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‘Insegnare il fumetto ai bambini fa bene, a tutti’. I nuovi progetti Canicola

Canicola Edizioni, che da oltre dieci lavora nel campo del fumetto indipendente e di ricerca, si prepara a una nuova stagione. Dopo una lunga progettazione, infatti, si avvicina il debutto di una nuova collana, destinata a un pubblico lontano dal catalogo storico del piccolo, ma caparbio, editore bolognese: i bambini. Una collana che offrirà produzioni originali, create da autori sia italiani che stranieri.

Un sasso nel mare, per il mercato italiano, che da lungo tempo soffre di una produzione piuttosto ‘anemica’ per questo pubblico. Le esperienze più significative, infatti, sono poche e raramente focalizzate davvero sui “bambini”: Disney, San Paolo e la recente linea Bonelli Kidz puntano a un pubblico più intergenerazionale, “da 7 a 77 anni”; collane librarie come Tipitondi (Tunué) o BaBao (Bao Publishing) e marchi come ReNoir lavorano al confine tra il target bambini e quello preadolescente, privilegiando più spesso il secondo; stesso ragionamento per diversi editori di libri illustrati, da Orecchio Acerbo a Topipittori a ilCastoro, molto attivi nel picture book per bambini ma poco nel fumetto per questo pubblico.

La collana, intitolata Dino Buzzati (in onore dello scrittore), debutterà alla Children’s Book Fair di Bologna (3-6 aprile), con un libro di Martoz intitolato La mela mascherata e in seguito con un volume dell’autrice tedesca Sophia Martineck, rilettura contemporanea a fumetti del classico dei fratelli Grimm Hansel e Gretel. Degli obiettivi e delle motivazioni di questo progetto abbiamo discusso con Liliana Cupido, editrice del marchio insieme a Edo Chieregato. Una occasione per ripercorrere anche una serie di attività parallele a quella editoriale (tra cui il decimo numero della rivista ‘Canicola’ nel 2011), tra formazione e attivismo sociale, con cui da qualche tempo l’etichetta è impegnata proprio nei confronti dei “piccoli lettori”.

Leggi le prime pagine in anteprima da La mela mascherata di Martoz

Dopo l’esperimento del numero speciale della rivista Canicola dedicato ai bambini, e in parallelo alle iniziative di formazione, siete arrivati a integrare i bambini nella vostra linea editoriale. Quali caratteristiche vuole avere la collana Dino Buzzati?

L’antologia “Canicola bambini” aveva l’obiettivo di dimostrare come autori con uno stile e un immaginario ‘forte’ potessero proporre storie per bambini. Il risultato è stato buono, magari non del tutto a fuoco rispetto a un target specifico, ma ciò che più ha contato è stata l’assenza di un filtro forzato nei confronti dell’infanzia. Alla luce di quell’esperimento abbiamo iniziato a riflettere sulla possibilità di un progetto specifico e più strutturato. Siamo partiti l’anno scorso con attività di pedagogia ogni volta diverse e ora partiamo con una collana editoriale aggiungendo la nostra voce a quei pochi editori in Italia – e non solo – che in questo momento portano avanti una linea editoriale per bambini.

L’idea alla base della collana è quella di continuare a coinvolgere principalmente autori “per adulti” la cui capacità visionaria possa misurarsi con la narrazione per l’infanzia. Generando suggestioni uniche e punti di vista sul mondo in direzione di una complessità interpretativa senza stereotipi o banalizzazioni. Ci interessano storie che “facciano perdere le coordinate” ma(uso una espressione di Marino Neri), ovvero in cui lo stupore e la curiosità diventino la base per coltivare il piacere della lettura. Potranno essere interpretazioni di classici o storie inedite. Tra i primi due libri c’è un Hansel e Gretel, una fiaba che è per noi un omaggio a una rappresentazione dell’infanzia diventata icona, complessa e stratificata. E abbiamo scelto la tedesca Sophia Martineck perché nel suo segno elegante, e al contempo duro e perentorio, abbiamo visto una sintonia perfetta con le atmosfere inquietanti e gli affreschi luminosi della fiaba dei Grimm.

