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FocusCorto Maltese, eroe di un colonialismo ambiguo

Corto Maltese, eroe di un colonialismo ambiguo

“Corto Maltese si riposava pigramente nell’unica veranda della pensione ‘Java’ a Paramaribo (Guyana Olandese). Si vedeva subito che era ‘un uomo del destino’. Con un gesto misurato, accese uno di quei sigari sottili che si fumano solo in Brasile o a New Orleans: stava recitando per un pubblico invisibile. Ad un tratto la rappresentazione venne interrotta”.

In questa descrizione, che apre la storia Bocca Dorata e il segreto di Tristan Bantam, troviamo tutti gli elementi essenziali del complesso immaginario dei fumetti di Corto Maltese: un protagonista affascinante, libero e misterioso, che non perde mai il controllo delle proprie vicende (‘uomo del destino’) e un’ambientazione esotica fin nei minimi particolari: la poltrona, il sigaro, ovviamente introvabile per chiunque non si trovi in Brasile o a New Orleans.

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Queste caratteristiche rispondono esattamente agli stilemi classici con cui la narrativa di avventura si era affermata in Inghilterra verso la fine dell’800. Prima di tutto, la figura dell’eroe invincibile, immutabile e fuori dal tempo: Corto Maltese riappare uguale all’inizio di ogni storia, per quanto difficile e dolorosa possa essere stata la fine di quella precedente. In più, nelle sue avventure non è riscontrabile un vero e proprio ordine cronologico, se non nella ricomparsa di alcuni personaggi, in una temporalità non più lineare ma quasi ciclica. Sebbene Corto, poi, possieda anche qualità diverse da quelle degli avventurieri più semplici, come indipendenza di spirito, capacità di analisi profonda, una certa onnipresente malinconia e un fascino intellettuale, queste qualità sono perenni, sempre presenti e vengono ogni volta riconfermate, come nella tradizione.

Un altro aspetto fondamentale è l’ambientazione: le avventure di Corto Maltese si svolgono in molti angoli diversi del mondo, sempre però connotati dalla loro distanza dalla normalità, dal loro esotismo. I luoghi visitati da Corto saranno sempre quanto più esotici possibili, e lo stesso vale per i personaggi che li popolano: risponderanno cioè quanto più possibile ai desideri di un pubblico che li vuole vedere diversi da sé; desiderio appagato anche dal breve apparato geografico e antropologico che precede ogni storia. Gli indios del sud America, per esempio, avranno volti completamente tatuati, porteranno strane armi e saranno dotati di misteriosi poteri, come si vedrà al momento di analizzare alcune storie nel dettaglio. Ma lo stesso vale anche per luoghi più ‘vicini’ come Venezia, che diverrà quanto più nebbiosa, magica e misteriosa possibile, o per l’Irlanda delle Celtiche, di cui i disegni di Hugo Pratt ci mostrano tutte le caratteristiche più affascinanti: i simboli celtici, le brughiere verdissime, gli strumenti musicali caratteristici.

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Storie, storie false, storie vere

Tuttavia, all’interno di questa ripresa dei modelli classici, nei fumetti di Corto Maltese si aprono spiragli di una consapevolezza del tutto nuova. Nel caso della didascalia citata all’inizio, per esempio, troviamo una frase come “Stava recitando per un pubblico invisibile”, che fa precipitare il lettore in uno strano mondo in cui i protagonisti di avventure magiche e misteriose si dimostrano malinconici, some se sapessero che il tempo dell’avventura sta finendo. Per esempio, dopo che Corto Maltese ha chiesto a uno dei suoi nemici in Bocca Dorata e il segreto di Tristan Bantam una spiegazione sulle complicate macchinazioni dell’organizzazione di quest’ultimo (documenti falsi, evasione di prigionieri dalla Caienna, coinvolgimenti con le grandi potenze europee), costui risponde, sarcasticamente, “Perché non scrivi romanzi di avventure?” Un altro nemico lo apostrofa chiamandolo “eroe tascabile”, e a questo epiteto Corto risponde, sfoderando un coltello: “Non voglio essere un eroe… mi basta essere un mozza-teste!” Si instaura quindi un complicato gioco, sempre in bilico tra due poli: l’uno costituito dalla sospensione dell’incredulità e dall’adesione totale alle caratteristiche della narrativa di avventura e l’altro dal continuo ricordarsi che quelle narrate sono avventure fantastiche e irreali.

