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BonelliUn Martin Mystère uguale e diverso (a colori)

Un Martin Mystère uguale e diverso (a colori)

Non è un reboot, non è un remake. Questo è quanto dicevano da mesi gli autori coinvolti nella nuova serie di Martin Mystére, dal didascalicissimo titolo Martin Mystère – Le nuove avventure a colori. Ma se ciò non è chiaro, di che si tratta?

L’obiettivo dichiarato è quello di fornire una versione alternativa del personaggio, più adatto ai (nuovi?) lettori odierni. Reinserire nelle sue storie un po’ di azione, che nella serie regolare stanno ormai da tempo cedendo il posto a spiegoni e verbosità, figli anche dell’età del protagonista (il Buon Vecchio Zio Martin in Bianco e Nero sarebbe un signore nato nel 1942: portati benissimo, ma pur sempre 75 anni). Modernizzare il cast. Aggiornare i mysteri su cui si trova a indagare nella nostra epoca, segnata da un clima di profonda disillusione, pervasività del digitale e complottismi vari.

Per fare tutto questo è stato messo insieme un gruppo di sceneggiatori (Artusi, Cajelli, Gualdoni, Lotti, Lombardo, Voglino) che firmano tutti gli episodi con il nome collettivo ‘I Mysteriani’ – una soluzione talmente arcaica (ricordate EsseGesse?) da suonare come una piacevole novità – e che Alfredo Castelli ha rinchiuso nella prima writers room del fumetto seriale italiano, facendoli lavorare insieme tutti e sei sulla trama della miniserie. I dodici albi avranno una trama orizzontale che li renderà un’unica, lunga storia, articolata in quattro cicli dedicati a altrettante tematiche ‘classiche’ del personaggio. Al tempo stesso ogni albo è autoconclusivo e chiude un capitolo di questa macroavventura, lasciando ovviamente mysteri insoluti e un immancabile cliff hanger finale.

Per approfondire il metodo di lavoro dei Mysteriani, vale la pena leggere la lunga intervista sestupla condotta dal nostro Andrea Antonazzo. Il primo episodio, Ritorno all’impossibile, sarà disponibile in edicola dal 5 novembre. A Lucca sarà acquistabile insieme al secondo e a un cofanetto con sciccosa cover olografica in 3D. Ciascuno potrà quindi finalmente rispondere alla domanda se MMNAC è un reboot o un remake. La mia risposta: nulla di tutto questo, ok. Ma è qualcosa di davvero interessante.

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La copertina di “Martin Mystère – Le nuove avventure a colori n. 1 – Ritorno all’impossibile”, disegno di Lucio Filippucci. “Ritorno” da dove? Ad ora non è dato saperlo.

Il protagonista è ovviamente Martin Mystère. A colori, se non si era capito. Finalmente i suoi capelli biondi non sono relegati alle copertine e vediamo per bene i suoi occhioni blu, che Alessandrini tiene troppo spesso nascosti, disegnandoli come fessure o puntini. Ha poco più di 30 anni, all’incirca quanti ne aveva la sua controparte in bianco e nero ai suoi esordi, 34 anni fa. Non fa più il Detective dell’Impossibile, ma non ci viene dato sapere perché, né conduce un programma televisivo. Non vive a New York ma a Firenze, dove il Martin Mystère in bianco e nero (da adesso BVZMBN per comodità) ha studiato e vissuto durante il ciclo “Mysteri italiani”.

A parte i cambiamenti nella carta di identità, il carattere del personaggio rimane sostanzialmente lo stesso. Gli autori hanno deciso di ridurne la caratteristica logorrea un po’ professorale, mantenendone l’onniscenza e, naturalmente, l’arguta ironia.

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In una storia del BVZMBN avremmo saputo anche dov’è Anghiari, in che anno è stata la battaglia, che tecniche usava Leonardo per dipingere e come sono andati perduti affresco e disegni. E saremmo così già a pagina 30 invece che alla nona… – MMNAC 1, disegni di Fabio Piacentini, © 2016 Sergio Bonelli Editore

Molto più interessante e trasformativo, invece, è l’approccio adottato per il resto del cast. Il cambiamento più drastico è stata l’eliminazione di Java: il neandertaliano era una figura troppo scomoda, faceva probabilmente troppo “vecchio fumetto” per continuare ad avere un ruolo nella serie. Il suo posto di “spalla forzuta” è stato perciò preso da Max, un tizio muscoloso, in grado di cavarsela in ogni situazione, che ha praticato svariate professioni e ha viaggiato in mezzo mondo. Ha tutte le carte in regola per essere una buona spalla, ricoprendo un ruolo più attivo rispetto a Java, che corre sempre il rischio di essere inserito nelle storie soltanto per dare un interlocutore a Martin.

