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Mondi POPCinemaTre cinefumetti italiani improbabili

Tre cinefumetti italiani improbabili

di Chicken Broccoli

Era un mansueto meriggio di Dicembre quando, tutto a un tratto, sono stato assalito dall’indomito bisogno di collaborare con Fumettologica.

Senza che loro ne sapessero qualcosa, presi armi e bagagli, sono andato a iscrivermi allo SCAF (Scuola Cadetti Articolisti Fumettologici), mi sono allenato duramente, e alla fine eccomi qui: ChickenBroccoli, quello che, parafrasandomi, “ama odiare il cinema”, sarà il nuovo columnist di Fumettologica. Con una rubrica che parlerà di Cinema e Fumetti.

Grande novità eh? Ok, ma la cosa bella è che – questa me la sono cercata – la mia idea era di parlare dei cinecomics di “prima”, quando andare in giro per i set vestiti con ridicole tutine cangianti non era diventato l’unico modo di pagare il mutuo della villa sotto la H della scritta HOLLYWOOD. Sì insomma, quei film tratti da fumetti diversi dai centomille supereroi di oggi. Quei film che non ti aspetti, o che non ti ricordi, o che manco sapevi fossero tratti dai fumetti.

Insomma io volevo parlare di Tank Girl, del film di Tank Girl, va bene?

Ovviamente i fumettologici si sono fatti una grassa risata e mi hanno detto: «E certo, mo’ ti chiedo l’argomento a piacere, la vita non va così caro ChickenBroccoli! Adesso tu mi parli di questo cofanetto qui che è talmente underground che non c’è neanche una foto decente della cover»:

CINEFUMETTI ITALIANI: Satanik – Baba Yaga – The Diabolikal Superkriminal

dvd

A quel punto, carico di una sensazione che non tarderei a definire “ma chi me l’ha fatto fare”, ho affrontato i film in questione, nascondendo agli altri e a me stesso questi punti fondamentali di malcelata ignoranza cinematografica e fumettistica:

  • Non ho mai letto una pagina che sia una di Satanik;
  • Ho letto le storie fondamentali di Valentina perché le ‘devi’ leggere, ma non per vero amore per Crepax;
  • I film di genere italiani anni ‘60 e ‘70 mi stanno antipatici senza un reale motivo.
  • Considero la sottile linea che divide i Nerd (o geek che dir si voglia) dagli sfigati veri e propri composta proprio da una lunga fila di VHS di questo genere di film. Pezzi di un cinema italiano che non c’è più e che, per il solo fatto di essere stato cornucopia di film assurdi, di generi, di caratteristi e attrici mezze nude, viene idolatrato tutto senza distinzione e definito CULT in blocco; quando invece no, più della metà della produzione di quegli anni fa schifo;
  • L’effetto nostalgia che questi film hanno su molti spettatori mi lascia totalmente indifferente. Essendo diversamente trentenne, all’epoca ero poco più che una vaga progettualità dei miei genitori broccoli, quindi la visione di questo tipo di film è totalmente libera da quella sensazione di “che belli erano quegli anni di innocenza” (innocenza a spiare le grandi manovre della professoressa coscialunga?).

Ok. Parliamo dei tre film. Siamo qui per questo, giusto?

Satanik

satanik

Trama: Satanik pandemonio

Ci sta questo mostro orrendo di dottoressa Bannister, tutta piena di robaccia in faccia da sembrare la mamma dello Scrondo, che ovviamente è un po’ incazzata con la vita. Probabilmente a quell’epoca ancora non avevano inventato il Topexan. La ragazza si accolla quindi ad uno scienziato che sta studiando una formula per detergerle l’epidermide in maniera permanente. Ma le cose vanno a rilento. I test sugli animali vanno per il verso giusto, ma il medico si rifiuta di provarlo sulla ragazza, lei – si sa che le donne non hanno molta pazienza – uccide il dottore e se la ciucca tutta.