corto maltesecorto maltese

In un altro punto della stessa storia, Corto suggerisce al professor Steiner di scrivere degli appunti, un diario di viaggio da rivendere, poi, per guadagnare un po’ di soldi. In questo modo Pratt sembra quasi rivelare la stretta parentela tra la narrativa di avventura e il resoconto di viaggio in terre esotiche, evidente anche nella costante presenza di un apparato cartografico, ma anche etnografico, che precede ogni storia di Corto Maltese, e che ricorda da vicino gli strani frutti (anzi: “le strane frutta”) e gli animali esotici che riempiono le pagine di Salgari.

Tuttavia, nel momento stesso in cui Pratt sembra dichiarare l’appartenenza della sua opera alla narrativa di avventura classica, ecco che nuovamente ci troviamo alle prese con una dichiarazione molto strana. Al ragazzo che gli chiede perché non scriva lui stesso un diario, Corto risponde: “Vedi, Tristan, se scrivessi, ammesso che lo sappia fare, finirei per falsare i fatti e i caratteri di quelli che ho conosciuto. Per me è meglio così: vivere senza storia…” La narrazione, quindi, viene dichiarata dal protagonista una falsificazione o un allontanamento dal reale, e questa dichiarazione entra ovviamente in corto circuito nel momento in cui la si relaziona allo status di narrazione dei fumetti di Hugo Pratt.

Un simile gioco di ambiguità è riscontrabile anche nel rapporto tra le avventure di Corto Maltese e la realtà sociale in cui sono immerse. Le storie di Corto Maltese si svolgono quasi tutte agli inizi del ‘900, tra il 1910 e la fine della Prima Guerra Mondiale: un periodo critico di passaggio, in cui una serie di aspetti storici che rendevano possibile la narrativa di avventura volgono al termine. Da una parte i mezzi di comunicazione non avevano ancora rimpicciolito il mondo alle distanze che conosciamo oggi: viaggi come quelli di Corto Maltese erano ancora pericoloso appannaggio di pochi coraggiosi e tanti erano ancora i territori inesplorati o quasi (ovviamente dal punto di vista dell’uomo bianco). Nella stessa Europa, poi, rimanevano luoghi di mistero, le distanze erano ancora significative e fenomeni globalizzanti come il turismo erano ancora ben lontani.

D’altra parte, però, l’economia e la politica si facevano sempre più internazionali: Corto incontra molti affaristi europei o statunitensi in giro per il mondo, e normalmente non si tratta di personaggi simpatici. Persino un personaggio come Bocca Dorata, una misteriosa maga che con i suoi poteri aiuta una serie di lotte di liberazione in Brasile, ottiene il denaro necessario da una ‘Finanziaria Internazionale’ e non esita a schierarsi con una o con l’altra delle potenze europee durante la Prima Guerra Mondiale. Lo stesso conflitto è, per l’appunto, il primo conflitto ‘mondiale’: per la prima volta le potenze occidentali si combattono coinvolgendo popolazioni provenienti dai più diversi angoli del mondo, e in luoghi anche molto lontani dall’Europa. La prima storia di Corto Maltese scritta da Pratt, Una ballata del mare salato, si sviluppa proprio sullo sfondo della battaglia tra americani e tedeschi nel Pacifico. Una battaglia portata avanti con mezzi che contengono ancora in sé tracce di avventura: pirateria e basi misteriose.

