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FocusProfiliIntervista a Adam Hines, l'autore di 'Duncan the Wonder Dog'

Intervista a Adam Hines, l’autore di ‘Duncan the Wonder Dog’

English translation*

L’opera struggente di un formidabile genio: il titolo del famoso romanzo di Dave Eggers riassume perfettamente l’essenza di Duncan the Wonder Dog, il libro d’esordio di Adam Hines uscito nel 2010 per la casa editrice statunitense AdHouse Books e purtroppo non ancora tradotto in italiano. Se non avete mai sentito prima d’ora il nome di Hines forse fareste bene a preoccuparvi: Duncan the Wonder Dog è stato considerato da molti osservatori il fumetto d’esordio più innovativo degli ultimi dieci anni per sperimentazioni grafiche e complessità narrativa. D’altra parte non si incontra tutti i giorni un libro di 400 pagine scritto da un giovane autore che – spinto da una determinazione fuori dal comune e da una visione creativa straordinaria – intende passare i prossimi 25 anni della sua vita a disegnare gli altri otto volumi di una serie che, una volta conclusa, conterà la bellezza di ben 2600 pagine.

Leggi la recensione di Duncan the Wonder Dog

Ma di cosa parla esattamente Duncan the Wonder Dog? Perché la pubblicazione del primo volume della serie ha destato tanto scalpore nel mondo del fumetto contemporaneo? Per capirne di più abbiamo fatto una lunga intervista via mail a Adam Hines.

Leggi la lista dei 10 fumetti preferiti di Adam Hines, l’autore di Duncan the Wonder Dog

La copertina di “Duncan the Wonder Dog”
La copertina di “Duncan the Wonder Dog”

Ciao Adam, iniziamo con una rapida presentazione: puoi descriverti brevemente per i nostri lettori, tipo quanti anni hai, dove vivi e cosa fai di lavoro?

Ho 30 anni, vivo a Larkspur – una piccola città nel nord della California – e come lavoro scrivo storie per videogiochi per la Telltale Games.

Come riassumeresti in poche righe il primo volume di Duncan the Wonder Dog per chi non l’ha ancora letto?

Duncan the Wonder Dog è il primo di una serie di nove libri ambientati in un mondo dove ogni essere vivente è in grado di pensare e parlare esattamente come gli esseri umani. La serie cerca di analizzare come questo fatto potrebbe cambiare il modo in cui viviamo. Colgo l’occasione per avvertire i potenziali lettori interessati a Duncan the Wonder Dog: il libro non ha una trama univoca e ben definibile, ha un ritmo piuttosto lento e ospita perlopiù conversazioni vaghe e disconnesse a proposito della natura, della religione e di altri argomenti più o meno seriosi in merito a cui – in teoria – non avrei alcun titolo per dissertare.

Potresti raccontarci come e quando è nata l’idea di Duncan the Wonder Dog?

Nel 1990, quando avevo sei anni, la mia famiglia adottò un cane, un piccolo bastardino, che chiamammo Duncan per via della sua somiglianza a una fetta di torta al cioccolato della famosa marca “Duncan Hines”. Già da cucciolo Duncan era molto intelligente: stava un po’ sulle sue ma era comunque molto affettuoso. Mi conquistò subito. Neanche un mese dopo io e mio padre stavamo camminando in una zona pedonale in centro a Chicago quando passammo vicino a un piccolo negozio di fumetti: avevo visto da poco il film Batman di Tim Burton e così implorai mio padre di comprarmi i miei primi fumetti: Batman #452-454, la storia Dark Knight, Dark City scritta da Peter Milligan. Mi ricordo l’incanto che provai di fronte alle copertine di Mike Mignola e la piccola delusione quando scoprii che i disegni all’interno degli album avevano uno stile diverso. Quello che feci in seguito fu mescolare il nome del mio nuovo amico del cuore, Duncan, con l’eroe dei miei primi fumetti: fu così che iniziai a disegnare il fumetto di Duncan the Wonder Dog che, a quel tempo, era perlopiù una serie di storie di supereroi ambientate in un mondo popolato esclusivamente di animali parlanti. Con il passare del tempo le storie sono cambiate – e anch’io ovviamente a mia volta sono cambiato – ma da allora non ho mai smesso di disegnarle.

