Questa settimana, per la rubrica #tavolidadisegno, siamo entrati nello studio di Gabriele Dell’Otto. Al solito, abbiamo fatto cinque domande e abbiamo scattato parecchie foto.
A quale progetto stai lavorando attualmente?
In questo momento sto lavorando su un progetto della Marvel, un graphic novel su Spider-Man (di cui è uscita un’anteprima a novembre), si chiama “Family Business”, scritta da Waid e Robinson, in collaborazione con Werther dell’Edera. Ho richiesto il suo aiutato per le matite, perché mi sarebbe risultato impossibile portare il progetto a casa nei tempi previsti da solo, e molto gentilmente la Marvel ci ha accontentati. Stiamo lavorando da un anno, da febbraio 2013, su questo progetto, ormai giunto al termine, e che uscirà a marzo in concomitanza del nuvo film The Amazing Spiderman 2.
Quali tecniche e strumenti prediligi?
Nascendo come illustratore e avendo sviluppato negli anni tecniche pittoriche, sicuramente i pennelli in acrilico. In realtà, uso tutti i tipi di colore, dagli acquarelli alle tempere agli oli, ma in particolare prediligo l’acrilico. Come tutte le tecniche pittoriche, infatti, mi consente di utilizzarlo in modi molto diversi, a seconda del differente lavoro che affronto cambia il tipo di approccio stilistico. Dipende, dal tipo di luminosità che richiede l’immagine, se appartiene al mondo dei supereroi Marvel oppure a un immaginario differente, come mi è capitato recentemente quando ho realizzato 20 illustrazioni per “Il Mago di Oz”. In questo caso, ad esempio, l’approccio, non solo cromatico, era sicuramente più pittorico, meno legato all’ambito strettamente illustrativo, con un respiro, per intenderci, più artistico. Fondamentalmente, cerco sempre di far convivere questi due aspetti, ma, chiaramente, pubblicando con una casa editrice come la Marvel, ho dei parametri ben fissi in mente relativamente al gradimento del pubblico. Spontaneamente, tenderei ad esprimere un segno più pittorico, veloce, ma mi rendo contro che, considerando il tipo di storia e di pubblicazione, andrebbe a inficiare la comprensione immediata da parte del lettore. Cerco, comunque, sempre di mediare, di trovare un punto di contatto tra queste due dimensioni stilistiche. Anche perché, come mi è stato sempre insegnato, non credo esistano illustrazioni “per ragazzi” o “per adulti”: esistono illustrazioni belle o illustrazione brutte. Vi racconto un episodio personale: ho tre bambini, il più grande ha sei anni, quando ne aveva tre e mezzo l’ho portato a vedere una mostra di Caravaggio. E’ rimasto tutto il tempo sulle mie spalle in silenzio, assolutamente affascinato. A riprova che anche i bambini riconoscono il bello. Mi piacerebbe, in futuro, lavorare a progetti più liberi, come quello de “Il Mago di Oz”. Spesso, si dice che bisogna andare incontro alle esigenze del pubblico, che la società ormai è quella che è. Ma io, non solo ritengo che il pubblico vada educato al bello, ma anzi sono convinto che le persone siano costantemente in cerca di bellezza.
Ci sono abitudini o rituali che devi predisporre prima di metterti all’opera?
Il mio rituale è per prima cosa alzarsi alle 6 e portare i bambini a scuola. Poi, arrivare in ufficio verso le 9 e riuscire a trovare parcheggio, il più affascinante dei rituali. A parte gli scherzi, il rituale preferito è prendere un caffè al bar dietro l’angolo, prima di iniziare a lavorare con serenità. E poi, mentre disegno, ascolto musica senza cuffie. Principalmente, musica italiana (Battisti, Mina, Celentano, anche Jovanotti). In generale, amo ascoltare musica rilassante, serena, che faccia un pò da contraltare alle scene spesso d’azione che mi trovo a disegnare.
Ci sono dei libri che devono essere a portata di mano mentre lavori? Puoi indicare degli autori di riferimento?
I miei punti di riferimento nell’ambito fumettistico spaziano dai francesi, agli americani, dagli italiani ai giapponesi. Vero è che i miei primi amori sono stati Giraud, Herman, Buscema, B.W. Smith, ma crescendo ho amato e mi sono ispirato a Kent Williams, Mignola, Bisley.