Martineck hansel gretel.jpg

Nel caso del libro di Martoz, invece, è stata la freschezza e l’ironia intrinseche del suo disegnare a farci immaginare una sua opera per bambini. Nell’ideazione del progetto insieme al festival “Saluti da Cotignyork”, la forza del segno e il suo ‘rialzo’ nell’uso del linguaggio fumettistico ci sono sembrati elementi importanti da cui partire. L’autore si è misurato con il terreno della narrazione per ragazzi dando vita a un’opera bizzarra, alla Monty Python, con trovate comiche che rimandano un po’ alla tradizione italiana con echi alla Jacovitti, e un po’ a certo immaginario pop contemporaneo, in primis Adventure Time. I due libri sono indirizzati a fasce di età diverse: mentre Hansel e Gretel è adatto a una lettura autonoma da 6 anni in su (e a una lettura guidata già dai 4 anni), per La mela mascherata immaginiamo lettori a partire da 9 anni.

I bambini non sono certo, oggi, un pubblico particolarmente sensibile al fumetto. Almeno così sembra dire il mercato. Ma qual è l’attenzione che mostrano, una volta coinvolti, verso questo linguaggio e le sue risorse? 

Questa domanda mette in gioco due nodi fondamentali del discorso: la diffusione e ricezione del fumetto per bambini da parte del pubblico, e la qualità dei contenuti. Il problema dell’assenza del fumetto all’interno della programmazione scolastica in Italia è a dir poco disarmante. Il fumetto per bambini non passa nelle scuole e passa raramente nelle famiglie (per lo più nella forma di albi Disney), laddove la narrativa e l’albo illustrato hanno una collocazione e una funzione molto più precisa. Da questo dato non si può prescindere per una riflessione sulla sensibilità rispetto al linguaggio da parte dei più piccoli. Se proponiamo loro buone storie, l’interesse verso il fumetto diventa fortissimo e il desiderio di possedere i libri che raccontiamo è immediato.

Questo discorso vale per autori, tipologie di racconto e stili i più diversi. I bambini comprendono la raffinatezza degli stili di Clowes, Burns, Mazzucchelli, Loustal, quando presentiamo loro alcune storie brevi di Little Lit (a cura di Spiegelman e Mouly); ma vanno matti anche per Piccolo Vampiro e Sardina dello spazio di Joann Sfar, entrando completamente in sintonia con i protagonisti e godendo della sporcatura del segno e dei guizzi ironici che li caratterizzano. Un libro come Il Re Rosa di David B. li paralizza per la forza del racconto, delle immagini e del lessico usato. E ancora si entusiasmano all’ironia e alla tenacia del protagonista in Timothy Top di Gud, che da buon sognatore di imprese eroiche è convinto che 1 + 1 faccia “il DUO INVINCIBILE”.

Poi ci sono le storie in cui i bambini si immedesimano in una realtà quotidiana fatta di amici, famiglia, litigi e innamoramenti. Solo per citarne alcuni: Ariol di Boutavant, Gli anni Sputnik di Baru, La Stefi di Nidasio, Jane, la volpe & io di Arsenault e Britt, Chi ha paura della volpe cattiva?, Sorelle di Telgemeier Sono tutti libri che permettono di riflettere sulla sfera delle emozioni e mostrano come sia possibile raccontare di sé in maniera articolata attraverso il fumetto, dove un’inquadratura, un’onomatopea o l’uso del colore possono contribuire alla resa di una precisa sfumatura emotiva. Dal quotidiano al fantastico, i bambini hanno presto chiaro che con il fumetto si può raccontare anche l’impossibile, e quando li conduciamo dal delicato e bizzarro mondo dei Mumin di Tove Jansson al surrealismo iperdettagliato di Mr. Ubik e Martedì di David Wiesner, fino all’ironia grottesca di A cena dalla regina di Rutu Modan, i loro occhi “fuori dalle orbite” sono il segnale di un obiettivo raggiunto. Non c’è nessun tipo di pregiudizio o difficoltà di fruizione nei confronti del fumetto da parte dei bambini, dal momento in cui lo si coltiva e promuove. C’è un approccio curioso, profondamente aperto alla lettura e all’ascolto della complessiva ricchezza del suo vocabolario. Rotta la barriera del silenzio oserei dire che i bambini diventano “ipersensibili” nei confronti di questo linguaggio.

canicola logo hansel gretel

Nonostante sia poco (o nulla) promosso da scuole e insegnanti, l’insegnamento del fumetto ai bambini continua a diffondersi, anche in Italia. Quali sono state, finora, le vostre esperienze principali?