Adam Hines, l’autore di “Duncan the Wonder Dog”
Adam Hines, l’autore di “Duncan the Wonder Dog”

Dal punto di vista editoriale Duncan the Wonder Dog è un progetto molto ambizioso: una serie di nove volumi per un totale di 2600 pagine da completare nei prossimi 25 anni. Nel campo dei fumetti di progetti simili mi vengono in mente solo Cerebus di Dave Sim e Età del Bronzo di Eric Shanower: hai già pianificato completamente la trama di tutti i prossimi otto libri della serie? Hai in mente di disegnare altre cose nel frattempo?

La trama generale in linea di massima è già definita. Tra un libro e l’altro conto di prendermi delle “pause” e di fare anche altri lavori – per lo più di scrittura pura – così da non esaurirmi a livello creativo.

Hai avuto la fortuna di trovare un editore (AdHouse Books) che crede in un progetto così lungo e complesso: che ne pensi dell’alternativa rappresentata dall’autopubblicazione?

Sono stato fortunato: AdHouse Books ha accettato di pubblicare il primo libro e si è fidata del fatto che ce ne sarebbero stati altri in arrivo negli anni a venire. Chris Pitzer, il direttore editoriale di AdHouse Books, mi è stato di grande aiuto: senza di lui sarebbe stato molto difficile distribuire il libro nei punti vendita o promuoverlo a livello adeguato. Se Chris mi avesse detto di no avrei scelto comunque di autopubblicarlo e suppongo che sarei stato in ogni caso soddisfatto del risultato.

Il prologo del libro si svolge a New York: notate i bizzarri balloon dei personaggi
Il prologo del libro si svolge a New York: notate i bizzarri balloon dei personaggi

Perché hai scelto di offrire gratis sul tuo sito la lettura integrale del primo volume di Duncan the Wonder Dog?

Ciclicamente, a seconda del giorno e dell’umore, faccio delle riflessioni personali sul fatto che l’arte dovrebbe essere libera, che bisognerebbe mantenere salda la separazione tra lato artistico e lato commerciale, che si dovrebbero fare le cose per i “motivi giusti” e via dicendo. Per farla breve: quello che conta per me è che le persone – se vogliono – siano in grado di leggere questo libro e che non si debbano preoccupare di trovarlo in biblioteca (una rarità al giorno d’oggi) o di acquistarlo. Farò così con ogni volume della serie ma penso che continuerò ad aspettare A) che la prima edizione del libro sia esaurita oppure che B) la prima edizione sia stata pubblicata già da un po’ di mesi, perché continuo a preferire che le persone leggano Duncan the Wonder Dog nella forma cartacea originale visto che l’ho progettato e pensato appositamente per quel formato. Rendere disponibile online il libro è utile anche perché, a causa dei tempi lunghi di produzione editoriale, tra un’edizione e l’altra del libro può passare anche molto tempo mentre invece se l’opera rimane costantemente disponibile in lettura online sul mio sito non ci sono mai dei tempi morti di attesa per chi vuole leggerla.

 

Adam utilizza spesso nel libro collage di materiali diversi tra loro
Adam utilizza spesso nel libro collage di materiali diversi tra loro

Lo stile visivo

Partiamo dalle dimensioni del libro: perché hai scelto un formato così grande, con ogni pagina grande praticamente come un foglio A4?

Fin da quando ero ragazzo ho sempre disegnato Duncan the Wonder Dog su dei fogli A4 da ufficio per poi pinzare insieme le tavole con delle graffette una volta finito il lavoro. Cambiare il formato avrebbe significato incorrere nella cattiva sorte, un po’ come lavare la divisa da gioco il giorno di una partita importante.

