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ComicsJim Starlin, il fumettista che ha creato Thanos

Jim Starlin, il fumettista che ha creato Thanos

Jim Starlin è sempre stato noto agli appassionati di fumetto supereroistico come il creatore di Thanos, da lui disegnato per la prima volta nel 1973 con la collaborazione di Mike Friedrich ai testi. Da qualche settimana a questa parte, però, qualche persona in più potrebbe aver scoperto il suo nome, grazie all’uscita di Avengers: Infinity War, in cui il cattivo di Marvel Comics è al centro della scena.

Come scrive Vulture, Starlin «è il principale creatore della Marvel cosmica, quella sezione editoriale che offre avventure lisergiche attraverso le distese di spazio e tempo, ma è anche il tizio senza cui Avengers: Infinity War non sarebbe mai esistito». Nel momento di popolarità più alta del personaggio, però, i rapporti tra Starlin e la Marvel sono tutto meno che buoni.

Leggi anche: Chi è Thanos, il cattivo di “Avengers: Infinity War”

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Jim Starlin in compagnia di Thanos

«La Marvel tira fuori il peggio di me a volte», ha detto Starlin qualche mese fa, dichiarando che non lavorerà più per l’editore. Una mossa già fatto in passato, diverse volte a dire il vero, ma questa volta sembra che la rottura sia definitiva. In un commento su Facebook, Starlin ha affermato di non aver apprezzato la decisione della casa editrice di far addentrare la serie regolare del personaggio in trame molto vicine a quelle da lui trattate in una serie di graphic novel in uscita a partire da aprile. In particolare, l’invettiva dell’autore è stata rivolta nei confronti di Tom Brevoort, editor esecutivo della Marvel: «Aveva 200 pagine di sceneggiatura e 100 a matita su questo progetto, quando ha dato luce verde a una trama notevolmente simile. La serie regolare sarà stampata prima della trilogia di graphic novel».

«Inizialmente Tom ha negato di aver approvato la trama» ha aggiunto Starlin. «Quando questo si è rivelato essere falso, ha iniziato ad affermare che non c’era nulla di simile tra le due trame. Questo non ha funzionato, così ha cambiato versione, dicendo che si è trattato solo di un incidente. Questi cambiamenti di scuse e altre procrastinazioni hanno impegnato un mese, tempo nel quale l’attuale team artistico della serie regolare di Thanos è andato troppo oltre nel lavoro perché si potesse fare qualcosa. Mi è dispiaciuto molto, quindi me ne sono andato».

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La prima apparizione di Thanos, in una storia di Iron Man

Gli inizi e i primi lavori

L’infanzia a Detroit, i primi lavori come meccanico, poi l’arruolamento nei Marines, la guerra in Vietnam, il sogno di disegnare fumetti. Appena ventenne, all’inizio degli anni Settanta Starlin si ritrova con questo vissuto eterogeneo che non sa bene come incanalare. Nel memoir The Art of Jim Starlin: A Life in Words and Pictures l’autore descrive laconicamente la sua esperienza militare: «Mi incasinò parecchio, tornai in America e mi ritrovai con un temperamento esplosivo e un’insostenibile fame di fumetti».

La possibilità di creare fumetti gliela offre Joe Orlando, all’epoca editor in DC Comics, che gli commissiona un paio di storie brevi a tinte horror. Quando arriva a New York, però, scopre che in Marvel cercano personale e si precipita lì per un colloquio. Assunto, il giovane inizia rifinendo tavole di The Amazing Spider-Man e disegnando bozzetti, su indicazioni di Stan Lee, per copertine che avrebbero dovuto disegnare disegnatori già affermati.

Starlin fa parte degli autori della seconda ondata, che sono cioè cresciuti leggendo i fumetti Marvel della Silver Age ma li hanno metabolizzati attraverso le esperienze di giovani cresciuti negli anni Settanta. Nei loro lavori, Starlin, Steve Englehart, Steve Gerber, Frank Miller e gli altri non riescono «a non esprimere convinzioni più forti e arrabbiate» rispetto a ecumenici come Stan Lee. Gli piacciono Jack Kirby, Steve Ditko, gli scacchi, le moto e le droghe. Le sue storie sono spesso un riflesso delle sue teorie sull’illuminazione e la consapevolezza, raggiungibile attraverso disciplina e allenamento. Ed è così che, nelle lettere che gli arrivavano dai fan entusiasti per la sua gestione di Captain Marvel, Starlin inizia a trovarci dentro degli spinelli omaggio.