Con “Canicola bambini” ci siamo aperti a dialoghi ed esperienze in cui portiamo il fumetto in situazioni non deputate e sperimentiamo modalità “camaleontiche” di rapporto tra linguaggi, facendo leva sulle sue potenzialità in termini di duttibilità e adattabilità. Come potrebbe il fumetto, ad esempio, mettersi in relazione con il teatro di ricerca in maniera plausibile per dei bambini? A Santarcangelo Festival di Teatro abbiamo lavorato su una performance rivolta agli adulti – Natten – del norvegese Mårten Spångberg. Dopo aver immerso i bambini nell’universo concettuale dello spettacolo e nella creazione di un contesto narrativo in cui inserire gli elementi della performance, i danzatori sono stati osservati da vicino, vicinissimo, in un rapporto uno a uno con i bambini partecipanti, e trasformati in personaggi di fumetti a partire dal loro muoversi e agire in scena. Guardare le cose attraverso il fumetto, come filtro pedagogicamente prezioso sulle esperienze e su altri linguaggi artistici, come disciplina creativa, che razionalizza un vissuto mettendolo su carta con strumenti semplici e immediati.

Con lo stesso presupposto di base, ma in maniera ancora più immersiva e dilatata nel tempo, insieme al Teatro Comunale di Bologna abbiamo lavorato sul rapporto tra opera lirica e fumetto, aprendoci a prospettive davvero imprevedibili rispetto alla scoperta di legami possibili tra i due linguaggi. In parallelo a queste modalità più sperimentali di laboratorio, portiamo avanti percorsi di alfabetizzazione al linguaggio basati sulla pedagogia delle storie, con una metodologia che ho avuto modo di costruire e sperimentare durante la mia esperienza all’interno di Hamelin e in più di dieci anni di laboratori nelle scuole. Parliamo di fumetto e delle sue specificità attraverso la proiezione di immagini e il racconto delle storie di cui fanno parte. In questo modo gli elementi del fumetto non si riducono a puri aspetti tecnici, ma godono del respiro della narrazione e vengono interiorizzati con un maggiore coinvolgimento.

rigoletto barbiere siviglia canicola

Quali sono state le peculiarità del progetto su Il Barbiere di Siviglia e Rigoletto?

Con il Teatro Comunale di Bologna abbiamo inaugurato un anno fa questo progetto sperimentale di alfabetizzazione all’opera lirica attraverso il fumetto, creando un vero punto d’incontro tra due linguaggi distanti. Lo scopo era finalizzato non solo a realizzare una versione a fumetti dell’opera, ma ad offrire un percorso interattivo di interiorizzazione e rielaborazione personale da parte dei bambini degli elementi portanti di entrambe le forme artistiche. Durante gli incontri abbiamo raccontato storie, mostrato libri, video, ascoltato musica, siamo partiti da cartoni animati per loro familiari per arrivare al cuore dell’opera lirica, e in parallelo abbiamo disaminato il linguaggio fumetto in tutti i suoi ingredienti. I bambini de Il barbiere di Siviglia hanno assistito alle prove dell’opera con un inaspettato e profondo coinvolgimento, mentre i ragazzi al lavoro su Rigoletto hanno incontrato il regista e goduto di un’intera mattinata a loro dedicata per un’immersione nella storia e un’esplorazione del Teatro in tutti suoi angoli. In entrambi i casi i bambini si sono appassionati all’universalità dei sentimenti cantati, alla concitazione delle azioni, al crescendo musicale e del canto, al fascino degli scenari e dei costumi. Poi il piacere del “fare” legato al disegno e al racconto li ha portati a diventare autori… Sono nate così le due pubblicazioni, Il barbiere di Siviglia e Rigoletto a fumetti, che raccolgono i loro lavori.

I vostri progetti includono attività più tradizionalmente espressive e altre in contesti sociali più difficili, il cui scopo non si ferma alla creatività. Che genere di risultati consente di raggiungere il fumetto, a tuo avviso, quando interviene per offrire nuove esperienze di racconto ma anche di socializzazione in ambiti particolarmente complessi?

In generale, senza determinare alcuna differenza tra un contesto e l’altro, penso che la pratica del racconto di sé attraverso parole e immagini sia la disciplina pedagogica più preziosa. Il fumetto ha una fortuna: permette di affrontarla fin dall’infanzia, con un esercizio ad autoesprimersi, anche quando si toccano terreni di complessità e disagio, attraverso strumenti che intrinsecamente possono essere considerati ludici.

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