Avventure immaginarie, colonialismo storico

Il colonialismo, però, è ancora un fattore importante, in quanto costituisce la motivazione grazie alla quale un bianco come Corto Maltese può essere coinvolto in innumerevoli avventure in giro per il mondo, in ognuna delle quali sono coinvolti bianchi: per esempio, proprio nella ballata del mare salato, ricchi ragazzini sperduti nel Pacifico dopo che il loro ricco yacht ha fatto naufragio, i loro ricchi parenti e i soldati tedeschi e americani. Riguardo a ciascuno di questi segnali della modernità (la nuova importanza del denaro, la guerra mondiale, il colonialismo), Corto Maltese mantiene un rapporto ambiguo. Nemico delle ideologie, non si schiera con nessuna delle parti in conflitto, ma non esita a sfruttare la situazione per i propri interessi. Questi interessi sono, d’altra parte, spesso di ordine dichiaratamente economico: all’inizio di ogni avventura, Corto è ben deciso a sapere quali saranno i vantaggi economici che l’avventura potrà portargli, salvo poi spesso rinunciarci alla fine per motivi morali; in ogni caso, non sembra mai soffrire di grossi problemi economici.

Quest’ambiguità è palese, tanto che il professor Steiner, che lo accompagna in varie avventure, dichiara (in Samba con Tiro Fisso): “Non riesco a capirti: hai degli atteggiamenti da uomo generoso, onesto… e poi tutt’a un tratto diventi freddo e calcolatore…”, senza, peraltro, ricevere nessuna risposta dall’interessato. Forse, la risposta risiede in un’altra affermazione di Corto, che dovendo motivare un suo gesto di generosità gratuita, dichiara: “Forse sono il re degli imbecilli, l’ultimo rappresentante di una dinastia completamente estinta che credeva nella generosità, nell’eroismo…”. A queste parole, lo stesso Steiner risponde: “Capito, sei un boy-scout frustrato.” Nelle parole di Corto si potrebbe leggere proprio il senso di un periodo di passaggio, al quale non appartengono già più gli eroismi e che già si è votato ad altri modi di vita, più pratici e meno poetici. I gesti eroici, però, rimangono possibili, per lo meno dal punto di vista estetico, come imitazione di un passato che sta sfumando e verso il quale non si può provare che malinconia.

La risposta di Steiner, tuttavia, fa ripiombare tutto questo ragionamento in nuovo dubbio: questi eroi sono mai esistiti davvero? O forse la realtà è sempre stata diversa e solo nella malinconia e nella fantasia si possono ritrovare gli eroi? Le stesse ricerche impossibili nelle quali si imbarca Corto (El Dorado, il continente perduto di Mu) terminano quasi sempre in una maniera nebulosa, che mantiene il fascino dell’oggetto cercato ma non risolve in nessun modo la sua ricerca, forse frutto di fantasia anche all’interno della narrazione stessa. Forse, insomma, la realtà è sempre stata un’altra.

corto maltese mu

Uno degli aspetti più interessanti dell’ambiguità del personaggio Corto Maltese si trova nel suo rapporto con il colonialismo e con le lotte contro di esso. Molte lotte di decolonizzazione contro le varie manifestazioni dell’imperialismo, infatti, si fanno intense proprio nel periodo in cui si svolgono le avventure di Corto. Queste lotte sono rappresentate in varie storie di Hugo Pratt, sin dalla prima storia di Corto Maltese, Una ballata del mare salato, e sempre guardate con simpatia sia dal protagonista che, in un certo senso, dall’autore stesso. Tuttavia, abbiamo già visto come l’esotismo sia un fattore centrale nei fumetti di Hugo Pratt: un atteggiamento difficilmente conciliabile con un intento decolonizzante.

In effetti, Corto Maltese ha spesso a che fare con personaggi bianchi, nonostante le ambientazioni esotiche delle sue avventure. I molti personaggi non bianchi che appaiono nelle storie rimangono sempre a una certa distanza dal protagonista, come se ‘l’altro’, il soggetto esotico, rimanesse in qualche modo inconoscibile, nonostante a queste figure e alle loro lotte vada l’appoggio (quasi) incondizionato del protagonista e dell’autore. È il caso, per esempio, di personaggi come Cranio in Una ballata del mare salato, che in una conversazione con Corto dichiara di stare organizzando la ribellione dei popoli oceanici, o di un agente segreto nigeriano che, in Un’aquila nella giungla, combatte i tedeschi per liberare l’Africa dai colonizzatori, e alla domanda sul perché lavori per gli inglesi risponde: “da qualche parte bisogna pure cominciare.” Entrambi i personaggi, però, muoiono poco dopo aver dichiarato i propri sogni di liberazione, lasciando i loro progetti in un’indeterminatezza che permette all’autore di continuare a ambientare le sue storie in un mondo colonizzato, pur tifando per i ribelli. Nei confronti di questi personaggi, insomma, si mantiene un rapporto di distanza, quel tanto che basta perché non perdano il loro fascino esotico, ma anche la loro minacciosità.

