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Essi vivono

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“Edge”, la più bella rivista interamente dedicata ai videogiochi, compie vent’anni. Il primo numero è, infatti, uscito nell’ottobre del 1993. Il mondo era diverso: io ero ancora single; la forma di amministrazione dello Stato che avremmo voluto chiamare Prima Repubblica stentava a morire; Mosaic, quello che per alcuni tra noi (anche per me) è stato il primo strumento per scorrazzare lungo le arterie di un’internet decisamente più piccola, era uscito da pochi mesi…

A Milano i giornali inglesi, come “Edge” appunto, si trovavano in poche librerie e i più svegli tra noi, dopo qualche mese, avevano iniziato a procurarsi quello strano oggetto cartaceo e a tesserne le lodi con qualche sparuto amico, pregno di invidia. Per me era un periodo un po’ triste: incapace di essere sveglio, militavo tra le fila degli invidiosi.

Sono passati vent’anni. Per un lustro, tra il 2004 e il 2009, c’è stata perfino un’edizione italiana di “Edge”, che si chiamava “Videogiochi” e, poi, “Game Pro”. Oggi, procurarsi quel giornale, nella versione inglese, è molto più facile e i più svegli tra noi ne leggono un’edizione elettronica, spulciandone gli articoli su un portale molto divertente. I più svegli tra noi, appunto. Io mi ostino a leggere la costosissima edizione cartacea.

super mario edge

Il numero 258 di “Edge” è datato ottobre 2013 e festeggia i vent’anni della rivista di videogiochi più seria, competente e longeva del mondo. Presenta venti (non è un refuso: 20) variant cover che raccontano la trasformazione del mondo videoludico e invitano il lettore-collezionista ad ammonticchiare più copie dello stesso numero nella propria abitazione. Io, che non sono tra i più svegli ma neanche tra i più sciocchi, mi perdo nella mia unica copia (che, per un caso di cui mi compiaccio, ha in copertina Supermario) e inizio a leggerla. Dopo un po’, mi imbatto in una raccolta di opinioni sul tema del numero: a diversi operatori del mondo della produzione è stato chiesto quale sia stata, negli ultimi vent’anni, l’evoluzione più dirompente dei videogiochi.

In quattro pagine, alcuni tipi molto informati snocciolano gli eventi attorno ai quali rileggere la storia: c’è chi parla di specifici prodotti, dalla prima PlayStation al rilascio dell’iOS; in molti citano la centralità dell’Internet; altri ancora dicono degli smartphone e dei device mobili; … Anche tra gli operatori dell’industria dei videogiochi si riconoscono alcuni individui più svegli degli altri e questi parlano di modifiche di paradigma: si concentrano sulla distribuzione digitale, sugli store e sugli user-generated content. Tra tutti mi pare svetti Tom Hall, che nella foto messa accanto alla sua dichiarazione ha l’espressione di uno che sa cosa significa sopravvivere e adattarsi.

Tom Hall

Tom dice:

“La differenza principale tra allora e adesso è l’emergere del gioco occasionale. Una prima discutibile rottura della barriera del gioco casuale avvenne, più di vent’anni fa, con Tetris sul Game Boy. Ora, con Bejeweled, Peggle, Bookworm, Diner Dash, la Wii, l’iPhone, Angry Birds e così via, siamo giunti a un mercato che non è più la nicchia, all’interno della quale videogiocano solo dei nerd monomaniacali. Oggi ci sono persone che giocano o che sviluppano giochi e che riescono a interagire bene con altri esseri umani! E c’è un numero crescente di donne che progettano giochi, e dovrebbero essere di più. E tra vent’ani neppure questo sarà più un problema. Quando me lo chiederete, in quel momento, parleremo del nuovo spinotto cerebrale per il gioco-pensiero.”

Sebbene anche il più attento degli sguardi stenterebbe a rilevarlo, i fumetti e i videogiochi esistono nello stesso universo. Tanto gli uni quanto gli altri sono soggetti alle medesime regole imposte dalla dittatura della freccia del tempo. E i vent’anni di “Edge” coincidono, in termini squisitamente cronologici, con gli ultimi vent’anni di produzione (industriale o meno) del fumetto.

Provo a pensare a cosa risponderebbero autori, editori, critici e operatori del fumetto se chiedessi loro qual è stato l’elemento di trasformazione più rilevante negli ultimi vent’anni. Presuntuoso come sono, mi immagino le risposte. Se chiudo gli occhi, mi pare addirittura di sentire le loro voci (forse, dovrei parlarne con il mio analista).

Rispondendo alla domanda, qualcuno cita un autore o un fumetto in particolare. I più romantici mi spiegano perché dopo la nascita di quel marchio editoriale nulla è stato più come prima. Quelli con una vista sistemica mi parlano della rivoluzione del graphic novel e dell’esordio della prima generazione di autori occidentali direttamente influenzati dai manga. Altri mi dicono della trasformazione dei canali di vendita: l’assottigliarsi delle edicole; l’apparizione di uno spazio specificamente dedicato al fumetto nelle librerie; l’apparente esplosione delle fumetterie e delle reti distributive a loro specificamente dedicate.

Solo il più sveglio di tutti liquida la pochezza mostrata dalla mia domanda con un sibilo sprezzante: “Internet”, dice, gongolando dietro gli occhiali spessi.

Nessuno, accidenti, si prende la briga di citare la cosa che mi interessa di più: l’emergere del lettore di fumetti occasionale. Quello che, pur riuscendo a interagire bene con altri esseri umani, qualche volta legge fumetti, fregandosene del fatto che sono fumetti.

A questo strano individuo, cui non frega nulla di seguire questo portale, dovremmo prestare l’attenzione che si riserva agli alieni. A ben guardare, forse non è così diverso da noi.

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