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RubricheLo scaffale di...Lo scaffale di Moreno Burattini

Lo scaffale di Moreno Burattini

Per la nostra rubrica Lo scaffale di…, questa settimana abbiamo chiesto a Moreno Burattini (sceneggiatore e curatore della testata “Zagor” per Sergio Bonelli Editoredi raccontarci le sue letture più recenti.

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Lo Sconosciuto – Edizione Integrale, di Magnus (Rizzoli Lizard, 2012, 420 pagine), a cura di Fabio Gadducci

Le avventure di Unknow (il cui cognome – se davvero di cognome si tratta – è scritto senza la “n” finale), alias Lo Sconosciuto, realizzate da Magnus sia per i testi che per i disegni, rasentano la perfezione per tensione emotiva, carica morale, documentazione e realizzazione grafica. Dopo una prima edizione negli anni Settanta in sei episodi in formato tascabile (tra l’altro svilita da un assurdo battage pubblicitario teso a pescare lettori tra gli abituali fruitori del fumetto erotico), il personaggio è approdato sulle pagine della “rivista di prestigio” e del voume da libreria – collocazione a lui assai più consona.

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Diario del cattivo papà, di Guy Delisle (Rizzoli Lizard, 2013, 190 pagine, 12 euro)

Il canadese Delisle, classe 1966, è uno dei principali interpreti del cosiddetto graphic journalism, e ha firmato quei due capolavori che, almeno ai miei occhi, sono “Pyongyang” e “Cronache di Gerusalemme”. Garbato ed efficace nel suo stile minimalista in grado di raccontare qualunque cosa, in questo agile volumetto non si cimenta nel descrivere la complessa realtà delle zone calde del mondo ma nel raccontare, con humor delicato e stile brillante, i rapporti di un padre (egli stesso) con i suoi figli piccoli, sempre a fare domande e pretendere attenzioni: il “cattivo papà” cerca di mediare fra la propria istintuale esigenza di coltivare i propri interessi e cavarsela con poco e la consapevolezza di dover fare comunque del proprio meglio come genitore responsabile. Si sorride e ci si riconosce.

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La ballata di Nate Chisum, di Jean Van Hamme e Grzegorz Rosinski (Editoriale Cosmo, 2014, brossurato, 60 pagine a colori, 4.20 euro)

Ogni prodotto della premiata ditta Van Hamme e Rosinski è, in quanto tale, imperdibile. Giustamente la Cosmo annuncia in copertina “dagli autori di Thorgal”, e chi abbia letto qualcosa dell’eroe vikingo (definiamolo così per semplicità) sa che i due autori sono una garanzia assoluta. Van Hamme, poi, preso da solo, è uno dei più grandi sceneggiatori viventi: basterà ricordare, oltre a Thorgal, le saghe di XIII e di Largo Winch, ma personalmente l’ho trovato strepitoso in quella de “I maestri dell’orzo”. Con “La ballata di Nate Chisum” l’autore belga si cimenta nel western riuscendo a sorprendere da par suo con un racconto il cui protagonista è un giovane privo di un braccio, con un sogno d’amore e di fortuna destinato a realizzarsi in un percorso decennale (voluto dalla sua determinazione e abilità, ma anche dal caso) per poi svanire nel giro di pochi minuti e concludersi in modo inaspettato e sorprendente.

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Tex il grande!, di Claudio Nizzi e Guido Buzzelli (Nicola Pesce Editore, 2012, 260 pagine, 24 euro)

Si tratta del primo “Texone”, uscito originariamente nel giugno del 1988 e riproposto in versione cartonata con il corredo di un ricco apparato critico. A Matteo Stefanelli e Gianni Brunoro è affidato il compito di introdurre l’opera, illustrata dal tratto pittorico e personalissimo di Guido Buzzelli (Roma, 1927; ivi, 1992). L’edizione di Nicola Pesce propone anche tutta una serie di schizzi di prova anche a colori, mentre la storia vera e propria viene riprodotta su carta dalla cromatura leggermente ingiallita per restituire, nonostante la cartonatura che nobilita il volume, l’effetto “popolare” dell’originale.

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L’Omino Bufo! L’integrale, del Pitore di Santini (Panini Comics, 2013, cartonato, b/n, 290 pagine, 19.90 euro)

Il volume, nell’ormai sperimentato (e funzionale) formato orizzontale di altri libri del genere dedicati alle strip (dalla cronologica dei Peanuts all’integrale delle strisce giornaliere dell’Uomo Ragno), presenta tutta la produzione dell’Omino Bufo dal 1972 al 2001. La chiave di lettura del successo del personaggio è duplice: da una parte, la parodia del falso intento culturale, per cui se una cosa così ha successo ci dev’essere sotto qualcosa, dev’essere arte; in secondo luogo il fatto che invece (finalmente!) sotto non c’è proprio niente e noi tutti Omini Bufi ci possiamo scompisciare dal gran ridere per quel che ci pare e piace, senza vergognarci. Anzi, noi stessi potremmo disegnare così, siamo tutti Pitori di Santini.

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