Samba con Tiro Fisso, o il Corto risolutore

L’analisi di due storie può aiutare a mettere in luce l’atteggiamento complesso di Hugo Pratt nei confronti della questione coloniale (attenzione: SPOILER in arrivo). La prima è Samba con Tiro Fisso. In questa storia Corto riceve da Bocca Dorata l’incarico, lautamente retribuito, di consegnare munizioni e denaro in aiuto alla guerriglia dei banditi dello stato brasiliano del Sertão contro un ricco proprietario terriero, bianco, il quale ha assoldato dei mercenari per liquidarli. Corto accetta, e, arrivato nel Sertão, incontra il capo dei banditi, Tiro Fisso, che non si ritiene però all’altezza del ruolo che ricopre. Corto lo convince, allora, che un capo è solo una persona che sappia prendere le decisioni giuste, e che lui e la sua banda devono attaccare non più soltanto i mercenari, ma il proprietario terriero, vero responsabile di tutto.

Tiro Fisso e i banditi, convinti da Corto, attaccano eroicamente la villa del possidente. La situazione si fa difficile, finché Corto non riesce a impossessarsi di una mitragliatrice e a sgominare i soldati che proteggevano la villa. Tiro Fisso, però, è rimasto ucciso nell’attacco: Corto prende il suo cappello, a afferma “È costata cara… hanno eliminato il colonnello… ma ci sarà sempre un nuovo colonnello che abuserà di questa gente…” a queste parole, un ragazzo della banda risponde: “Per ogni colonnello ci saranno cento Tiro Fisso, gringo… abbiamo imparato la lezione ed è una lezione che non dimenticheremo…” A queste parole, Corto affida al ragazzo il cappello di Tiro Fisso: “Prendi il cappello di Tiro Fisso e continua nel suo nome la lotta contro il drago della malvagità.” E organizza un’imponente e simbolica pira funebre per il condottiero ucciso.

corto maltese samba tiro fisso

In questa storia è evidente la simpatia del protagonista verso i banditi ribelli: la sua avversione contro i proprietari terrieri, ovviamente bianchi, è tanto intensa da rischiare la vita per combatterli. Tuttavia la storia, pur essendo di segno politico opposto rispetto a quello tipico della narrativa di avventura di ambientazione coloniale, procede lungo gli stessi binari: Corto, il protagonista bianco della narrazione, riveste sempre il ruolo di eroe invincibile che risolve la situazione. Lo fa sia in senso pratico, con l’azione con la quale si impossessa della mitragliatrice e sgomina i soldati; e sia in senso politico, conferendo per ben due volte il titolo di capo della banda. Nel primo caso, con Tiro Fisso, è lui stesso a creare la figura di un condottiero, istruendolo. Nel secondo caso, Corto prende il cappello di Tiro Fisso e compie esattamente, anche dal punto di vista del disegno, il gesto di ‘incoronare’ il successore, conferendogli i poteri. Ci viene narrata una liberazione, seppur provvisoria; ma sul piano della narrazione e dei ruoli ci troviamo di fronte al perpetuarsi dei modelli classici dell’avventura imperialista.

Sembra che sia estremamente difficile liberarsi da questi modelli, infatti, senza pagare il prezzo di rinunciare anche agli aspetti che rendono così affascinanti i fumetti di Hugo Pratt: un protagonista infallibile e l’ambientazione esotica, che rende i personaggi ‘minori’ così distanti da noi, ma contemporaneamente così aderenti alle proiezioni classiche del nostro immaginario, e così docili nell’“obbedire” all’eroe.