Il risultato è esaltante: diventa una strafiga di quarta (anche se le sise rimangono una prima) e, grazie al suo nuovo corpo burroso e il faccino tirato a nuovo, decide di diventare una donna che solo sfruttando la sua bellezza miete vittime tra facoltosi uomini benestanti (ma un po’ criminali) a cui ruba prima il cuore e poi tutti gli averi. Senza dimenticare di ammazzarli, ovviamente. Praticamente la storia delle olgettine, ma senza l’omicidio (l’unica cosa che avrebbero fatto di buono in vita loro).

Ecco: questa è la trama. Cioè solo questa è la trama.

Una volta diventata Satanik (mai che venga chiamata così, però: che non ne avessero i diritti? Eppure il soggetto è proprio di Magnus e Bunker, i creatori originali del fumetto. Molto strano. Indagare. È tutto un Magnus Magnus) la Bannister non fa che ripetere il copione seduci-ruba-ammazza per tre o quattro volte con uomini diversi: o per nascondere la sua vera identità – l’effetto del siero è infatti momentaneo – o per pure piacere sadico di donna satanica. “Donna, mi piaci in quasi tutto quel che fai: quando mi ammazzi tipo no, quando fai lo spogliarello sì”.

C’è qualcosa di affascinante, in questo film. Sarà che gli intermezzi frizzicarelli sono ben dosati e tra lotte su letti e tirate di capelli tra ragazze in negligé trasparenti, strip più o meno spinti e una diffusa sensazione di promiscuità – sensazione sostenuta anche dalla colonna sonora da bordello di provincia (non che io sia mai andato in un bordello di provincia, si intende: io solo Tana delle Tigri) – la visione è pruriginosa e divertente.

Ma quanto del fumetto c’è in questo Satanik? Io azzarderei una risposta tra “un bel niente” e “mi sa che non avevano i soldi per farlo anche soprannaturale”. Perché a quanto so il personaggio di Satanik è ben più complesso, e se è vero come è vero che quel matto di Magnus era fissato con i particolari, gli intrighi, la precisione quasi maniacale dei meccanismi delle trame, devono averlo estromesso presto dalla produzione. Probabile che ai produttori interessasse soprattutto spogliare Magda Konopka, la sinuosa protagonista. Non v’è traccia degli elementi caratteristici del fumetto: poca la violenza, edulcorata poi dal fatto che gli omicidi avvengono solo quando lei è versione Scrondo. Che ci voleva dire il regista? Che brutta è brutto e bella è bello?

Pensando per almeno due o tre minuti a questa fondamentale domanda, godiamoci lo spogliarello finale (s)vestita da Diabolik. Probabilmente l’unica scena che ricorderete:

Baba Yaga

babayaga

Trama: Crepax Cuore

Qui invece siamo da tutte altre parti. Non dico che non sia lo stesso sport, ma di certo non è lo stesso campo da gioco. Proprio come il fumetto da cui è tratto, il film su Valentina (anche se si chiama Baba Yaga) ha una matrice autoriale molto più marcata. Stessa matrice che rovina un po’ tutto, rendendo la visione ben più noiosa di quella precedente. Insomma questo film se la sente calda (!), quello di prima “smarmellava”.

Prima di tutto, l’attrice scelta per interpretare Valentina – personaggio iconico di Crepax – deve essere stata una raccomandata di ferro: perché più la guardavo, nuda o vestita, più pensavo MA SONO PAZZI? CHI È STO SGORBIO!?

VALENTINA

Dice Wikipedia francese che è stata “una cantantìn trè sgiolì che fascev sobbalsà le cuoriscin avec mill sospirì tr’ sciarman”. Be’ per me è terribile, una scopa secca che mi fa solo rimpiangere Demetra Hampton (la Valentina televisiva degli anni ‘90). Per tutto il film se ne sta lì con uno sguardo allampanato e produce ragionamenti degni di una calcolatrice di cui funzionano solo tre tasti. Ma, ovviamente, ciò che davvero caratterizza la bella Valentina di carta è la carica fisica, la curiosità estrema, le avventure sensuali: viene da sé che ci aspetteremmo dal film un’altissima carica erotica. E invece no. Le trasposizione di tutto il sesso del fumetto in film si riduce in effetti posterizzati che delle tavole di Crepax non condividono nulla, né per esuberanza visiva che per canone estetico.

