di Tito Faraci
Questo articolo è un estratto dal libro Mickey. Uomini e Topo, scritto da Tito Faraci e pubblicato da add Editore nella collana “Incendi”. È un viaggio nel mondo di Topolino, raccontato da uno dei principali sceneggiatori Disney italiani. In questo saggio, Faraci racconta in prima persona il lavoro, le regole, i modi in cui affronta il personaggio e il suo rapporto con esso.
Per scrivere storie di Topolino, bisogna sentirsi un po’ Topolino. Ma quanti Topolino ci sono? Almeno un paio. C’è il primo, quello dei cartoni animati. E c’è quello attuale, dei fumetti. Il primo fa cose folli, surreali, anarchiche. Modifica lo spazio attorno a sé, lo piega e distorce. Non ha rispetto nemmeno per le leggi della fisica. Vive in una strampalata America rurale, dove tutto gli è permesso. Si costruisce un aeroplano da solo, sfruttando come bassa manovalanza gli animali di una fattoria. Li usa anche come pezzi di ricambio, per la verità. È un topo privo di sensibilità animalista. Succede in Plane Crazy, secondo cartone animato a essere distribuito nei cinema (dopo Steamboat Willie), in realtà il primo a essere prodotto da Walt Disney, che lo dirige assieme al disegnatore Ub Iwerks, passato alla storia come il creatore grafico di Mickey Mouse.
Questo è il Topolino originario, dei primi cartoni animati. Quindi dovrebbe essere anche il più vero, il più puro. Dovrebbe. Ma oggi è impossibile riconoscerlo in questo personaggio irriverente, dispettoso, la cui unica forma di “eroismo” consiste nella totale incoscienza con la quale affronta il pericolo, per divertirsi e farsi bello con Minni. Quando si trasferisce in città, nelle prime strisce a fumetti, passa il tempo a gozzovigliare e ad azzuffarsi con tipacci come il gatto Nip (siamo nel 1931, e ai disegni c’è già Floyd Gottfredson). Topolino non è una persona affidabile. Non ci uscirei assieme una sera, anche se i momenti divertenti non mancherebbero. Dovrei pagare tutto io, compreso l’avvocato per tirarci fuori dai guai (e dalla gattabuia), il giorno dopo.
Per lungo tempo ho cercato di non pensare troppo a questo Topolino. L’ho chiuso nello stesso cassetto del Topolino “perfettino e antipatico”. Li ho considerati entrambi errori, anche se così diversi. Ho cercato di non confrontarmi con loro. Ma era impossibile. Era sbagliato. Ho fatto i conti con il “perfettino”, per dimostrare che era un vero errore. Mi è toccato fare un po’ male a Topolino, fargli mordere la polvere, per il suo bene. È un argomento di cui vi ho già parlato. E mi sono confrontato anche con il primo Topolino. Ho capito che quello, invece, non era un errore. Era lui, da giovane. Bisogna considerarlo così.
Adesso è una persona a posto, perbene, affidabile, da ragazzo però si è divertito parecchio. Si è messo nei guai, ma mai così grossi da non uscirne. Ha corso dei rischi, ma nessuno si è mai fatto male. Chissà quanti amici avete che sono stati così, da giovani, e adesso sono tipi tranquilli. Forse anche voi siete stati così. Be’, io alzo la mano. Se Topolino oggi è tanto simpatico, è perché porta ancora dentro quel se stesso giovane e scavezzacollo. Non si vede, non subito. Però c’è. Come le fondamenta di una casa, che stanno sotto, nascoste, ma tengono su tutto. L’irresponsabilità si è trasformata in autentico coraggio. La follia in capacità di accettare e affrontare ciò che sembra impossibile. L’anarchia in indipendenza e autonomia di pensiero. Imparando a uscire dai propri guai, Topolino ha imparato a togliere gli altri dai loro. Si è giovani e poi si cresce.
Tutto qui, ma non è poco. Succede a tutti. Non è che ci trasformiamo in qualcun altro. Non abbiamo due io. Però è anche vero che qualcuno cambia di più e qualcuno di meno. Topolino è cambiato di più. Perché? Che cosa è stato a dargli una regolata? Chi è stato? È stato Pippo. L’amicizia con Pippo. Da quando l’ha incontrato, da quando sono diventati così amici, Topolino è cambiato. È diventato più responsabile. Ha dovuto farsi carico della concretezza che a Pippo manca. Uno dei due doveva mantenere i piedi per terra, e quello non poteva essere Pippo. Topolino si è preso cura di lui, in cambio di un’amicizia bellissima e importante. E ha ricevuto molto in cambio. Pippo si è fatto carico della vena folle e imprevedibile che aveva il primo Topolino, quello giovane, sublimandola in poesia. Pippo è la boa cui si aggrappa Topolino, per non lasciarsi inglobare dal “sistema”. Topolino non potrà mai essere del tutto inquadrato, finché avrà Pippo affianco. A prova del mio ragionamento, Topolino diventa una persona seria, nelle strisce di Gottfredson, proprio quando Pippo comincia a fargli da spalla. In Topolino poliziotto e Pippo suo aiutante, del 1933. È l’esordio di Pippo nei fumetti. E di Topolino nel ruolo di detective. Roba da uomini, non ragazzini.
Oggi, quando scrivo storie di Topolino, non dimentico come era da giovane. Quel cassetto non lo tengo chiuso a chiave. So che se, ogni tanto, faccio fare a Topolino qualcosa di folle, fuori dagli schemi, non lo sto snaturando. Ci può stare. A patto di non esagerare. Perché indietro non si torna. Tutti noi possiamo cercare di non invecchiare troppo, e Topolino ci riesce benissimo. Ma nessuno può sperare di tornare giovane. Nemmeno Topolino. Per quello, non basta neppure la macchina del tempo che i professori Zapotec e Marlin mettono a disposizione di Topolino (e Pippo).