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Dentro il ritmo degli eventi e dei segni

Gran parte delle storie contenute in fumetti romanzi film racconta di uno o più protagonisti che cercano di ottenere qualcosa: un tesoro nascosto, la verità su un delitto, la pace interiore, l’amore – o magari semplicemente la sopravvivenza in una situazione pericolosa. Il lettore si identifica con questa ricerca, che diventa il motivo per cui si rimane attaccati alla lettura, o alla visione. Il percorso del lettore è un percorso passionale, che ha qualcosa in comune con quello che viviamo nella nostra vita di tutti i giorni; ma qui è un percorso mediato, condotto, esemplare. Rimaniamo attaccati alla storia perché vogliamo sapere come va a finire: se il protagonista riuscirà o fallirà, e come ci riuscirà o come fallirà. Se qualcuno ci rivelasse in anticipo come va a finire lo odieremmo, lui e il suo spoiler, perché ci toglierebbe il gusto del non sapere, e quindi del patire insieme con i personaggi, ignorando insieme a loro cosa deve ancora accadere.

mattotti ghirlanda

Ci sono però storie (romanzi, racconti, fumetti, film) che reggono benissimo l’eventuale anticipazione. Potete sapere già come va a finire (vi hanno raccontato tutto, l’avete già letto o visto…) e la storia vi coinvolge lo stesso. Non siete trascinati insieme con i protagonisti nella loro vicenda; voi siete come un dio che sa già tutto, o almeno che sa che cosa deve accadere. Eppure siete ugualmente appassionati.

Evidentemente, il testo che state leggendo o guardando vi dà ugualmente qualcosa, come quando ascoltate una canzone per la centesima volta e vi piace lo stesso: non c’è il problema di “come va a finire” eppure vi sentite coinvolti, appassionati. O anche quando ascoltate un brano di musica più complesso di una semplice canzone: il problema del “come va a finire” non è proprio in gioco, eppure state lì ad ascoltare, magari ugualmente appassionati.

Funzionano un po’ così miti e leggende: magari li conoscete già, o magari no, ma assomigliano a un altro che conoscete e non è difficile capire cosa succederà. Eppure, qualche volta, ripercorrerli è ugualmente magico. Altre volte invece no. In che cosa sta la differenza? Potremmo dire, genericamente: nel modo di raccontare. E il modo di raccontare potrebbe essere definito come un modo per recuperare l’interesse di qualcosa di già noto facendocelo apparire sotto aspetti diversi, aspetti ignoti. Un bravo narratore, insomma, a parole così come per immagini, è in grado di farvi vibrare e penare anche per una vicenda che conoscete già. Sapete come andrà a finire, ma non sapete che cosa vi aspetta al prossimo passo, e, soprattutto, questi prossimi passi arrivano uno dopo l’altro un po’ come gli sviluppi di una melodia musicale, con un ritmo che vi trascina.

ghirlanda 0

Funziona un po’ così anche Ghirlanda, di Lorenzo Mattotti e Jerry Kramsky. Mattotti è recidivo: l’aveva già fatto qualche anno fa con Chimera. Tuttavia, a differenza che in Chimera, una storia in verità stavolta c’è, e c’è anche qualche sorpresa verso la fine, ma siccome si tratta evidentemente di una favola, il lieto fine è canonicamente atteso, e infine rispettato. Un po’ di tensione narrativa normale, quella che si potrebbe spoilerare, in fin dei conti è presente. Eppure non è davvero l’incertezza sul futuro di Ippolito e Cocciniglia a mandarci avanti, pagina dopo pagina.

Il bello, direi, è qui di due tipi.

Da un lato c’è la continua sorpresa per le invenzioni narrative: i luoghi fantastici, i personaggi imprevedibili, le situazioni inconsuete… Trattandosi di una favola, ambientata in un mondo del tutto immaginario (il paese dei Ghir, creature paraumane, con tutti i nostri stessi sentimenti ma un aspetto fisico lievemente diverso) l’invenzione virtualmente non ha limiti. Basterebbe, a rendere affascinante la lettura, la carrellata di creature e ambienti che si succedono, con tutti gli eventuali agganci letterari che ciascuna di queste invenzioni nasconde (il libro è dedicato al ricordo dei Moomin, di Moebius e di Fred – ma ci si può trovare moltissimo d’altro).

E dall’altro lato c’è il disegno di Lorenzo Mattotti: questa stupefacente magia per cui sottili linee di pennino costruiscono evocazioni di mondi, e ogni immagine è un piccolo gioiello di suggestioni. Così, alla magia delle situazioni narrative (i luoghi, le creature…) si aggiunge quella delle continue evocazioni visive prodotte dalla semplice qualità del segno grafico. E sembra quasi di vedere i colori, qua e là, in questo essenziale bianco e nero. Alla fine, l’effetto è quello di un film che scorre: le immagini si trasformano le une nelle altre, con una fluidità trascinante, con un dinamismo continuo.

mattotti ghirlanda

Eppure si tratta di una storia a fumetti, e il suo apparente scorrere è fatto di disegni immobili, con il vantaggio che li si può anche osservare a lungo, uno per uno, magari perdendosi dentro ciascuno, nelle profondità evocative create dal pennino, e dalla singolarità di ciò che esso delinea.

Rispetterò la regola e non rivelerò come Ghirlanda va a finire. Il problema, inevitabilmente, è che va a finire che finisce, mentre, quando si arriva a quel punto, ci scopriamo per niente soddisfatti: siamo entrati così bene in questo flusso, in questo ritmo di evocazioni, in questa musica di eventi, che vorremmo che proseguisse, che continuasse a cullarci ancora a lungo.


Daniele Barbieri è tra i principali studiosi del fumetto in Italia. Semiologo di formazione, si occupa in generale di comunicazione visiva, ma anche di poesia e di musica. Insegna presso l’ISIA di Urbino, l’Accademia di Belle Arti di Bologna, lo IUAV di S.Marino. Tra i principali volumi pubblicati: Valvoforme valvocolori (Idea Books, 1990), I linguaggi del fumetto (Bompiani, 1991), Nel corso del testo (Bompiani, 2004), Breve storia della letteratura a fumetti (Carocci, 2009, nuova ed. 2014), Il pensiero disegnato (Coniglio, 2010), Guardare e leggere. La comunicazione visiva dalla pittura alla tipografia (Carocci, 2011), Il linguaggio della poesia (Bompiani, 2011), Maestri del fumetto (Tunuè, 2012). Il suo blog è: Guardare e leggere.

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