La memoria รจ una macchina del tempo fallace. Sa andare solo in una direzione e ti riporta in posti e momenti incoerenti. Si inciampa facilmente, sulle strade della memoria: sono piene di buche. Le fonti orali sono preziose e inaffidabili: le puoi usare ma non puoi poggiare il ponte della storia solo su quelle. Un individuo che si racconta dichiara di essere un testimone, uno che ha vissuto, che ha memoria o che puรฒ riferire le altrui memorie perchรฉ le ha raccolte personalmente. Di prima mano, si dice, ma la memoria, prima di essere consegnata ad altri, viene sempre usata un poโ: ci arriva stropicciata e malmessa. Usare le fonti orali significa, come spiegava Mino Milani sulle pagine del Corriere dei Ragazzi, dare la parola alla giuria e processare la storia e, questa volta รจ Foscolo, โqueโ giorni chโio trassi in grembo alla mia solitudineโ.
La memoria รจ un fatto privato che, quando diventa pubblico e scende in strada, ha bisogno di verifiche e confronti.
Per esempio, il 3 ottobre del 1988 ero nervoso e accaldato. Avevo preso un treno mattutino delle Ferrovie Nord gremito di umani sudore e alitosi. Poi, da piazza Cadorna (la stessa in cui Angela Giussani aveva avuto lโidea di Diabolik), ero montato su una carrozza della linea verde fino in piazza Udine. Indeciso e spaventato avevo puntato il numero civico 4 di via Staro e mi ero infilato in una palazzina di tre piani che non vedo da venticinque anni e che โStreet viewโ di Google mi mostra identica a come la ricordo. Lรฌ mi aveva accolto Claudia, la receptionist che allora โ erano tempi piรน ingenui o piรน onesti โ dichiarava di essere la centralinista. Era un lunedรฌ. Il giorno dopo avrei compiuto ventโanni. Era il mio primo giorno di lavoro e, dopo aver varcato quella soglia, la mia vita รจ stata scandita dai ritmi dellโadultitร .
Quando penso alle etร della formazione, mi figuro lโimmagine romantica di un giovane individuo che ozia, gioca, guarda, legge e fa tutte queste cose senza risparmiarsi. Insomma uno che perde tempo proprio perchรฉ il tempo sembra una risorsa illimitata.
Ah! Se solo ci fosse data la possibilitร di rivivere quei momenti con la consapevolezza che abbiamo maturato oggi.
Come dici? Faccio discorsi da anziano? Hmmโฆ Ok, hai ragione: รจ proprio cosรฌ. Mostrami almeno il rispetto che รจ dovuto a chi porta in giro la mia veneranda etร . Noi la chiamiamo saggezza.
Un giovane รจ un nodo di paure che di tutto quel tempo non sa bene cosa farsene. E, se mi infilo nei vestiti della mia memoria, scopro che lโozio, il tempo liberato e le letture interminabili che rubano ore al sonno sono arrivate dopo. Da ragazzo ero troppo impegnato a soffrire e a struggermi. Proprio come facevi (o come fai) tu.
Lโadultitร รจ arrivata con il lavoro. Da quel momento ho anche ottenuto la tanto sospirata indipendenza economica e ho iniziato a comprare tutti i libri e, soprattutto, i fumetti che desideravo. La cittร in cui lavoro (since 1988) si chiama Milano e, siccome sono cresciuto nella provincia profonda, quel posto รจ da sempre lo scrigno che custodisce tutti gli oggetti del mio desiderio. Sono un vizioso piccolo piccolo e mi bastano, come ti dicevo, i libri e, soprattutto, i fumetti. Milano significava (e significa) librerie, grandi e piccole, specializzate o generaliste, indipendenti o di catena, a prezzo pieno o remainders, โฆ Insomma, una manna.
Oggi i libri e, soprattutto, i fumetti li compro in rete e tutto รจ a portata di click. Ai miei tempi (giร !) cโera da sdrumare e procurarsi la carta costava dura fatica. I fumetti statunitensi, poi, li ordinavi sul catalogo, costavano un rene (cโera chi parlava del famigerato โcambio librarioโ) e arrivavano una volta su due mettendoci cosรฌ tanto tempo che quando te li trovavi per le mani non li riconoscevi come tuoi. Oggi โPreviewsโ, il catalogo dei fumetti statunitensi, non lo sfoglia piรน nessuno (forse solo Paul Gravett); quella volta era obbligatorio. Carpe diem: come Orazio, riletto maluccio da Peter Weir, dovevi cogliere lโattimo fuggente e, se volevi un libro, dovevi dirlo al tuo libraio entro lโultimo giorno valido per gli ordini del mese o non lโavresti mai piรน incontrato. Con i periodici avevi qualche speranza in piรน.
