Tutti a badare a Lady Mafia, di questi tempi. Campione stagionale di fumetto approssimativo. Quando invece, tra i fumetti popolari, dal concept assurdo e dallo stile approssimativo, c’è ben altro. Incluso un progetto che mi ha francamente spiazzato – e non solo per la sua (notevole, in effetti) assurdità concettuale, ma per la (altrettanto notevole) qualità narrativa e costruttiva.
La rosa sepolta è un manga italiano nato sul web. Anzi, un manga che si presenta come un graphic novel europeo. Anzi: un euromanga-graphicnovel con una fascetta editoriale che recita “un graphic novel sulla dolorosa realtà dei bambini soldato”, in puro stile sensazional-graphic-journalism. Il tutto, peraltro, in un tomo di 450 pagine. Immaginate insomma qualcosa che pare all’incrocio fra un prodotto Star Comics, Shockdom e Becco Giallo (ma pubblicato da Hazard, nello stesso formato di Kagemaru Den del maestro Sanpei Shirato). Una specie di ircocervo editoriale che difficilmente potrà non farvi storcere il naso.
E l’approssimazione è evidente su più fronti. La mano di due neofiti autodidatti si nota tutta. Nel disegno, la cui qualità è incerta e discontinua come tanti euromanga realizzati nel tempo libero, per passione, da chi con poca esperienza e scarsa perizia tecnica si diletta in un hobby creativo. Nel lettering, che pare venire dritto dagli esperimenti anni Novanta di tipografia digitale pseudo-fumettistica. Nell’impaginazione, oscillante tra gabbie e margini al vivo, tra gestione manga e gestione europea della composizione, tra dialoghi strillati e splash page troppo scarne in sfondi e dettagli.
Eppure, passati primi 5 minuti – il tempo necessario a capire che Lady Mafia è approssimativo anche perché retorico, piatto, narrativamente inconsistente – de La rosa sepolta ho capito una prima cosa: il tema *scabroso* dei bambini soldato non era gestito in modo sensazionalistico. Preparato ad assistere al racconto dettagliato delle efferatezze compiute da assassini minorenni, come nella miglior tradizione del sensazionalismo – sbattere in faccia il problema o la foto-choc, senza troppo contesto e spiegazioni – mi sono ritrovato invece di fronte a un’ellissi radicale. La rosa sepolta, promosso da una fascetta editoriale cinicamente furba, si comporta invece come un manga popolare.
Tutto inizia con un protagonista misterioso, di poche parole e dal passato oscuro, un giovane viandante che arriva in uno sperduto borgo tra le montagne italiane. Scopriremo solo più avanti che il ragazzo, finita la guerra (quale? Altro mistero), è scappato dalla sua tragica esperienza di bambino-soldato arruolato da milizie di sciacalli. I crimini da lui commessi li scopriremo solo in parte, e solo nelle ultime 20 pagine. Perché non è questo il punto.
Il punto, ne La rosa sepolta, è la ricostruzione di un clima storico preciso, di dinamiche sociali (tristemente) verosimili, ma senza il didascalismo giornalistico dei dettagli di cronaca. Il libro è la storia di un desiderio di riscatto dalle macerie post-guerra, un’indagine psicologica su alcuni conflitti interiori, e un’esplorazione attenta dell’evolversi – vitale, difficile, drammatico – di una relazione d’amore minata dalla consapevolezza delle (proprie e altrui) responsabilità.
E il tutto funziona. I personaggi crescono e cambiano; i capitoli offrono frammenti di autentica suspense; i traumi si svelano un pezzo alla volta; all’esatta metà del libro giunge la sola doppia tavola, il cui colpo di scena modifica la direzione del racconto; le conseguenze dei comportamenti di Sergio e Angela conducono a una ricomposizione insieme aperta e complessa; il disegno matura mano a mano e, sul finale, si presenta più sicuro ed elegante.
Non intendo dire che La rosa sepolta mi abbia emozionato come Unastoria di Gipi. Ma negli ultimi 3-4 mesi, pochi altri fumetti mi sono parsi sinceramente emozionanti come questi due, diversissimi lavori. Francesco Memo e Barbara Borlini fanno mestieri assai lontani dal fumetto, ma il fatto che abbiano coltivato per dieci lunghi anni questo progetto, dalle prime tavole pubblicate online a oggi, è il sintomo di qualcosa. Non solo la loro capacità di concentrazione e cura progettuale, ma la vera motivazione che guida chi non si stanca mai di ‘approssimare’: creare qualcosa (un fumetto) senza sapere troppo a cosa/dove approssimarsi, sapendo però che il percorso per arrivarci è… narrazione.
La rosa sepolta è un fumetto approssimativo, sì, ma di quelli abitati dal talento. L’approssimazione di Lady Mafia, invece, la dimenticheremo presto.