In copertina non c’è il tuo nome, c’è solo il titolo del libro, un’immagine a pagina intera di una pecora su sfondo rosso e il logo della serie, nove cerchi interconnessi: puoi spiegarci questa scelta grafica?

Mettere il mio nome sulla copertina mi sembrava un segno eccessivo di ostentazione: il progetto è già abbastanza ambizioso di per sé e io non ho certo bisogno di aumentare ulteriormente la mia vanità. I nove cerchi saranno l’emblema costante del libro: mi piace l’aspetto finale del logo e mi sembra adatto per la serie. Le mie scelte in fatto di design e layout editoriale sono tutte, alla fin fine, cose che sento molto “a pelle”: sposto le cose qua e là, tolgo degli elementi, ne aggiungo degli altri, provo degli accostamenti e scambio di posto le cose finché non riesco a guardare il tutto nel suo insieme e non ho la sensazione immediata di come proseguire il mio lavoro.

 

Diversi stili di disegno per descrivere gli ultimi attimi di vita di Robert Paige
Diversi stili di disegno per descrivere gli ultimi attimi di vita di Robert Paige

Mi sembra che Duncan the Wonder Dog dal punto di vista visivo sia influenzato dal lavoro di Chris Ware (Building Stories, Acme Novelty Library), Dave McKean (Cages, Mr. Punch) e Bill Sienkiewicz (Stray Toasters, Big Numbers): sei d’accordo? Ci sono artisti contemporanei o del passato a cui ti ispiri per i disegni?

I tre artisti che hai elencato hanno tutti avuto una grande, gigantesca influenza su di me. In particolare Bill Sienkiewicz che scoprii al liceo leggendo Devil: Amore e Guerra di Frank Miller.

Le mie fonti di ispirazione più significative sono tutti autori di libri per ragazzi: Arnold Lobel (Frog and Toad Are Friends e diverse altre antologie di poesia), Stephen Gammell (Scary Stories To Tell in the Dark, Song and Dance Man), Beatrix Potter (le storie di Peter Coniglio) e E. H. Shepard (Winnie the Pooh, Vento tra i Salici) sono gli artisti che più di ogni altro mi hanno fatto venir voglia di disegnare e di raccontare storie.

Subito dopo questi quattro autori potrei elencare Charles Schulz, Billy DeBeck e Chester Gould insieme ad altri illustratori di cui ho assorbito lo stile durante la mia infanzia, come ad esempio i disegni di animali di T.S. Sullivant, Heinrich Kley, Gustave Doré, le illustrazioni di Wallace Morgan per My Four Weeks in France, i dipinti a tema militare di Alphonse de Neuville e così via.

Oggi direi che, tra quelli ancora in attività, i miei autori preferiti sono Edmond Baudoin, Jacques Tardi, Yoshiharu Tsuge e Ben Katchor; tra quelli del passato Saul Steinberg, Harvey Kurtzman, George Herriman e Osamu Tezuka.

Un esempio di composizione di pagina secondo la fantasia di Adam
Un esempio di composizione di pagina secondo la fantasia di Adam

Che tipo di studi artistici hai fatto?

Nessuno. Ho frequentato per qualche settimana il Pasadena Art Center e poi ho deciso che non ne valeva la pena dal momento che non avevo previsto né intendevo davvero fare il disegnatore come attività principale nella vita. Per quanto mi riguarda è meglio che il disegno rimanga un’attività separata.

Quali strumenti usi per disegnare di solito?

Troppi. La maggior parte di Duncan the Wonder Dog è disegnata con penne e carta normalissime, tipo quelle che puoi trovare in una qualunque cartoleria. Poi scansiono le pagine e le “coloro” a computer (con una scala di grigi) usando Photoshop. A volte disegno con gli acrilici e gli acquerelli, altre volte invece utilizzo le matite. Spesso prendo dei pezzi di legno, dei teli, della moquette, dei tappeti o altri materiali ancora che hanno una consistenza tattile che mi attira e li incorporo direttamente all’interno delle pagine.

