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Oltre lo Studio Ghibli, nel Regno dei Sogni e della Follia

Fa una certa impressione entrare nello Studio Ghibli. E fa ancora più impressione ascoltare per quasi due ore, in quella che è di fatto una lunghissima intervista, Hayao Miyazaki parlare di politica, animazione, Giappone, Fukushima e otaku.

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Che siate oppure no appassionati dello Studio Ghibli (perché davvero: non ha nessuna importanza), il Regno dei Sogni e della Follia di Mami Sunada, al cinema ancora per un giorno, vi scuoterà dentro. Darà qualche risposta alle vostre domande (“ma Miyazaki che tipo è? Come ha cominciato? Come si lavora nello Studio Ghibli?”), e farà crollare alcune delle vostre certezze (no, Miyazaki non è come un Babbo Natale giapponese).

Il Regno dei Sogni e della Follia inizia come finisce: con gli alberi sullo sfondo, una cura particolare per l’editing sonoro (si riesce a distinguere ogni rumore, con chiarezza) e con Hayao Miyazaki. Nei primi minuti lo vediamo di spalle, mentre sale ciabattando le scale dello Studio Ghibli, diretto al suo tavolo di lavoro. Negli ultimi, invece, Miyazaki ci viene incontro.

Il documentario è ambientato tra il 2012 e il 2013, mentre erano in lavorazione Si Alza il Vento e La Principessa Splendente. Conosciamo Miya-san, il produttore Suzuki; sentiamo parlare (ma non lo vediamo fino alla fine) di Takahata, e ci viene presentato in un brevissimo scorcio anche Goro, figlio di Hayao. Lo sviluppo di Si Alza il Vento è solo il contesto della nostra storia: uno sfondo perfetto in cui poter vedere Miyazaki e i suoi collaboratori (assunti a progetto) a lavoro; in cui analizzare da vicino le conflittualità interne dello Studio; e in cui capiamo, abbastanza bruscamente, che il tempo dello Studio Ghibli – almeno per i suoi due fondatori, Miyazaki e Takahata – è finito.

Sunada è attenta a ricostruire ogni singolo protagonista partendo da impressioni, interviste, lunghissimi primi piani. Molto spazio al silenzio, alle espressioni – ai borbottii e alle canzoni farfugliate tra i denti, mentre si è chini sul tavolo di lavoro.

Scopriamo così che Miyazaki è un lavoratore attento e devoto, molto facile alla rabbia, meticoloso in tutti i momenti della produzione dei suoi film, profondamente antimilitarista e anti-nucleare. Fa ginnastica e fuma; fuma veramente tanto.

Suzuki, invece, assume uno spessore più umano, più “diplomatico”: è lui il vero motore dello Studio Ghibli; è lui a farsi carico di marketing, promozione e comunicazione. Ed è sempre lui, come ha poi modo di confessare in uno spaccato con Goro, ad aver insistito perché sia Miyazaki che Takahata girassero i loro ultimi due film (perché no: all’inizio nessuno dei due voleva girarli).

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Il Regno dei Sogni e della Follia è un docufilm che parla anche di amicizia: l’amicizia tra tre uomini che hanno deciso di fondare un nuovo studio di animazione in Giappone, convinti – di sicuro lo erano Miya-san e Takahata – di poter cambiare il loro paese. Insieme all’amicizia, vengono prese in considerazione anche le conflittualità e in particolare l’amore-odio che Miyazaki prova nei confronti di Takahata, il primo ad avergli dato fiducia come regista e animatore.

Insomma, la Sunada vuole mostrare un aspetto inedito dello Studio Ghibli: il lato umano, quello più vero, fatto di emozioni, di ricordi e di sensazioni. Di Miyazaki che si sente sconfitto, di Takahata che non ne vuole sapere di girare il suo film (e infatti la produzione della Principessa Splendente va avanti da anni e la sua uscita, inizialmente prevista nell’estate del 2013, slitta ancora una volta). Di Goro che si sente profondamente inadeguato al ruolo di regista e che fa quello che fa solo per le persone che lavorano con lui. Di Suzuki, ansioso, fremente e stanco, che si spende ogni giorno, ogni ora, per la sua creatura.

La genialità dello Studio Ghibli e dei suoi fondatori si impone all’improvviso, a sprazzi come quando viene scelto Anno Hideaki, creatore di Evangelion, come doppiatore del protagonista di Si Alza il Vento. Il film si chiude con l’annuncio di Hayao Miyazaki di volersi ritirare. Sunada lo intervista poco prima della conferenza stampa; sono vicini a una finestra, e lì Miyazaki le indica i tetti delle case. C’è tutto un mondo da scoprire se uno ha voglia di farlo, dice Miya-san. E intanto, mentre parla, vengono rimontate alcune sequenze dei suoi film più famosi: da Il Castello di Cagliostro a Laputa a La città Incantata.

Il Regno dei Sogni e della Follia è la celebrazione estrema degli uomini prima ancora che degli artisti. E per questo, anche solo per questo, è un film che andrebbe visto.

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