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Il Capitan Marvel di Jim Starlin

Mike Friedrich, che sta scrivendo la testata di Iron Man, si trova indietro con le consegne e chiede a Starlin, che è suo coinquilino, di aiutarlo. Starlin coglie l’occasione per introdurre nella serie dei personaggi che ha ideato frequentando un corso di psicologia a un community college di Detroit mentre faceva il militare. Thanos, ispirato al concetto freudiano di thanatos, ma senza una sillaba perché «è più bello da leggere», e Drax il Distruttore. Il primo è graficamente molto simile a Darkseid, un cattivo DC creato da Jack Kirby, ma Starlin giura che le somiglianze sono puramente casuali. Sean Howe in Marvel Comics. Una storia di eroi e supereroi scrive che «creava supereroi seriosi e violenti quasi si trattasse di una valvola di sfogo per la propria rabbia».

Primo suo grande lavoro è la messa a punto di Captain Marvel, serie con protagonista il capitano spaziale Mar-Vell, dove trova spazio di nuovo Thanos, innamorato di Lady Morte e desideroso di compiacerla con quanti più stermini possibili. «Ma il suo amore è destinato a restare sempre frustrato dalla freddezza e dall’impassibilità di Lady Morte, che non accetta mai di diventare sua sposa», come scrive Alberto Brambilla tracciando l’evoluzione di Thanos negli anni.

Nel 1973 con Steve Englehart esce dalla sua zona di sicurezza “cosmica” per co-creare Shang-Chi, il maestro di Kung Fu, che coglie al volo la moda dei film di arti marziali. Poi, il primo litigio con la Marvel, che Sean Howe riassume così:

Quando Mike Friedrich, ex co-sceneggiatore di Iron Man, si trasferì a Hayward, California, e cominciò a pubblicare da indipendente un proprio fumetto antologico, Starlin non si fece ripetere due volte la richiesta di contribuire. Il primo numero di Star*Reach si apriva con una storia di Starlin di sette pagine in cui un disegnatore entra in un elegante “palazzo della morte”, si cala un acido in ascensore, dichiara di essere un “essere fatto di immaginazione” e decapita la Morte. Ma poco dopo è lui stesso assassinato. Sul finire della storia, un altro disegnatore in acido entra nel palazzo – “Il mio nome è Starlin, Jim Starlin!” – come un altro agnello da macellare. Uno sguardo attento avrebbe potuto notare che il palazzo in questione era all’angolo tra la Cinquantacinquesima e la Madison: l’indirizzo della Marvel. Proprio mentre Death Building stava andando in stampa, Starlin fece una scenata a causa della sostituzione dell’inchiostratore di Captain Marvel, disse alla Marvel che se ne andava, e partì per la California.

La saga di Warlock

Lo screzio ha vita breve, perché l’editor-in-chief richiama Starlin con la promessa di fargli scrivere e disegnare le storie di un personaggio a sua scelta, purché non sia uno di quelli più importanti. Starlin sceglie Adam Warlock, una figura che Roy Thomas ha appena rispolverato in ottica cristologica.

Starlin ha però altri piani. Inserisce Warlock in un arazzo cosmico che comprende le sue vecchie creazioni e personaggi ex-novo come Magus, l’alter-ego di Adam proveniente dal futuro, lasciando un segno nel canone dell’eroe e poggiando le fondamenta per lavori successivi.

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La saga di Adam Warlock

Trova anche spazio per lasciarsi andare a frecciate neanche tanto velate: nella storia 1000 clown! (Strange Tales #181) Adam altera un programma di indottrinamento che voleva convertirlo alla Chiesa Universale e fa apparire gli uomini di tale confessione come clown. L’antagonista dell’albo si chiama Lens Tean e il suo scagnozzo Jan Hatroomi. I due difendono la conformità e tentano di omogenizzare qualsiasi creazione originale. I nomi sono anagrammi, rispettivamente, di Stan Lee e John Romita, le cui fattezze appaiono in alcune pagine della storia. Starlin crede che siano Lee e Romita a comandare e che il caporedattore sia soltanto una marionetta nelle loro mani.