Il tavolo da disegno e la scrivania di Adam
Il tavolo da disegno e la scrivania di Adam

Perché fondi stili diversi di disegno – penso per esempio allo stile cartoon per i personaggi e allo stile fotorealistico per gli sfondi – all’interno della stessa pagina e ricorri spesso alla tecnica del collage di oggetti?

La risposta più onesta che ti posso dare è anche la più banale, ovvero che semplicemente mi piace l’aspetto che prende la pagina in questo modo. Inoltre volevo che il libro fosse esplicitamente simile a un assemblaggio di molte fonti diverse e che non sembrasse creato solamente da una persona sola. La storia di Duncan the Wonder Dog fa più volte dei salti avanti e indietro nello spazio e nel tempo e pensavo fosse appropriato che l’aspetto visuale del libro in qualche modo accompagnasse e riflettesse questi sbalzi e queste rapide disconnessioni con degli improvvisi cambi di stile e di ritmo.

Stili diversi di narrazione per raccontare la storia
Stili diversi di narrazione per raccontare la storia

Perché hai scelto di usare esclusivamente una palette di toni di grigio? Sei consapevole che a volte il tono scuro delle pagine rende difficile la lettura?

Il libro inizialmente è stato pubblicato con un tono più scuro di quanto avrei voluto ma ritengo che le edizioni successive abbiano corretto questa cosa e abbiano trovato il giusto equilibrio. Ho sentito che alcuni si sono lamentati per la grandezza del testo, a loro dire troppo piccolo. Forse quando sarò più vecchio e avrò le lenti degli occhiali spesse mi pentirò di queste decisioni ma, per il momento, sono più che soddisfatto della grandezza del testo e di come si legge. Ho sempre disegnato il libro in bianco e nero fin da quando ero ragazzo e devo dire che mi piace la coerenza complessiva del progetto.

Stili diversi di narrazione per raccontare la storia
Stili diversi di narrazione per raccontare la storia

Che ruolo ha il lettering nel tuo lavoro?

Quando i personaggi parlano tra di loro il lettering è fatto con un font che ho disegnato personalmente a mano. Sono veramente pessimo in quanto a calligrafia e ci avrei messo almeno dieci anni in più a finire il libro se non fosse stato per l’aiuto del computer. Negli altri casi, quando le parole sono direttamente connesse con l’aspetto visuale complessivo della pagina, le tratto come un qualunque altro elemento artistico della tavola.

Pompeii e il gorilla disegnati con un bianco e nero aggressivo e dinamico
Pompeii e il gorilla disegnati con un bianco e nero aggressivo e dinamico

Userai lo stesso stile del primo volume per tutti gli altri libri della serie o prevedi di cambiare modo di disegnare nei prossimi volumi?

Sì, lo stile sarà più o meno lo stesso. Quasi identico, direi. Anche per questo motivo lancio un avviso a chiunque non abbia gradito il primo volume e stia pensando di riprovare con il secondo capitolo della serie: forse è meglio che lasciate perdere.

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Una delle molte tavole silenziose ed enigmatiche presenti nel libro

Le tecniche narrative

La prima cosa che si nota iniziando a leggere Duncan the Wonder Dog è che il lettore viene proiettato direttamente senza spiegazioni o premesse in questo mondo dove gli animali sanno parlare come gli uomini: perché hai deciso di cominciare così il libro nonostante il pericolo di disorientare i lettori?

Non mi interessa spiazzare i lettori anche perché io, a mia volta, sono un lettore che non ha paura di rimanere senza spiegazioni. Quando leggo una storia o guardo un film preferisco sentirmi momentaneamente perso piuttosto che avere la sensazione che gli autori stiano rallentando apposta lo svolgimento per aiutarmi a capire il tutto. Non amo affatto le descrizioni se non sono strettamente necessarie. Quando leggo un libro mi piace pensare che lo scrittore non stia scrivendo per me ma per un caro amico con cui condivide molte battute, modi di dire, linguaggi personali, storie segrete e molti altri strani scambi impliciti che posso solo immaginare cosa vogliano dire. La cosa che amo più di ogni altra nell’arte è il desiderio di trasmettere qualcosa in un modo specifico, personale e caratteristico da parte dell’autore anche quando questo significa perdere per strada una parte (talvolta una parte significativa) del pubblico.

