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RecensioniNovità"The Dregs", il cannibalismo della gentrificazione

“The Dregs”, il cannibalismo della gentrificazione

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

Per la prima volta dopo trentasette settimane senza sosta, venerdì scorso questa rubrica ha saltato un appuntamento (per ragioni di salute), ma in questa sfida Man vs. Comics non ci diamo vinti tanto facilmente e, dopo i consueti bonus, troverete considerazioni sui fumetti americani usciti la scorsa settimana.

dregs black mask

Riassunto per sommi capi, The Dregs, pubblicata da Black Mask e conclusasi con il quarto episodio mercoledì, è una storia di gentrificazione vissuta dal punto di vista degli homeless, che si trovano così non solo senza più una casa ma pure senza un quartiere, il tutto condito di paranoia, droga e cannibalismo. Roba che si potrebbe archiviare alla voce exploitation, come altro materiale pubblicato dalla casa editrice.

La realizzazione però è decisamente sopra la media dell’editore, sia per i testi scritti a quattro mani da Zac Thompson e Lonnie Nadler, sia per i disegni di Eric Zawadki colorati da Dee Cunniffe. Visivamente si avverte l’influenza di autori argentini come Eduardo Risso e Leandro Fernández, per il tratto semplice e la pienezza di dettagli.

In particolare il primo numero, un po’ più curato dei successivi, è fittissimo di vignette e ricerca continuamente soluzioni diverse, passando dalla griglia a 3×3 di Watchmen a tavole dove le scene si fondono l’una all’altra senza la divisione, il tutto attraversando molti altri schemi formali. Il disegno poi non abusa delle ombre – che hanno tagli molto ampi e netti ma solo nelle sequenze appropriate – e di altri effetti grafici per coprire lo sfondo e anzi immerge pressoché continuamente il protagonista nell’ambiente urbano, perché quella di The Dregs è prima di tutta una storia su Vancouver.

dregs black mask

Il senzatetto protagonista, cercando un amico scomparso, crede di scorgere i segni di una sorta di cospirazione, di cui ritiene colpevole un politico. Quando lo accusa pubblicamente si ritrova presto senza i pochi beni che aveva accumulato negli anni nel suo rifugio di cartone, da cui salva però una copia di Il lungo addio di Raymond Chandler (scelta non casuale tra i vari romanzi di Chandler, perché anche qui tutto nasce dalla ricerca di un amico). La rilegge ossessivamente, come se le indagini di Marlowe nascondessero la chiave per la sua investigazione. Gli appare perfino un’enigmatica donna fatale, che il lettore un minimo smaliziato riconoscerà subito come una proiezione della propria mente, non per questo però meno incisiva nelle sue parole.

dregs black mask

Il protagonista comunque non è un detective e neppure un giornalista, dunque anche se in qualche modo viene a capo di alcune manovre criminali non ha mezzi per denunciarle né contrastarle. Soffre letteralmente di un deficit di linguaggio, che gli impedisce di dare ordine ai propri pensieri. Similmente, il fumetto si lascia scivolare nel caos di sequenze allucinate, che solo nel racconto inoltrato ritrovano un rigore formale.

dregs black mask

Una miniserie dunque capace di spostarsi tra diversi registri, a tratti horror a tratti lisergica e a tratti letteraria e noir, che mantiene sempre una chiara prospettiva politica, priva di facili consolazioni dalla disperazione che la attraversa. Tanto che il momento paradossalmente più leggero è la foto posta in chiusura, dalla serie Off Hours di Thanh Nguyen, una fotografa di Vancouver, dove sono ritratti vari clochard che occupano il proprio “tempo libero”.

secret weapons valiant comics

Bonus: Secret Weapons, la nuova miniserie Valiant scritta da Eric Heisserer, ossia lo sceneggiatore di Arrival, e disegnata da Raúl Alléen e Patricia Martín, racconta di alcuni nuovi giovani Psiot – più o meno l’equivalente Valiant dei mutanti Marvel, ma con poteri che devono essere attivati con pericolose e dolorose operazioni. Si tratta di ragazzi dalle capacità ritenute inutili da Toyo Harada (il protagonista di Imperium) e dunque abbandonati al loro destino, che sembra quello di prede visto che una misteriosa creatura, generata da tecnologia aliena, dà loro la caccia. A proteggerli interviene Livewire, una delle eroine più presenti dell’universo Valiant, ma la sua comparsa è per fortuna secondaria, mentre i protagonisti sono ragazzi rimasti senza nulla e con poteri più o meno bizzarri, inutili o dannosi (uno di loro viene introdotto mentre perde il lavoro).