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Max = Java + Michel Vaillant. MMNAC 1, disegni di Fabio Piacentini, © 2016 Sergio Bonelli Editore

Un’altra novità importante è Arianna Doria. Curatrice agli Uffizi, è una donna giovane, affascinante e paralitica, con cui Martin intrattiene una relazione, senza formare però una vera coppia. La sostituzione della fidanzata/moglie perfetta e biondissima del BVZMBN con una quasi-ragazza corvina e handicappata non pare però un cedimento sfacciato al politicamente corretto, ma l’inserimento di un elemento di naturalezza – l’imperfezione fisica – in un fumetto popolare, tradizionalmente abitato da personaggi fisicamente perfetti o, viceversa, freaks.

Lo svelamento dell’handicap di Arianna è anche una delle scelte registiche migliori del primo albo. In una trama che, come vedremo, vive di una rapida successione di momenti topici, quello che altri autori avrebbero enfatizzato come un gran colpo di scena i ‘Mysteriani’ lo tengono in secondo piano. Semplicemente, durante un dialogo, al termine di un viaggio in auto, durante il quale sono stati seminati un paio di indizi quasi impercettibili, la donna viene fatta sedere su una carrozzella invece di scendere dal veicolo con le proprie gambe. Nessuna enfasi nella regia o nel disegno, nessuna battuta al riguardo. L’understatement necessario per farne una caratteristica ‘normale’.

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Il quotidiano incontra l’impossibile. MMNAC 1, disegni di Fabio Piacentini, © 2016 Sergio Bonelli Editore

A completare il cast compaiono Diana Lombard e Sergej Orloff. Come già detto, Diana non è la moglie di Martin ma solo l’assistente di Arianna, e per adesso il suo ruolo si esaurisce in una manciata di battute. Per quel che ne sappiamo, potrebbe essere stata inserita nella storia come inside joke per i lettori, portati a pensare che sia lei la donna con cui Martin e Max devono incontrarsi.

Orloff, invece, stando alle dichiarazioni degli autori, è destinato ad acquisire importanza negli albi successivi. Anche lui è stato ringiovanito, ed è privo di maschera di metallo, uncino e murchadna che lo caratterizzavano nei primi anni del fumetto. È definito “arcinemico” di Martin, ha un conto in sospeso con lui e lo minaccia di morte. Solo andando avanti con la storia scopriremo se il loro passato è lo stesso che nella serie classica o come lo hanno modificato i Mysteriani.

Il nuovo Orloff sa farsi valere anche senza apparati da supercattivo da fumettaccio. MMNAC 1, disegni di Fabio Piacentini, © 2016 Sergio Bonelli Editore
Il nuovo Orloff sa farsi valere anche senza apparati da supercattivo da fumettaccio. MMNAC 1, disegni di Fabio Piacentini, © 2016 Sergio Bonelli Editore

Nel primo episodio Martin si trova a “recuperare” un disegno di Leonardo creduto scomparso, un disegno preparatorio per l’affresco della battaglia di Anghiari. Nelle 94 pagine viene coinvolto in una rissa e in un inseguimento in auto, affronta Orloff e un golem mutaforma, si introduce in un luogo fuori dallo spazio, trova un misterioso manufatto e fugge da un demone. Nel frattempo vengono presentati i nuovi comprimari e inserite numerose citazioni dalla serie classica per la gioia dei vecchi lettori.

Nel secondo episodio (che abbiamo potuto leggere in anteprima) troveremo invece nazisti, zingari, vampiri nazisti, licantropi zingari, mummie che prendono vita, spade nella roccia, elmi appartenuti a condottieri romani, esperienze extracorporee, un misterioso arciere mascherato e, per finire, un bambino che probabilmente è dotato di straordinari poteri. Ovviamente vengono anche approfonditi ulteriormente i suoi rapporti con gli altri membri del cast.

Come si intuisce, dunque, i primi due episodi sono narrativamente molto densi. In effetti il proposito degli autori era inserire qualcosa di rilevante “ogni 2, massimo 4 tavole” (Gualdoni, dall’intervista citata prima). Missione compiuta, diciamo. Il che permette al ritmo di restare sempre elevato, trascinando il lettore pagina dopo pagina.

Per certi versi, sembra quasi di leggere una raccolta di strisce o tavole per i quotidiani di un classico personaggio avventuroso statunitense, come Flash Gordon o Mandrake, o un classico del fumetto francese come Asterix o Lucky Luke, serializzato in riviste due pagine alla settimana. Alla fine di ogni puntata di quei classici, gli autori inserivano un colpo di scena o una gag per invogliare all’acquisto del numero successivo del giornale. A rileggere ora quelle storie, raccolte in volume, si viene travolti dal ritmo serratissimo della narrazione. Un cliff hanger ogni poche vignette. Azione azione azione gag azione colpo-di-scena azione mistero nuovo-personaggio-che-entra-in-scena mistero azione azione colpo-di-scena. Da togliere il fiato.