Lee ha più volte espresso giudizi non lusinghieri sull’operato di Starlin, mentre Romita, passato dal ruolo di autore a quello di art director, ha offerto a Starlin il posto di disegnatore su Fantastic Four, il fiore all’occhiello della compagnia, e in cambio ha ricevuto un rifiuto, perché Starlin non vuole sentirsi troppo “legato”. «Quella fu la prima volta in cui mi capitò che un disegnatore di fumetti professionista – categoria di solito così grata di ricevere un impiego fisso da ringraziare in ginocchio – rifiutasse una serie regolare».

Le storie di Warlock trovano il favore dei lettori e la dirigenza, invece che punirlo, si trova costretta a varare una nuova serie, Warlock, tutta dedicata all’eroe. La testata ha però vita breve perché nel 1976, dopo quindici numeri, Starlin abbandona nuovamente la compagnia: qualcuno ha modificato i suoi disegni prima della pubblicazione. Anche qui, il suo carattere fumantino lo porta a rimpiangere le proprie azioni, così l’autore ritorna pochi mesi dopo alla Casa delle Idee. Inizia il periodo di maggior splendore creativo: Dreadstar e La morte di Capitan Marvel sono progetti di rottura per l’editore, che da una parte avvia un’etichetta creator-owned che concede agli autori pieni diritti sui personaggi ideati (Dreadstar) e dall’altra si butta nel mercato librario con una collana di graphic novel dai toni adulti che arrivano a parlare di argomenti sensibili come il cancro (La morte di Capitan Marvel).

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“La morte di Capitan Marvel”, una delle storie più famose di Starlin

Andata e ritorno (e andata)

La carriera di Starlin è scandita dai suoi abbandoni. «C’è uno schema che Starlin e la Marvel hanno seguito nel loro rapporto» scrive Abraham Riesman su Vulture. «Starlin rimane deluso o insoddisfatto di qualcosa, se ne va, la Marvel gli chiede di tornare, lui torna con una serie di nuove storie cosmiche, quasi sempre su Thanos».

Nel 1986 lascia la casa editrice in seguito al mancato pagamento di alcuni lavori. Capace, come scrive Les Daniels in Marvel: Five Fabulous Decades of the World’s Greatest Comics, di creare un culto attorno alla propria persona, passa alla DC Comics per realizzare saghe cosmiche e soprattutto un ciclo dell’Uomo Pipistrello che ha il suo apice in Batman: Una morte in famiglia, un progetto che attira l’attenzione dei media generalisti grazie alla trovata di un numero telefonico da comporre per decidere il finale della storia e il fato di Robin.

Torna in Marvel nel 1989 per scrivere Silver Surfer, testata da cui fa partire prima The Thanos Quest e poi la trilogia composta da Il guanto dell’infinito, La guerra dell’infinito e La crociata dell’infinito, dove compare per la prima volta il Guanto dell’Infinito. Il periodo prolifico termina nel 1994 quando ha una «brutta sensazione» riguardo alla Marvel (e la bancarotta di qualche anno dopo glielo confermerà).

La serie Thanos (la prima dedicata al Titano) e le mini Infinity Abyss e La fine dell’universo Marvel sono i principali lavori di Starlin negli anni Duemila, a cui seguono un ennesimo abbandono nel 2004 («Perché non mi lasciavano usare Warlock come volevo») e un conseguente ritorno della compagnia, nel 2014, anno in cui inizia un’altra trilogia su Thanos (La rivelazione dell’infinito, La relatività dell’infinito, La fine dell’infinito) e poi un ulteriore trittico, quello oggetto dell’ultimo – definitivo? – contenzioso.

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Thanos contro Adam Warlock

Fuori dalla Marvel cosmica, i contributi di Starlin (passati o presenti) si perdono nel tempo, e ormai la sua carriera ruota intorno a Thanos. Ai soldi che Thanos genera, agli accordi su Thanos presi coi Marvel Studios (una quota pattuita per tutti gli usi non-fumettistici del personaggio, rinegoziata nel 2017), alle storie che ruotano attorno a Thanos.

«Non avrei mai fatto nemmeno la metà delle cose che fa lui, ma allo stesso tempo sono affascinato dalla sua schiettezza e dalla completa mancanza di moralità. È un buco nero di mostruosità» ha detto Starlin, che non sembra rimpiangere i disaccordi con la Marvel. «Di solito una vita umana può accogliere tre o quattro carriere. Io le ho avute tutte in una volta sola».

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