Per quanto riguarda i libri da tenere sempre per consultazione, l’unico libro che tengo sempre a portata di mano è la Bibbia. Purtroppo, non ho sviluppato l’ottima abitudine alla lettura, o meglio mi è stata rovinata dagli anni della scuola. Ho letto molti classici, da Jules Verne a Kipling, però sempre con quel senso di obbligo che derivava dall’imposizione scolastica. Avendo sempre avuto la passione del disegno, ho vissuto quelle letture obbligate come una coercizione, come tempo sottratto al disegno. Però, ad esempio grazie a Franco Nembrini, sto riscoprendo e studiando La Divina Commedia, in una serie di incontri meravigliosi di approfondimenti.
Abbiamo visto alcuni disegni originali nel tuo studio. C’è qualche aneddoto particolare legato a queste dediche?
L’originale è de Gli scorpioni del deserto di Camuncoli/Casali, per la Rizzoli Lizard edizioni. Avevo presentato i due suddetti amici/colleghi a Patrizia Zanotti, perché pensavo fossero adatti per quel tipo di lavoro. Voi dovete sapere che Cammo non vende i suoi originali, al massimo ne regala qualcuno (ogni tanto) agli amici, e visto quanto detto poc’anzi, approfittai, “obbligandolo” a regalarmi la tavola della iena, una delle mie preferite di tutto il volume, quando si dice un regalo spontaneo!!
Devo a questo punto però menzionare un altro originale che mi è stato regalato da un grande maestro, che ho la fortuna di poter chiamare amico, Claudio Villa. L’originale in questione è una copertina di Dylan Dog. L’aneddoto peró che voglio raccontare non è legato strettamente all’originale, bensì al meraviglioso primo incontro con il suddetto. Era la seconda edizione di Mantova Comics, io arrivai in ritardo pauroso (causa soppressione euro star da Roma), circa 6 ore, alla signing giornaliera degli autori. Appena arrivo, frastornato dal caos fieristico e da una caterva di amici da salutare, mi avvio verso la mia postazione, e procedendo inizio a salutare in maniera convulsa e euforica tutta una schiera di amici/colleghi, mi ricordo c’erano, Cammo, Lee Bermejo, Jim Lee, Brian Azzarello, etc, etc…quando arrivo alla fine della fila, si alza un signore distinto e sorridente che mi si pone dinnanzi come per salutarmi. In realtà che si fosse alzato per salutarmi l’avevo evinto io, perché salutando tutti fino a quel punto ho dato per scontato che lo conoscessi, addirittura forse lo scambiai per uno sceneggiatore Bonelli, conosciuto pochi mesi prima. Quindi, lo accontento, stretta di mano, abbraccio, con tanto di bacio fraterno, tipico saluto alla romana, per intenderci. Così facendo però mi sporgo verso il tavolo e scorgo con la coda dell’occhio una bellissima testa di Tex che fa bella mostra di se proprio al centro del foglio…il tratto inconfondibile è proprio quello di uno dei miei miti…il maestro Claudio Villa!! Nel momento preciso che mi rendo conto della gaffe, ormai è troppo tardi, fingo nonchalance e mi siedo. Per tutto il tempo della signing ho pensato a come poter spiegare a Villa che io non fossi pazzo o maleducato, nel prendermi quella confidenza con qualcuno che nemmeno conoscevo. E mentre rimuginavo sul da farsi, sento una voce che da dietro mi chiama e mi dice: “Scusa se ti disturbo, posso chiederti un favore, mio figlio è un tuo fan e vorrei chiederti una firma su un tuo volume”. Questo fulmine a ciel sereno ruppe immediatamente il ghiaccio e io senza indugi mi scusai chiarendo l’equivoco, ma qui viene il bello. Una qualsiasi altra persona mi avrebbe dato delle risposte di convenienza o comunque mi avrebbe detto: “vabbè non ti preoccupare” ma non Claudio. Lui fu davvero gentile e mi ripose dicendomi: “vedendo con quanta allegria e cordialità salutavi gli altri colleghi, sarei rimasto male se non avessi fatto lo stesso con me!”. Che dire da quel giorno ho la fortuna di poter chiamare amico non Villa, ma Claudio.