al conformismo e all’autoritarismo degli uomini e degli adulti, Gotlib oppone una ruspante animalità e l’ingenuità dell’infanzia; e al bigottismo e alle censure, risponde esplicitando le pulsioni sessuali e mettendo in ridicolo le religioni. La sua satira, però, nulla concede al «vignettismo», alla presa in giro facile e ammiccante. Tanto che quando Pilote farà uscire uno «Speciale Hitler», Gotlib polemizzerà duramente con la rivista e dichiarerà: «Non si fa “spirito” su Hitler: lo si cancella! Con l’umorismo, se si vuole, ma lo si schiaccia!».
Di tutto questo e molto altro testimonia la mostra parigina, allineando magnifiche tavole da guardare e leggere, centellinando didascalie e ballons, fitti di quei cabalistici segni e disegni che svelano i tanti mondi attraversati da Marcel Gotlib.