 

Il racconto procede in modo non lineare, con continui salti spazio-temporali. Nonostante la presenza di quattro personaggi principali (Voltaire, Aaron Vollmann, Jack Hammond, Pompeii) mi pare che la vera protagonista del primo volume sia la struttura stessa della storia, ovvero il flusso di molte storie umane e animali parallele unite a formare un’unica connessione di sfondo: è il tuo modo per dirci che la visione umana del mondo è solo una tra le tante possibili in natura?

Sì, in parte sì. E poi anche perché mi piacciono le grandi storie complesse e mi annoio molto facilmente.

Anche gli animali hanno i loro miti e le loro storie da raccontare
Anche gli animali hanno i loro miti e le loro storie da raccontare

La divagazione sembra essere il vero motore narrativo del libro: è per questo motivo che hai inserito frequentemente nel libro materiali molto differenti come fiabe, racconti popolari, parabole religiose e citazioni letterarie? Il collage narrativo, la varietà di approcci e la frammentazione di stili diversi, è un modo molto postmoderno per dare l’idea dell’irrappresentabile complessità del mondo.

Rauschenberg è uno dei miei artisti preferiti e mi ha sempre colpito molto la sua abilità nel prendere praticamente qualunque cosa gli capitasse sotto mano e collocarla all’interno delle proprie opere accompagnandola, quasi per suo puro piacere personale, con piccoli particolari espressivi messi appositamente leggermente fuori posizione. Spero che anche Duncan the Wonder Dog comunichi questa stessa sensazione di riempimento dello spazio.

Collage narrativi, collage visuali
Collage narrativi, collage visuali

I nomi del libro: perché gli animali hanno il nome di antichi matematici e filosofi del mondo classico latino e greco? È un modo per descrivere il carattere dei personaggi? E perché hai scelto ORAPOST, “Organosi Apostasia”, come nome del gruppo terroristico animale?

Sono sempre molto attento ai nomi delle cose nelle mie storie. Per alcuni scrittori non è così: ricordo in proposito un aneddoto divertente che ho letto da qualche parte secondo cui pare che Katsuhiro Otomo non impiegasse nemmeno due secondi per pensare ai nomi dei suoi personaggi e che per questi ultimi scegliesse sempre la prima parola che gli veniva in mente, qualunque questa fosse. Io faccio così per la raffigurazione visiva dei personaggi ma invece rifletto molto e a lungo su quale nome assegnare ai diversi personaggi. Di solito non amo discutere di quest’argomento perché preferisco che siano i lettori a unire da soli i diversi punti narrativi: non c’è niente che uccida più rapidamente una storia che mi piace di una spiegazione dettagliata delle singole motivazioni dell’autore che scavalca a forza tutte le connessioni personali che avevo già stabilito da solo con l’opera in questione. Tuttavia questo dettaglio sembra abbastanza innocuo per cui…ho deciso di dare ad ogni animale un nome della tradizione greco-romana per un paio di ragioni: intanto mi è sempre piaciuto leggere i testi di filosofia, matematica e strategia militare scritti durante l’antichità classica e volevo mantenere un legame con questo fatto. Inoltre, da un punto di vista narrativo, volevo in qualche modo suggerire come in quel periodo gli esseri umani avessero imboccato una determinata strada dal punto di vista dell’evoluzione del pensiero e come invece gli animali fossero rimasti sostanzialmente gli stessi.

Tutto inizia con una discussione: il prologo filosofico di Euclide
Tutto inizia con una discussione: il prologo filosofico di Euclide

Nel libro ci sono frequentemente pagine con paesaggi silenziosi, senza alcun dialogo o personaggio: le usi come pause narrative o hanno un ruolo specifico all’interno della storia?