Il primo Comics Journal che ho comprato รจ il 126, datato gennaio 1989. Sono stato fortunato: in copertina cโรจ un disegno dei fratelli Hernandez che calca e dileggia quello con cui, nel settembre del 1982, si apriva la corsa di Love & Rockets. Per ripensare a quella lettura, devo lottare nuovamente con la mia memoria fallace. Le sensazioni provate non le ricordo piรน ma so che, da quel momento, non ne ho piรน perso un numero. (Non รจ vero. Qualche volta il negozio in cui mi rifornivo รจ riuscito a farmi perdere anche il Journal. La menzogna che ti ho appena rifilato รจ dettata dallโesigenza di enfasi e mi suggerisce unโavvertenza: usando le fonti orali, anche quando la memoria รจ buona, bisogna diffidare del narratore che รจ sempre un bugiardo, perchรฉ sempre ha uno scopo.)
Adesso ti starai chiedendo le ragioni di questa manfrina sulla memoria. ร presto detto. Qualche giorno fa Fantagraphics ha pubblicato le proprie memorie. Lo ha fatto usando il formato libro: We told you so: Comics as art di Tom Spurgeon (con Michael Dean) รจ un volume di settecento pagine ricche di immagini che scorrono con la medesima struttura delle lunghissime interviste, editate poco e niente, del Comics Journal. Quelle interviste sono documenti straordinari per ricostruire la storia del fumetto non solo statunitense.
Gary Groth, uno dei fondatori di Fantagraphics (e dalle foto pubblicate sul volume, si capisce che รจ stato lโunico in redazione ad avere avuto una vita sessuale soddisfacente), dice che lโispirazione per quelle interviste รจ venuta da quelle ospitate da Playboy e, con il consueto snobismo che tanto amo, aggiunge che gli dispiace di non poter affermare che lโidea non sia stata scatenata dalla lettura di Paris Review.
Le interviste di Playboy sono una meravigliosa fonte di accesso alla cultura del Ventesimo secolo e giocano in un campionato completamente diverso da quello in cui agisce il Comics Journal: si tratta di pezzi di grande giornalismo, scritti con perizia, editati, trasformati in narrazione e resi accessibili a un pubblico vastissimo. Sono state elaborate cosรฌ tanto da professionisti della carta stampataย da perdere il loro valore di fonti orali. Le interviste del Comics Journal sono opera di dilettanti che migliorano progressivamente nel tempo e, pur ripulendosi da molte ingenuitร , non rinunciano mai alla ridondanza, alla piacevolezza delle amenitร , al cazzeggio e spesso allโinvettiva. Insomma, riproducono con grande fedeltร , il suono delle parole dette e il silenzio di quelle non dette. Quelle parole si infilano come un ago nel tessuto bucato della memoria.
Leggendo le tantissime interviste pubblicate sui 302 numeri del Journal si puรฒ ricostruire una storia orale โ e colloquiale โ del fumetto. Con We told you so si accede al racconto conviviale dei quarantโanni di vita di una delle migliori case editrici che il fumetto abbia mai avuto. Il fatto che la vita della casa editrice e del giornale si siano sovrapposte per un periodo molto lungo non puรฒ essere ignorato.
Lโelenco degli autori che Fantagraphics ha pubblicato in quarantโanni occupa le ultime 50 pagine del volume. Cinquanta! E sono nomi importanti e necessari. Cito a memoria: Harvey Kurtzman, Robert Crumb, Jules Feiffer, Lewis Trondheim, Charles M. Schulz, Peter Bagge, Daniel Clowes, Joe Sacco, i fratelli Hernandez, Vaughn Bode, Arnold Roth, Guido Crepax, Jim Woodring, Tony Millionaire, Drew Friedman, Ellen Forney, Killofer, David B., Charles Burns, Alberto Breccia, Walt Kelly, Carl Barks, Floyd Gottfredson, Chris Ware, Barry Winsor Smith, Stan Sakai, Jason, Igort, Wallace Wood, Bill Elder, Frank Frazetta, โฆ Se si producesse lโelenco degli autori che hanno raccontato la propria vita e il proprio lavoro al Journal, non riusciremmo a snocciolare tutti quei nomi entro la fine dellโanno.
Ora, una parte dei protagonisti di quella storia non cโรจ piรน. Quelli che a me mancano di piรน sono Kim Thompson e il Comics Journal. Per resistere alla tristezza mi attacco ai ricordi che, per mia fortuna, trovano solido appiglio nella carta che mi infittisce casa.