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RecensioniNovitàLo spin-off di "Black Hammer" di Jeff Lemire e David Rubín

Lo spin-off di “Black Hammer” di Jeff Lemire e David Rubín

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

Sherlock Frankenstein black hammer

Ambientata prima del sesto episodio della serie madre Black Hammer, la miniserie in quattro numeri Sherlock Frankenstein and the Legion of Evil racconta i tentativi di Lucy Weber, la figlia di Black Hammer, di venire a capo del mistero della scomparsa del padre e degli altri eroi indagando sui loro storici avversari. In particolare cerca di scoprire che fine abbia fatto il più acerrimo dei super-nemici, il geniale e immortale Sherlock Frankenstein, scomparso dalle scene poco prima dell’arrivo dell’Anti-God sulla Terra e della sparizione degli eroi.

Lucy, che è una giornalista, si mette così in contatto con altri (ex)villain: il gigantesco Mectoplasm, ossia un fantasma (forse) di un bambino intrappolato in un enorme corpo robotico; l’inquietante Chtu-Lou, cioè un comune idraulico trasformato dal destino in un servo degli antichi dèi e quindi con la tuta da lavoro ma la faccia da calamaro, nonché una figlia che vuole farsi chiamare Chtu-Louise; e Metal Minotaur, che sotto la corazza robotica non è assolutamente quel che ci aspetterebbe. Immancabile poi l’incontro nell’ultimo numero con Sherlock Frankenstein in persona, che a sua volta però rivela indole e propositi di diversi da quel che Lucy si è preparata ad affrontare.

Sherlock Frankenstein black hammer

Come in Black Hammer il tono è quello della decostruzione del mito e così gli ex-criminali sono figure tragiche, magari persino ridicole come Chtu-Lou, ma pur sempre spettri di un passato che, in un mondo ritrovatosi senza eroi, sembra privo di senso. L’immortale Sherlock Frankenstein, in particolare, ricorda le fasi della sua vita come le ere del fumetto supereroico americano, dalla Golden Age alla Silver fino alla Bronze, con conseguente perdita del fascino che le scaramucce con gli eroi hanno avuto per lui, tanto da maturare la decisione di prendere una strada diversa.

Nel suo essere uno spin-off non essenziale per la lettura di Black Hammer, potrebbe deludere chi cercasse effettivi indizi sul mistero al cuore della serie, ma la finezza del tratteggio dei personaggi è accompagnata dallo storytelling al solito ricco e inventivo di David Rubín, che oltretutto si è sbizzarrito nel design dei vari villain, creando una rogue gallery classica e al tempo stesso originale.

Sherlock Frankenstein black hammer

La cosa graficamente più interessante è il contrasto tra i colori (dello stesso Rubín), che prediligono toni scuri a volte sbiaditi, tendenzialmente malinconici, e il disegno delle figure con una recitazione volutamente cartoonesca e quindi implicitamente ottimista, soprattutto per quel che riguarda la protagonista. Del resto Lucy è un faro di ideali virtuosi, che non perde la speranza in un mondo invece ridotto all’apatia, e Rubín riesce a trasmettere tutto questo senza neppure bisogno di appoggiarsi ai dialoghi.

Bonus 1: Moonstruck

Moonstruck image comics

Rimanendo al cartoonesco e all’ottimismo con personaggi femminili, non c’è serie che lo incarni meglio di Moonstruck, pubblicata da Image, firmata da Grace Ellis (Lumberjanes) e disegnata dall’esordiente Shae Beagle, che dal secondo numero cede progressivamente i colori a Caitlin Quirk. Si racconta qui di alcuni giovani che bazzicano intorno a un paio di coffee shop in un mondo popolato di creature fantastiche.

La protagonista è Julie, una licantropa, ma è timida e non ama trasformarsi in pubblico, inoltre sta corteggiando Selena, un’altra donna lupo, decisamente più disinibita. Il suo migliore amico è Chet, un centauro gay stracotto di Manuel, un minotauro. E poi ci sono Mark, un vampiro, e Lindi, una gorgone, che suonano insieme in una band ma litigano continuamente. Inoltre alcune giovani veggenti hipster gestiscono l’altro coffee shop.

Moonstruck image comics

Quando per il loro primo appuntamento Julie e Selena, accompagnate da Chet, assistono a uno spettacolo di magia, Chet si ritrova trasformato in umano, ossia per dirla con le sue parole “gli è stato rubato il culo”. Dacché tutti gli amici faranno il possibile per ritrovare il mago e cancellare il suo incantesimo, naturalmente mentre la relazione tra Julie e Selena si approfondisce.

Disegnato in un tripudio di rotondità e colori tenui, quasi i personaggi fossero morbidi pupazzi da abbracciare, raggiunge un livello di tenerezza a immediato rischio di diventare stucchevole. Purtroppo l’inconsistenza della trama di questo primo arco narrativo finisce per confermare l’impressione di un fumetto che punta alla carineria in modo sfacciatissimo ma che, oltre a qualche invenzione più o meno divertente, non ha poi molto da dire.

Bonus 2: X-O Manowar #11

x-o manowar

Entra nel vivo il nuovo arco narrativo della serie di fantascienza Valiant di Matt Kindt e ancora una volta cambia il disegnatore. Facciamo un passo indietro: i primi tre numeri hanno costituito l’arco Soldier e sono stati firmati da Tomás Giorello, cui è succeduto Doug Braithwaite per i tre numeri di General, quindi la qualità grafica (e pure narrativa) è precipitata con i tre capitoli di Emperor disegnati da Clayton Crain.

Il decimo episodio sarebbe formalmente il primo capitolo di Hunters, ma è una sorta di one-shot ed è disegnato da Renato Guedes con il suo nuovo stile pittorico, che risolleva il livello. Quindi eccoci all’undicesimo episodio e all’arrivo di Ryan Bodenheim, di cui avevamo già parlato in occasione di The Dying and the Dead di Jonathan Hickman. A tal proposito pensavamo quella serie andasse a rilento per via del disegnatore, ma a questo punto diremmo piuttosto che è stato Hickman stesso a lasciarla indietro.

x-o manowar 11

Tornando a X-O Manowar, il nuovo corso capitalizza sulle vicende precedenti e dopo aver raccontato l’ascesa di Arik, divenuto in modo quasi troppo lineare e suo malgrado imperatore di un mondo alieno, ora dimostra che non basta la guerra a portare la pace. Così si consuma il tradimento e vengono ingaggiati alcuni mercenari perché neutralizzino l’eroe e la sua armatura. A loro era stato dedicato il numero 10 della serie, che riusciva a dare la giusta gravitas a due tra i quattro figuri, mentre ora con Bodenheim si ritorna a seguire le gesta di Arik destinato a cadere in trappola e a cercare di uscirne.

Mentre i primi due disegnatori della serie, e per certi versi anche Guedes, hanno calcato il respiro fantasy epico (che Crain ha invece congelato con la sua freddezza digitale), Bodenheim sembra adatto a riportare la vicenda a una dimensione più umana, non più un arazzo di grandi battaglie bensì una tragedia dai molti personaggi e dunque un passo avanti anche per Kindt.

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