Martin Mystére NAC non è certo paragonabile a quei gioielli della serialità fumettistica, né riproduce lo stesso modello narrativo e ritmico, tuttavia ha una cadenza serrata e intensa che fa pensare più a questa ”lezione classica” che a molta produzione fumettistica (popolare) recente. Questa attenzione al plot e alla suspence ne rende la lettura più frizzante rispetto alle verbose avventure del BVZMBN, e in generale molto piacevole. Anche se, va detto, si ha l’impressione che qualche dialogo potrebbe durare un paio di vignette in più e qualche stacco tra una scena e l’altra sia troppo secco.

Un’altra piccola novità sono i disegni, che si discostano dalla consueta linea bonelliana, avvicinandosi allo stile della bédé popolare contemporanea (per la verità, una tendenza sempre più evidente anche in altri prodotti di via Buonarroti). Linee pulite, nessun tratteggio, il disegno è pensato per il colore – cosa purtroppo non scontata in ancora molti albi a colori della Bonelli – e quel che si dice “al servizio del racconto”, senza mai prendere il sopravvento su di esso. In nessuno dei due episodi sono presenti soluzioni di regia particolarmente spettacolari o enfatiche, cosa che se da un lato non regala veri momenti di meraviglia (se si esclude la bella sequenza alle pagine 58 e 59 del secondo numero), dall’altro rende assai scorrevole la lettura. È sempre chiaro cosa sta accadendo in ogni momento, come è giusto che sia in un fumetto popolare. Una pecca, semmai, la si trova nella eccessiva rigidità di ‘recitazione’ per qualche personaggio, nelle espressioni e nei movimenti; in questo senso, forse, si sente un peso eccessivo della tradizione nella progettazione grafica.

Anche lo stile di colorazione si rifà al fumetto d’oltralpe, e sfogliando gli albi può sembrare di leggere gli episodi più recenti di bestsellers come Michel Vaillant, XIII, Ric Roland. Tuttavia la gabbia grafica rimane quella classica bonelliana, con poche eccezioni alle canoniche tre strisce da due vignette per tavola, principalmente qualche splash page. Le inquadrature ravvicinate sui personaggi predominano sui campi lunghi, che però sono molto più frequenti, e con sfondi più dettagliati, rispetto alle consuete produzioni seriali Bonelli.

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Una vignetta passante su due pagine. Bella panoramica su Firenze e piccola novità di regia per Martin Mystère. MMNAC 2, disegni di Alfredo Orlandi, © 2016 Sergio Bonelli Editore

Le Nuove Avventure a Colori, più che un tentativo alla Orfani di avvicinare i “non-lettori” di fumetto, sembra un prodotto pensato per “non-lettori di Martin Mystère. Cartonato, stampato più in grande, non sfigurerebbe in una libreria di Parigi o Bruxelles.

Anche se è presto per dare un giudizio complessivo all’opera che, per via della continuity molto serrata, dovrà attendere almeno la fine del primo ciclo, le premesse sono sostanzialmente positive. La serie è scritta bene, è divertente, offre continue piccole sorprese e si rivela una lettura piacevole che scorre senza intoppi. Ha idee interessanti e scelte di regia non scontate, come quella già citata dello svelamento della paralisi di Arianna, non enfatizzata nella storia e non sfruttata per fare notizia in un’epoca di “marketing della diversità” su etnie, religioni o identità sessuali che tanto spesso fanno azzuffare i nerd. Insomma: intrattenimento chiaro, semplice, non piatto, non stancamente derivativo, pimpante, ben confezionato.

Il suo limite maggiore, forse, è che vive nella stessa “terra di mezzo editoriale” di alcune recenti opere francesi (e dài), una su tutte il Lucky Luke di Matthieu Bonhomme. Da una parte c’è un pubblico giovane, disinteressato alla ‘classicità’ del personaggio classico. Dall’altra, i lettori storici che rivogliono le “storie di una volta” e sono avversi a ogni cambiamento. Il nuovo Martin Mystère parla a chi sta nel mezzo. Si rivolge a un pubblico giovane (almeno culturalmente, se non anagraficamente) e appassionato del personaggio, esattamente come i suoi autori. La scommessa – diciamolo, la speranza, perché il progetto lo merita – è che riesca a raggiungerlo e che questo sia abbastanza numeroso perché la nuova vita del Detective dell’Impossibile abbia successo e continui ad affiancare il nostro, amato, eterno BVZMBN.

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