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RecensioniNovitàLegione, il supereroe mutante schizofrenico con il freno a mano tirato

Legione, il supereroe mutante schizofrenico con il freno a mano tirato

La premessa su cui si basa X-Men: Legion è tanto cristallina quanto riassumibile in un assioma che fa della spietatezza la sua ragione d’essere: tutte le serie di supereroi sono una scemenza. Potete cambiare le carte in tavola quanto volete – megaeventi, superproblemi per superpoteri, reboot allineati con le ultime tendenze – ma nella stragrande maggioranza dei casi a cosa ci si riduce? A una stringa infinita di combattimenti e scazzottate, destinate a non produrre nessuna significativa evoluzione dello status quo. E questo perché chi ne è direttamente coinvolto non ha nessuna intenzione di modificare questo andazzo di una virgola, sia che la si guardi dal punto di vista dei personaggi che da quello che dei lettori. A tutto il dinamismo che vediamo impresso in maniera quasi pornografica sulle pagine corrisponde una soporifera stasi degli eventi. Nulla cambia mai, i cattivi non possono mai essere neutralizzati del tutto e c’è bisogno di una qualsiasi minaccia per dare senso all’esistenza di eroi mascherati farciti di discutibili gadget.

Senza qualche folkloristico arcinemico da menare, a cosa possono mirare i supereroi? Se va di lusso, alla depressione. L’hanno dimostrato opere lontanissime come Watchmen o persino il recente Lego Batman. Ed è questo il motivo per cui nessuno di questi paladini vuole davvero cambiare il mondo. E ad essere onesti, non è che si dovrebbe pretendere molto di più. Diamo un’occhiata ai nostri campioni. Rimanendo in ambito mutante, potremmo mettere sul piatto il tizio che spara laser dagli occhi o quello super-intelligente ricoperto di pelo blu. Cosa potremmo aspettarci da soggetti simili? Minacce sventate all’ultimo secondo e cattivoni sbattuti in qualche bizzarra cella di isolamento, non certo una società più giusta.

Leggi anche: Legion, la perversione di essere mutanti

x-men legion

Ed è più o meno a questo, desolante, punto che entra in ballo Legione. Un tizio dalla pettinatura improbabile dotato di circa duecento poteri tra il catastrofico e l’apocalittico. Piccolo particolare: il Nostro ha anche altrettante personalità – una per ogni capacità sovrumana – in costante lotta per il controllo della sua testa. Che di suo non è comunque stabile, visto il devastante rapporto che David ha con il padre Charles Xavier. Fondatore di quegli X-Men definiti nel volume come «sgraziati, rozzi, stupidi». Eppure, dopo aver generato caos e distruzione per tutta la sua storia editoriale – vi ricorderete di L’Era di Apocalisse, evento editoriale anni Novanta per eccellenza – e dopo essersi preso un periodo di pausa in qualche sperduto tempio cinese, pare che il ragazzo abbia le idee più chiare: aggiusterà il mondo. E per una volta penserà persino di farlo senza uccidere nessuno.

Addio X-Men e puerili battaglie in costumini attillati, è giunto il momento di lasciare spazio a qualcuno davvero in grado di fare la differenza. Anche se si tratta di uno schizofrenico incapace di relazionarsi con la vita reale. Fragile come il cristallo eppure tronfio ed egomaniacale, dotato di enorme talento eppure insicuro e incapace di controllarsi. Desideroso di fare tantissimo per gli altri eppure bisognoso di essere sempre al centro dell’attenzione. Insomma, un personaggio coi fiocchi, di quelli per cui l’aspetto fantastico è solo un pretesto per rendere ancora più evidenti aspetti umanissimi che tutti conosciamo. Non è un caso se uno showrunner affermato come Noah Hawley abbia deciso di trarci una nuova serie tv (tenendo comunque a chiarire quanto abbia preso le distanze dal materiale originale).