I miei libri preferiti dal punto di vista del singolo oggetto fisico cartaceo sono senza dubbio le monografie degli artisti e i cataloghi di mostre e musei: mi piace questo approccio alla progettazione editoriale del libro inteso come un continuo alternarsi di grandi spazi pieni di testo scritto, immagini e grandi pagine vuote lasciate bianche. Questo tipo di esperienza è un po’ come camminare fisicamente all’interno di un museo vero e proprio dove alcuni spazi sono puramente funzionali al tutto, delle intercapedini che servono a sostenere il progetto estetico complessivo. Volevo che Duncan the Wonder Dog desse al lettore le stesse identiche sensazioni e quindi ho cercato di fare il possibilie per progettarlo in quel modo.

Uccidere una mucca che sa parlare diventa un dilemma morale
Uccidere una mucca che sa parlare diventa un dilemma morale

Filosofia e benessere animale

Duncan the Wonder Dog inizia con un prologo su concetti come la natura della matematica, lo scopo dell’arte e il significato del bene secondo il filosofo greco (e vegetariano) Pitagora, per poi affrontare attraverso una breve favola il concetto induista/buddista di dharma: puoi spiegarci meglio che ruolo hanno queste idee nella storia?

Il preludio su Pitagora verrà ripreso più avanti nella serie e mi serviva per introdurre con parole appropriate il tono generale del libro. La parte sul dharma ha lo scopo di mostrare che questi animali sono venuti a conoscenza dei concetti umani e li hanno adottati per i loro scopi specifici. La tigre Mercodonius spiega alla scimmia Euclide la propria versione del dharma per confortarlo e per spiegargli sia l’ordine naturale delle cose del mondo sia il posto di ogni creatura all’interno di questo grande schema.

Il dharma, l’ordine naturale delle cose
Il dharma, l’ordine naturale delle cose

Nel corso del libro accenni più volte a temi di carattere filosofico, penso per esempio all’etica della violenza nel terrorismo e al potere del linguaggio come strumento di oppressione su una minoranza: hai studiato filosofia a livello accademico o è un tuo interesse personale?

No, non ho studiato filosofia. Non ho un’educazione formale praticamente in nessun campo, davvero. Mi piace leggere filosofia, questo sì, cercare di crearmi delle mie opinioni personali, mescolare assieme queste varie cose e riversare il tutto su pagina in un modo che, ne sono sicuro, imbarazzerebbe chi studia sul serio questa materia. Il fatto che io mi possa definire appassionato di filosofia non solo è un modo come un altro per ricordarmi continuamente quanto siamo ignoranti di tutte le cose ma è anche un esortazione personale a non demordere nella ricerca di un qualche tipo di significato nel mondo, indipendentemente da quanto questo significato possa essere o meno frutto di una costruzione mentale.

La strana connessione che unisce tutti gli esseri viventi: l’empatia
La strana connessione che unisce tutti gli esseri viventi: l’empatia

In Duncan the Wonder Dog scegli di far parlare (e pensare) gli animali con il linguaggio umano. Non c’è il rischio di cadere nell’antropomorfismo e di proiettare i nostri sentimenti e i nostri pensieri sugli animali?

L’antropomorfismo è impossibile da evitare, cerco tuttavia di attenuarlo inserendo qua e là lungo il libro delle scene con degli animali che fanno delle cose incomprensibili, cose che troveremmo completamente folli se venissero fatte da esseri umani. Uso queste scene per dimostrare e ricordare continuamente che gli animali vivono secondo codici di comportamento e punti di riferimento completamente alieni rispetto al nostro modo di fare esperienza delle cose, che gli animali a loro volta sono mondi completamente diversi gli uni rispetto agli altri e che è sciocco da parte mia provare a parlare in loro nome.

Credi che sia davvero possibile entrare in quella scatola nera che è la mente animale e capire cosa si prova ad essere, per esempio, un pipistrello (il famoso esempio mentale di Thomas Nagel)?