babayaga2

Tutto il film è soffocato dal quella patina finto-artistica capace di innervosire il più pacato degli spettatori. Non me, quindi, che infatti se non smettevano di fare quelle scene coi tagli di corpi in bianco e nero – tipo fossero le vignette – e lei con gli occhi allampanati, con lui che piano piano si avvicina e tutto intorno un incessante strombettare di sax (poco sex, troppo sax)… uscivo pazzo. Poi c’è la parentesi soprannaturale – almeno qui, mentre in Satanik non v’è traccia – nella figura di Baba Yaga, la strega: personaggio che deve tutto al modo di fare horror (o che aveva prima di rintronarsi) di Dario Argento, fatto di primi piani misteriosi, sguardi illuminati, cappelli neri a falda larga, voci lente e suadenti.

Il film prosegue tra le moine lascive di Baba, lo sguardo ipertiroideo di Valentina, omicidi misteriosi, visioni assurde di Michele Mirabella vestito di bianco che pubblicizza un detersivo, nazisti in riva al mare, sferzate di sangue e un utilizzo smodato di cerone bianco, troppo per essere sopportabile.

C’è la visionarietà che aveva Crepax? No. C’è la sensualità e la rottura delle convenzioni sociali tramite il sesso estremo che faceva di Valentina un fumetto così importante? No. C’è che sto facendo queste domande a me stesso e non so la risposta? Boh.

Il problema del film sta tutto in queste diamine di scene orgasmiche che diventano fumetto. Istantanee in bianco e nero posterizzato e masturbatorio e questo incessante sax tenore da maciullamento delle trombe di falloppio (!). Le scene oniriche si salvano, ma il resto è veramente noioso. Io farei un remake che parla di una giovane fotografa un po’ frikkettona che viene convinta da una vecchietta arzilla a scoprire il segreto orientale per mantenersi in forma: Baba Yoga.

The Diabolikal Superkriminal

Non è finita eh! Il cofanetto infatti è composto da tre DVD. Il terzo film presentato è il documentario The Diabolikal Superkriminal, dedicato al fotoromanzo (alquanto assurdo) Killing. Ovvero questo qui:

KILLING

Che è a tutti gli effetti la cosa più interessante del cofanetto, infatti ci vediamo anche il trailer:

e ce lo compriamo spingendo con un certo entusiasmo.

Allora cari amici, cosa abbiamo imparato oggi sul cinema di genere italiano tratto dal fumetto? CB all’ultimo banco che tenta di nascondersi, dicci dicci.

Be’, prima di tutto intanto abbiamo capito che almeno c’è stata un’epoca in Italia in cui trarre un film da un fumetto era pratica non solo comune, ma persino consolidata. Insomma, se si arrivava a unire più generi (la fantascienza, l’horror, il noir, il soft-erotico) e si osava addirittura prendere come spunto i fumetti vuol dire proprio che la comunicazione tra i diversi media era fattiva e reattiva. In anni (quelli che stiamo vivendo con le lacrime agli occhi) in un cui il cinema di genere italiano è pura utopia, e che solo un regista che ha vinto l’oscar mille anni fa si può permettere di fare un cinecomics all’amatriciana, val bene pensare che seppure i film di un tempo erano traballanti, un po’ ridicoli, frettolosi, spesso incoerenti e pieni di difetti, almeno si facevano, c’era vita oltre la morte contemporanea. E c’erano anche più tette.

In conclusione, la prossima volta facciamo Tank Girl vero? «Massì, dài: la prossima volta». Perché ci sarà una prossima volta, vero? Ah.


Abbiamo (stra)parlato di:

CINEFUMETTI ITALIANI Collection: Satanik – Baba Yaga – The Diabolikal Superkriminal
Cinekult, 2012
18,80 euro

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