secret weapons valiant comics

Una di loro sa parlare con gli uccelli, vive su un tetto ed è dotata anche di un’agilità quasi sovrumana, ma insufficiente per non essere braccata dalla creatura aliena. È negli inseguimenti che il team artistico dà del proprio meglio, con i ragazzi che cercano di tenere alla larga un mostro inarrestabile.

Più in generale Secret Weapons è un fumetto figlio dell’Iron Fist di Aja, con tavole fitte di vignette e perennemente in cerca di una struttura articolata, che spesso ricorre a strisce da quattro intercalate a quadri più grandi. Soluzione che si presta sia al montaggio alternato sia a seguire lo sviluppo dell’azione con un intenso ritmo visivo.

Batman Elmer Fudd

Bonus 2: Insieme a The Brave and the Mold, di cui abbiamo parlato il mese scorso, lo special fuori serie Batman – Elmer Fudd (ossia il cacciatore Taddeo dei Looney Tunes), è la miglior storia dell’Uomo Pipistrello finora scritta da Tom King.

Disegnata da Lee Weeks e colorata da Lovern Kindzierski, fa parte di una serie di crossover tra personaggi DC Comics e personaggi Warner Bros. Animation, che stanno venendo pubblicati in queste settimane. Qui King gioca a realizzare un pastiche noir, dove la parlata con zeppola del protagonista rende da subito divertenti i serissimi voice over in stile hard-boiled, basti a tal proposito citare il titolo Pway for me dove la W va sostituita con una R, ma a volte può invece stare per L (in bocca al lupo ai traduttori!).

batman elmer fudd

Ci si aggiunga l’ossessione di Taddeo per il “coniglio”, ossia un modesto criminale che si rivela però abile ad aggirarlo (proprio come Bugs Bunny), e non manca nemmeno la femme fatale di turno, che collega la faida tra i due a Batman. Bruce Wayne è qui un duro invaghito della bellezza mozzafiato e le sue didascalie in voice over fanno da controcanto a quelle di Taddeo.

Può apparire uno spreco che tanto talento – soprattutto considerata la lentezza di Weeks come disegnatore e quindi la rarità dei suoi fumetti – sia speso per un’idea così bizzarra, ma a conti fatti è invece un piccolo gioiello, ricchissimo oltretutto di citazioni per gli esperti dei cartoon, di cui qui trovate una guida.

LA SCORSA SETTIMANA

spiderman zdarsky

Tra le cose degne di nota si sono concluse ben tre serie e ne è partita una molto attesa. Partiamo da quest’ultima: Peter Parker: The Spectacular Spider-Man di Chip Zdarsky, Adam Kubert (almeno per i primissimi numeri) e Jordie Bellaire. Mentre su Amazing Spider-Man Dan Slott sta (malamente) raccontando di un Uomo Ragno preso da intrighi internazionali e a capo delle Parker Industries, qui l’intento è di riportare il protagonista alla più familiare New York, giusto in tempo per l’uscita di Spider-Man: Homecoming al cinema.

spectacular spider-man zdarsky1

Abbiamo così di nuovo un arrampicamuri spiritoso, che frequenta la Torcia Umana e si infila in guai più grandi di lui, equipaggiato oltretutto di un costume vecchio stile, che al posto di avere numerosi gadget ha pure dei problemi. Finisce così per incontrare il fratello buono di Fixer e una versione “nana” di Scott Lang, quindi parte per Chicago, ignaro che a New York sta arrivando… un personaggio che preferiamo non rivelare, ma che di certo segna un colpo di scena finale piuttosto inatteso.