Se avete accumulato un numero sufficiente di letture saprete benissimo cosa implichino personaggi così complessi e stratificati: autori altrettanto complessi e stratificati. Simon Spurrier è uno scrittore di grande esperienza chi qui svolge il suo compito in maniera ineccepibile, dando vita a una serie davvero godibile ma che scalfisce solo la superficie di quello che sarebbe potuto essere. Gli sviluppi più attinenti al genere – comparsa del cattivone, piano malvagio, scazzottata, risoluzione – sono soddisfacenti e sicuramente più raffinati della media, ma nulla più. La maggiore attenzione dello scrittore va nella definizione di freak di Legione, ed è lì che si vede dove la serie avrebbe potuto brillare appieno. Il suo rapporto con Ruth Aldine (Blindfold) è qualcosa di davvero speciale, forse la cosa migliore di tutto il volume. Una tenera storia d’amore – molto adolescenziale – tra un pazzo schizoide con enormi complessi e una telepate cieca, con un orribile passato e un sacco di problemi. Due entità potentissime destinate a vivere nell’ombra dei soliti, mediocri, primi della classe solo per colpa delle loro particolarità/doni/maledizioni.

Nel documentario prodotto da David Lynch My Beautiful Broken Brain seguiamo il percorso di una giovane donna inglese mentre cerca di riprendere possesso del proprio cervello dopo un terribile ictus. In seguito alla malattia la sua visione del mondo è – letteralmente, visto che vede certe cose al posto di altre – cambiata. Durante il suo percorso per rimettere in sesto la sua percezione della realtà scopre di non poter tornare indietro e che l’accettazione della sua nuova condizione sia la chiave per accedere a qualcosa di unico. Ecco, la storia d’amore tra Legione e Blindfold funziona esattamente allo stesso modo. Accettarsi nella propria singolarità e sfruttarla appieno per la propria felicità.

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Per mettere su carta un’intuizione tanto delicata, la Marvel ha cercato di far quadrare il cerchio affidando le matite a Tan Eng Huat e Jorge Molina, due ottimi disegnatori dal gusto vagamente barocco. Uso la parola “cercato” perché anche qui – come nella sceneggiatura – lo sforzo è stato apprezzabile ma non sufficiente. Si avverte la volontà di fare qualcosa di più di un semplice titolo di supereroi mutanti, temendo al contempo di premere troppo sull’acceleratore. I due disegnatori sono abili, riescono a non soffocare sotto il muro di parole di Spurrier e la narrazione procede spedita e ben congegnata, ma mancano del tutto gli squarci visionari che una simile serie richiederebbe. La loro personalità è davvero troppo labile per un personaggio che ne ha addirittura duecento. Ottima la propensione di entrambi i disegnatori a insistere sui tratti grotteschi dei volti, ma è ancora troppo poco per trasportarci dentro la testa matta di David. Avevamo richiesto un J.H. Williams III e invece ci troviamo due professionisti che farebbero faville su di una serie normale, ma che qui ingolfano ulteriormente un motore costretto dal freno a mano tirato.

Il confronto con le magnifiche cover di Michael Del Mundo è davvero impietoso. L’illustratore filippino si dimostra l’interprete perfetto delle ossessioni di Legione e ne cattura grandezza e follia con idee sempre più strampalate di numero in numero. Attraverso le sue visioni, il mondo del nostro protagonista non è mai stato più vicino. Una sorta di eterno carnevale fluido e lisergico, dove tutto finisce per mischiarsi in un guazzabuglio iperstimolante. Non si capisce, da questo punto di vista, l’idea di Panini Comics di selezionare una variant cover di Kaare Andrews, invero piuttosto bruttarella, come copertina per l’edizione italiana. Unico altro interprete all’altezza si dimostra essere Adrian Alphona – anche lui convocato per una variant – che opta per una visione più favolistica ma altrettanto suggestiva di Xavier Jr. Fate e fatine, creature pelose e polipi riempiono il suo contributo, tutto giocato su colori tenui e un tratto finissimo. In entrambi i casi la voglia di allontanarsi il più possibile da certi cliché del genere è forte, a dimostrazione di come il potenziale per una grande serie – non per forza di supereroi – ci fosse tutto. Vedremo nei prossimi volumi se le cose saranno destinate a cambiare.

X-Men: Legion vol. 1
di Simon Spurrier, Tan Eng Huat e Jorge Molina
Panini Comics, 2017
200 pagine a colori, € 18,00

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