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FocusDaredevil Recap S01 E03: Enter the Kingpin

Daredevil Recap S01 E03: Enter the Kingpin

Eccoci con il recap della terza puntata della serie Netflix dedicata al nostro amato Cornetto (qui il recap della prima e qui quello della seconda), un’episodio fondamentale nell’economia della serie, con l’ingresso in scena di due nuovi importanti personaggi: Ben Urich e Wilson Fisk/Kingpin.

Episodio 3, stagione 1 – Rabbit in a Snowstorm (Spoiler)

La puntata si apre in una sala da bowling con una scena iper-violenta. Uno scagnozzo di Kingpin (ma noi non lo sappiamo ancora che è Kingpin!) è stato mandato a fare fuori un piccolo boss rivale. E per fare fuori intendo smaciullargli la testa a colpi di palla da bowling. Stacco, sigla e siamo pronti per una puntata che introduce due nuovi importanti personaggi sulla scena (non prima però che Matt Murdock abbia l’occasione di rinvigorire brevemente il suo rapporto passivo-aggressivo col prete della parocchia di Hell’s Kitchen).

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La prima novità è Ben Urich, giornalista d’inchiesta del New York Bulletin. È la persona che ha scritto l’articolo che ha esposto le porchette della United Allied Construction nella prima puntata. Sta cercando di ottenere altre informazioni da un ex boss mafioso decaduto, perché da vecchia volpe ‘ne ho viste tante’ qual è, ha capito che la United Allied Construction è solo la punta dell’iceberg, ci sono due nuovi giocatori a Hell’s Kitchen, un boss e un misterioso giustiziere mascherato.

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Intanto, lo studio legale Nelson & Murdock accoglie il suo secondo cliente dopo Karen Page. Il misterioso Wesley, il Mr. Wolf di Kingpin (ma noi ancora non lo sappiamo che è Kingpin!), chiede ai due avvocati di difendere proprio il killer con la palla da bowling. Sul piatto mette un sacco di soldi. Quell’esoso di Foggy accetta al volo, ma Matt è molto più titubante, perché sospetta ci siano dietro delle porchette.

I ruoli si invertono dopo il primo incontro con il killer: Foggy capisce che qualcosa non torna, mentre Matt capisce che tramite questo caso può arrivare a sapere qualcosa di più sul misterioso nuovo boss criminale di cui nessuno vuole parlare e di cui tutti preferiscono tacere il nome.

daredevil03matt

Mentre Matt persegue Kingpin (ma noi non sappiamo ancora che è Kingpin!) e le sue malefatte facendo scagionare i suoi scagnozzi di giorno e pestandoli a sangue di notte, Karen Page – decisa a trovare giustizia sentendosi colpevole per la morte del suo collega avvenuta nella prima puntata – ha scelto una via decisamente più normale: si rivolge proprio a Ben Urich, offrendosi di aiutarlo a montare un’indagine giornalistica.

Urich, di cui nel frattempo abbiamo scoperto la storia (moglie malata per cui non ha abbastanza soldi per prendersene cura; decadimento professionale a favore dei ‘blogger che scrivono da casa in mutande su internet’), è solleticato dall’idea, stanco di scrivere solo articoli trascurabili sulle preferenze dei newyorkesi per il nuovo colore della metropolitana.

Il finale è tutto dedicato a Daredevil e a Kingpin (ma noi non sappiamo ancora che è Kingpin!): dopo aver fatto scagionare il killer nei suoi panni civili da avvocato, Matt mette in pratica le sottili minacce che già aveva espresso durante l’ultima arringa difensiva, inseguendolo nei panni di Daredevil e pestandolo a sangue in un combattimento grezzissimo finché finalmente riesce a farsi dire il nome che cercava: Wilson Fisk.

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Ecco, finalmente è tutto pronto per la sua entrata in scena. Siamo in una galleria d’arte e Vincent D’Onofrio è maestoso, possente e fragile allo stesso istante. È di spalle, davanti a un quadro bianco. Arriva Vanessa, la persona che gli ruberà il cuore, c’è un approccio qualsiasi e poi lei chiede a lui riguardo alla tela: «How does it make you feel?» Finalmente lo vediamo in faccia, mentre sussura a fatica e con dolore: «It makes me feel alone.» SBAM!, è arrivato Kingpin.

Qualche osservazione sparsa:

–Ben Urich è caduto vittima di una moda abbastanza recente negli ultimi tempi: il cambio di etnia. Beh, ottima scelta. L’interpretazione dolente che ne dà Vondie Curtis-Hall è convincente. Un uomo oberato di problemi, sorpassato dalla Storia, sconfitto ma non vinto, stanco ma sempre pronto a lottare. E in più ha una commovente storia personale alle spalle, trattata con delicatezza e senza bisogno di inutili sottolineature (quanto rende di più la frustrazione e la fatica vederlo fare i salti mortali con la responsabile amministrativa per prolungare le cure della moglie in ospedale, piuttosto che farlo piangere ai piedi del letto disperato?).

–Che bello l’utilizzo che fanno della città di New York, soprattutto se pensate a quanto sia assente Gotham dalla serie che porta proprio il suo nome e di cui doveva essere collante/protagonista. Ci sono i vicoli bui in cui Daredevil pesta i cattivi, quei vicoli neri e paurosi che si sognava Frank Miller quando da ragazzo del Vermont giunse a New York e fu rapinato un milione di volte in meno di un anno, ma ci sono anche gli incontri clandestini fra Urich e le sue fonti al porto di Brooklyn spazzato dal vento, con lo skyline dei grattacieli in lontananza. E se ci pensiamo bene, alla fine il grande piano malvagio del cattivo della serie è quello di gentrificare Hell’s Kitchen, un problema (non per forza di natura criminale) che numerosi quartieri di New York hanno vissuto negli ultimi anni.

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–Questa puntata è stata 95% Perry Mason, 3% The Wire e 2% Daredevil: Matt in costume appare per la prima volta al minuto 34 e il tempo in scena di Daredevil in costume sta ampiamente sotto ai 5 minuti.

–Perchè Foggy Nelson non si lava i capelli? Come spera di far colpo su Karen se si porta appresso quella cosa unticcia? Ma Matt che ha sensi iper-sviluppati – quindi anche l’olfatto – come fa a resistere?

–Vincent D’Onofrio-Kingpin: match made in heaven.

–All’inizio della puntata fa una brevissima comparsata Turk Barrett, criminale minore (per essere gentili e non chiamarlo un clown), saltuario avversario di Daredevil all’inizio degli anni ’70, creato da Gary Friedrich, Roy Thomas e Gene Colan.

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–Le due scene di lotta a inizio e fine puntata sono super crude senza sembrare esagerate o messe lì tanto per fare sensazione. La prima si conclude con un cranio fracassato a colpi di palla da bowling, la seconda con un uomo che decide sua sponte di infilarsi la testa su uno spuntone di ferro piuttosto che incorrere nella vendetta di Wilson Fisk/Kingpin, ma nessuna delle due sembra poco plausibile o non in armonia con il tono del resto della serie.

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