Zdarsky è bravo con il tono umoristico e Kubert per ora è abbastanza in forma, ma se questa è una buona partenza bisognerà poi vedere quanto lunghe sono le gambe dell’intreccio (ricordiamo il pessimo finale dell’annual di Star-Lord sempre di Zdarsky) e quali saranno i disegnatori a venire. A ogni modo una serie decisamente benvenuta in un panorama di testate “ragnesche” a dir poco deprimente.

aliens defiance

Si è conclusa Aliens: Defiance con il numero 12, anche se nulla esclude che la serie di Brian Wood abbia poi una prosecuzione. La storia di una space marine che cerca di non consegnare uno xenomorfo alla Weyland-Yutani ha tenuto fino al finale, anche se disegni sono stati altalenanti: ottimi i numeri di Tristan Jones e di un Riccardo Burchielli davvero in grande forma, molto meno quelli di Tony Brescini.

La cosa più riuscita è il tratteggio psicologico dell’androide, che è vistosamente artificiale e molto diverso dal Fassbender di Prometheus. Peccato la Dark Horse non ci abbia creduto di più e non abbia valorizzato maggiormente il fronte grafico di questa serie, che così rimane un’opera dal potenziale sfruttato a corrente alternata e un po’ schizofrenica.

god country image comics

È terminata con il sesto episodio per Image God Country, scritta da Donny Cates, che per Dark Horse aveva firmato Ghost Fleet e Buzzkill, e disegnata da Geoff Shaw, a sua volta visto su Buzzkill. I due sono quindi un team affiatato, cui si aggiunge il colorista Jason Wordie, decisamente valore aggiunto di una serie che alterna scenari del Texas con mondi ultraterreni tra le stelle e il regno dei morti. Si racconta di un vecchio malato di demenza senile e alzheimer che il figlio sopporta a stento, mentre la moglie del figlio non sopporta più ed è in procinto di andarsene. Arriva però un tornado con dentro un enorme demone e il nonno lo elimina con una spada, che lascia una sorta di scia arcobaleno. L’enorme lama dona al vecchio nuova lucidità perché l’ha scelto come campione, ma il Dio che l’ha creata la rivuole indietro ed è pronto a scatenare i suoi figli: un’onorevole divinità della guerra e un’infida divinità della morte.

god country image comics

Tra battaglie incredibili e piccole scene famigliari, si dipanano così gli ultimi eroici gesti di un uomo la cui ritrovata ragione servirà a dire addio. La serie è soprattutto uno spettacolo grafico, appena coeso da un mélo famigliare che cerca, senza troppo successo, di raccontare anche una storia umana. Consigliato soprattutto ai ragazzi e alle anime semplici.

The Old Guard

Con il quinto episodio si ferma per ora The Old Guard, di Greg Rucka e Leandro Fernádez per i colori di Daniela Miwa. Qui un gruppo di mercenari pressoché immortali (semplicemente non è ancora arrivata la loro ora, che alcuni aspettano da diverse centinaia di anni) si ritrova coinvolto in una missione-trappola, cadono vittima di un doppio gioco e scoprono di avere un traditore tra loro. Il fatto che non possano morire li rende particolarmente nichilisti e, tra una sparatoria e l’altra, la serie definisce il loro passato, tenendo per ultima la vera età della protagonista Andy. Immancabile poi la neo-immortale che entra nel gruppo e obbliga così gli altri a dare qualche spiegazione, poche però perché in realtà anche loro non sanno la ragione della propria condizione.

The Old Guard image comics

Questi cinque episodi, che si segnalano soprattutto per le tavole di Fernádez, sono purtroppo solo un prologo, inoltre lo stesso disegnatore appare in debito di ossigeno in alcune pagine dell’ultimo capitolo, tanto da comprometterne in parte la riuscita. I colori di Miwa marcano vistosamente le varie atmosfere, ma nel palazzo di Dubai dove ha luogo l’ultimo atto anche loro sembrano a tratti ridursi a semplici sfondi piatti e monocromatici. Di per sé la storia non è poi molto originale, una sorta di incrocio tra Wolverine, Wonder Woman e The Losers, che ha sicuramente del potenziale, rinviato però ai prossimi capitoli. Rucka aveva saputo essere ben più incisivo con il lancio di Lazarus ed è difficile non avere la sensazione, che in questo momento di ritrovato successo, stia scrivendo un po’ troppe cose,

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