Già è impossibile entrare dentro la mente di un’altra persona, figuriamoci dentro quella di un animale. Tutti noi siamo dentro i nostri bozzoli, le nostre scatole mentali, ed è l’arte a riempire il vuoto che esiste tra linguaggio e comunicazione: non serve dipingere ciò che riusciamo a esprimere con l’uso delle parole. Fortunatamente solo una piccola parte dell’esperienza umana è traducibile con le parole.

Cosa passa per la testa di un animale quando caccia?
Cosa passa per la testa di un animale quando caccia?

L’uso del linguaggio, la capacità di dare un nome alle cose, sembra essere la vera differenza tra uomini e animali: gli esseri umani usano le parole come strumento per separare se stessi dal resto della natura e definire le regole di comportamento sociale. Pensi che se gli animali potessero parlare si comporterebbero in modo diverso?

Wittgenstein un giorno disse “se un leone potesse parlare noi non potremmo capirlo” e io senz’altro non sono uno che si mette a dibattere con Wittgenstein. Basta spostarsi da un paese all’altro o da una città all’altra per vedere come già gli esseri umani abbiano differenze tali fra le loro differenti culture da renderci impenetrabili a vicenda in quanto a comprensione reciproca. Se gli animali potessero parlare penso che questa mancanza di comprensione sarebbe milioni di volte maggiore.

Il detective Jack Hammond interroga uomini e animali per le sue indagini
Il detective Jack Hammond interroga uomini e animali per le sue indagini

Pompeii e la sua organizzazione terroristica animale ORAPOST usano spesso la violenza per i loro fini: in cosa la violenza degli animali che si ribellano è diversa o migliore rispetto a quella degli uomini?

Credo che gli esseri umani considerino la violenza in modo molto diverso dagli animali, ingabbiati come siamo nei nostri sistemi socialmente codificati che cercano in tutti i modi di prevenire gli incidenti e gli scoppi di violenza. L’essere umano medio raramente, o praticamente mai, si trova nella condizione di dover uccidere qualcuno per difendere i propri piccoli oppure di dover uccidere direttamente con le proprie mani il cibo di cui ha bisogno per sopravvivere. L’essere umano medio raramente teme a ragione veduta per la propria incolumità fisica. Per gli animali, invece, questo è un modo di essere costante e pervasivo. Gli esseri umani quasi sempre non hanno alcuna ragione di essere violenti eppure lo siamo, l’uno contro l’altro, e molto spesso per giunta. La pura gratuità della nostra violenza la colloca senz’altro su un piano inferiore della scala dei comportamenti “moralmente giustificabili”. Ma dopotutto non ha molto senso fare dei paragoni perché gli animali avrebbero senza dubbio delle linee guida morali molto diverse dal momento che la loro realtà e le priorità dettate da tale realtà sono radicalmente diverse dalle nostre. Comunque quella di Pompeii è violenza politica quindi immagino che sia corrotta esattamente come la nostra e molto simile sotto questo aspetto.

Pompeii, la furia animale allo stato puro
Pompeii, la furia animale allo stato puro

Conosci per caso Elmer di Gerry Alanguilan e We3 di Grant Morrison e Frank Quitely, due fumetti che si sono occupati del benessere animale in passato?

Ho letto We3 quando è uscito e non mi è piaciuto molto. Sono un grande fan dello stile di Frank Quitely e, anche se penso che Grant Morrison sia uno scrittore sempre interessante con abbastanza idee per le prossime cinque vite, il suo lavoro per quanto mi riguarda non colpisce sempre l’obiettivo. Temo che Noi3sia proprio uno di quei casi: obiettivo mancato, almeno secondo me. Non so bene il perché, anche se mi ricordo che quando l’ho letto mi sono sentito quasi stordito dall’alto livello di violenza dell’opera. Ho sentito parlare di Elmer ma non ho ancora avuto modo di leggerlo.

Qual è la tua idea di equilibrio nel rapporto tra umani e animali?

Semplicemente che ci dobbiamo lasciar stare a vicenda.

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