Teste e funghi, o il Corto imperialista (immaginario)

Che rinunciare a queste caratteristiche sia quasi impossibile per Hugo Pratt, all’interno di un fumetto che voglia rimanere un fumetto di avventura, lo dimostra un’altra storia, Teste e funghi. Qui, il professor Steiner viene a sapere della possibilità di trovare la mitica El Dorado, nel cuore della foresta amazzonica, grazie ad alcuni indizi lasciati da precedenti esploratori morti nel tentativo. Parte quindi con Corto Maltese: i due si inoltrano nel territorio dei pericolosi indios jivaro, in compagnia di un galeotto francese che conosce la zona e di una guida locale, Aparia. Quest’ultimo, appena partiti, afferma: “i nanay [la sua tribù] non amano i bianchi. L’ultima volta ne sono morti parecchi a causa vostra… […] Avete portato una malattia… più di 70 morti… donne, bambini… e guerrieri… ora i nanay non possono più difendersi e sono costretti ad accettare l’aiuto dei bianchi.” Dopo un incontro ravvicinato con un enorme boa, ucciso solo grazie alla prontezza di Corto, la spedizione subisce un’imboscata, nella quale si scopre che Aparia aveva architettato tutto fin dall’inizio. A Corto, che lo chiama traditore, Aparia risponde:

Io non sono tuo amico… io odio i bianchi! […] I bianchi come Corbett-tha [l’esploratore inglese di cui la spedizione seguiva le tracce] vengono a cercare pietre e sogni… ma per causa loro i cercatori d’oro, di smeraldi, arrivano e uccidono gli indiani… ci mettono in lotta gli uni contro gli altri… ci fanno un sacco di promesse che non mantengono e ci costringono a nasconderci nella giungla… la vostra morte fermerà i bianchi per qualche tempo.

corto maltese teste funghi

Dopo questo discorso, Aparia li minaccia di tortura, uccide il francese che aveva ingerito dei funghi per non soffrire e con il coltello sguainato si avvicina a Corto, che è legato. Steiner urla vedendo uccidere il suo amico e in quel momento si sveglia: tutta la storia era infatti un sogno di Steiner.   

Questa storia inizia nell’impronta più classica possibile della narrativa di avventura: bianchi alla ricerca di El Dorado, in una spedizione nella foresta amazzonica con una vecchia mappa e una fedele guida indigena. Ad un certo punto, però, abbiamo un improvviso capovolgimento della tradizione: la guida tradisce e i cattivi vincono. Ma non basta questo: ciò che è più interessante è che i cattivi non hanno torto. Sebbene Aparia venga mostrato come un personaggio crudele e sciocco nel suo spietato desiderio di vendetta, le sue argomentazioni sono corrette. Pratt, infatti, fa pronunciare gli stessi concetti in maniera estremamente simile a un altro indio, questa volta personaggio totalmente positivo, nella storia Nonni e fiabe. Gli stessi jivaro, d’altra parte, dimostrano di non condividere la crudeltà di Aparia, ma di considerare l’uccisione dei bianchi l’unica risposta possibile per continuare a sopravvivere.

Insomma, questa volta il bianco Corto Maltese si trova dalla parte della barricata in cui la storia ‘reale’ lo avrebbe posizionato, nonostante le sue idee politiche: quella del rappresentante dell’imperialismo occidentale. Questo, infatti, è il ruolo che, per quanto lo disgusti, effettivamente assume nel momento in cui si dimostra eroe infallibile e insostituibile, senza il quale, come nel caso di Samba con Tiro Fisso, le ribellioni fallirebbero.

Hugo Pratt sembra, insomma, ben consapevole delle enormi contraddizioni presenti nelle sue narrazioni, ma invece di ignorarle le fa diventare motivo di fascino, rendendo il suo protagonista un incomprensibile mistero. Nel caso di Teste e funghi, poi, sembra volerle risolvere, per una volta, abbracciando uno dei possibili poli della contesa: quello della lotta antimperialista, anche se ciò significa la morte del suo protagonista. Questa, tuttavia, sarebbe insostenibile e rappresenterebbe la fine della sua narrazione: non gli resta perciò che narrarla come un sogno, un’ipotesi irrealizzabile, perlomeno all’interno della sua opera. Corto Maltese e i suoi misteri si sono salvati ancora una volta, insomma. E la lotta dei jivaro contro l’uomo bianco? Beh, quella è un’altra storia.

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