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Con i fumetti puoi fare tutto e ti stanno prendendo in giro

Nel maggio del 1954 i giovani americani trovano nei chioschi l’undicesimo numero di “Mad”. Un comic book, sottile e stampato sull’usuale carta da quotidiano, che, in 32 pagine, mostra un’irrefrenabile vena dissacratoria. Quell’albo colpisce con le feroci rasoiate della propria comicità sguaiata i personaggi dei fumetti (“Flesh Garden”), i generi letterari (“Murder the Husband / Murder the Story”), le serie televisive (“Dragged Net!”), le inserzioni pubblicitarie (“Beware of Imitations!”) e, addirittura, i propri lettori (“Mad Reader”).

Anche la copertina di quel comic book è straordinaria: omaggia (o dileggia) uno dei giornali di maggior successo negli Stati Uniti, “Life magazine”. “Mad” n.11, richiamando una famosissima copertina di “Life”, presenta una donna con i capelli a spaghetto di Basil Wolverton accanto al titolo: “la bella ragazza del mese legge MAD”.

basil-madMarilyn Monroe on LIFE Magazine Covers, 1952-1962 (1)

Nel 1955, quell’immagine straordinaria viene riprodotta, in piccolo, sulla copertina di “Inside Mad”, il terzo paperback che la casa editrice Ballantine dedica al comic book. Da quel momento, quel libretto economico e stampato su carta porosa viene ristampato per decenni e molti giovani americani possono leggerlo, imparando il duro mestiere del fumetto underground.

Per esempio, quando il giovanissimo Art Spiegelman, classe 1948, si trova quel librino tra le mani ha una folgorazione: quella copertina minuscola, che riproduce la bella ragazza del mese, gli imprime a fuoco, nelle carni, un insegnamento che non lo abbandonerà più. Da quell’immagine capisce due cose: la prima è che con i fumetti si può fare tutto; la seconda è che i media ci prendono in giro.

portrait_spiegelman

Queste sono consapevolezze che faticano a rimanere chiuse negli angusti confini di una nazione. Tendono a globalizzarsi in fretta. Attraversano le frontiere e, da una parte, lambiscono, in forme diverse, gli animi locali e, dall’altra, si trasformano assecondando il contesto.

Il processo di rivolta, messo in atto dai fumettisti, assume forme diverse in tutto il mondo, ma ovunque mostra le medesime pulsioni: prende le idee inoculate a forza attraverso le potentissime macchine del consenso e le trasforma in messaggi eversivi. La parodia diventa il dispositivo con cui smontare il mondo e renderne evidenti ingranaggi e meccanismi. Con i fumetti si può fare tutto e i media ci prendono in giro.

L’eversione non può essere un lavoro a tempo pieno. Quel “Mad”, feroce e capace di illuminare la consapevolezza di una generazione, è gigantesco per la velocità con cui cambia registro. I fumetti che pubblica sono brevi e raramente superano le sette pagine. Ogni mese il lettore sfoglia un albo (e dal luglio del 1955 una rivista) in cui, ogni poche pagine, cambia il registro del racconto e il bersaglio delle critiche. Harvey Kurtzman, che di quel giornale è l’ideatore e il principale autore, costringe i lettori a seguirlo su un ottovolante di narrazioni. Non c’è nulla di cui non si possa ridere.

Fedele all’insegnamento di John Derek, il “Mad” di Kurtzman vive in fretta, muore giovane e lascia un bel cadavere. Per un dissidio con l’editore, William Gaines, Harvey Kurtzman interrompe la propria direzione del giornale e parte per altre avventure. Il fumettista americano continua a frequentare la parodia e a dare il meglio di sè in 2 numeri di “Trump”, 9 di “Humbug”, un libro bellissimo e 26 uscite di “Help!”. Poi, tristemente, Kurtzman si spiaggia sulle pagine di “Little Annie Fanny”.

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La parodia di maggior successo dell’attuale fumetto italiano è, senz’ombra di dubbio, Rat-Man di Leo Ortolani. Nato venticinque anni e cento numeri fa come parodia di Bat-Man perché l’autore partecipasse a un concorso per esordienti. Quella storia breve è divertente e Ortolani la prosegue e fa diventare quel personaggino un lavoro a tempo pieno.

E, rapidamente, l’eversione scompare, l’oggetto della parodia diventa sempre più sfumato. Resta una comicità fatta principalmente di ritmo sulla pagina.

La generazione mia e di Ortolani è stata la prima ad aver abbandonato definitivamente il “Diario Vitt” per passare alla “Smemoranda”. Però, nei giorni trisi in cui abbiamo dovuto gestire quel nefasto avvicendamento, i disegni e le battute sceme di Jacovitti ci mancavano e, allora, le nostre smemorande le abbiamo infittite di disegni e sciocchezze nostri. Sia chiaro: sciocchezze da liceali male in arnese, piene di stereotipi, luoghi comuni, sessismo, omofobia e tanta tanta paccottiglia.

Poi, la maggior parte di noi ha smesso. Ortolani, no. E’ riuscito a trovare un posto dove continuare ad accumulare le proprie sciocchezze. Le veste di parodia, ma l’eversione non è può essere un lavoro a tempo pieno. A trascinarla a fatica, lungo una strada lunghissima, si rischia di dimenticare gli insegnamenti fondamentali: con i fumetti si può fare tutto e ci stanno prendendo in giro.

E quando metti in pagina l’ennesima citazione di Star Wars, l’ulteriore luogo comune sul travestitismo, la solita gag sulle risibili dimensioni del tuo pene, … Quando metti in pagina tutto ciò, allora, sei diventato uno di quegli strumenti di controllo, omologazione e costruzione del consenso che ci prendono in giro. Tanto.

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