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NewsCronache dal Pianeta dei Morti: il Dylan Dog del futuro

Cronache dal Pianeta dei Morti: il Dylan Dog del futuro [Intervista]

Cronache dal Pianeta dei Morti racconta il “Dylan Dog del futuro”. Edito da BAO Publishing è una storia autoconclusiva sceneggiata da Alessandro Bilotta e disegnata da Carmine di Giandomenico, Daniela Vetro e Paolo Martinello (che ha realizzato anche la copertina). Il volume è il prologo ideale al nuovo appuntamento annuale con il “Dylan Dog del futuro”, che da settembre 2014 vivrà un’avventura all’anno nello Speciale Dylan Dog pubblicato da Sergio Bonelli Editore. Cronache dal Pianeta dei Morti ci presenta un Dylan nuovo, un Dylan più moderno e pure, come ha tenuto a dirci lo stesso Bilotta, «più vecchio». «Un Dylan Dog più classico, come quello di Sclavi, in cui tornano temi alti, quasi filosofici. Dylan non è solo un protagonista, ma un mezzo: un mezzo attraverso cui raccontare qualcosa».

Seguiamo Dylan in un futuro non tanto lontano dal nostro, in un mondo alla deriva, dove è scoppiata un’epidemia zombie, e la paura – quella bestiale – ha preso il sopravvento sulla ragione. Londra e il resto del Regno Unito sono spaccate a metà – e costrette in alte mura di mattoni – da una malattia senza nome, nata dal nulla, dal desiderio di un uomo – il dottor Hicks – di diventare immortale. Il paziente zero è la chiave del mistero. Dylan è solo, spalle al muro: un piede nel passato e il cuore nel futuro. Ne abbiamo parlato proprio con lo sceneggiatore Alessandro Bilotta.

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Il tuo Dylan Dog è decisamente più moderno di quello di una volta. Moderno, però, nel senso di fruibile ad un pubblico più giovane. Insomma, non solo per chi ha sempre comprato il fumetto ma anche per chi si avvicina per la prima volta a questo albo.

Andando ad affrontare il personaggio, se si tengono le orecchie e gli occhi aperti, si riesce a fare in modo che questo sia fortemente influenzato dalla realtà presente. Presente non significa, però, inserire un’automobile ultimo modello, o mettere su uno schermo la faccia dell’attuale Primo Ministro. Ecco, non sono queste le cose che, secondo me, vanno nella direzione che dici, e cioè di modernizzare Dylan. Penso che svecchiare significhi inserire sentimenti e temi che adesso, oggi, siano condivisibili. All’inizio, Dylan ha certamente colto lo spirito dell’epoca in cui nasceva, gli anni Ottanta; c’era un racconto della piega che stava prendendo il mondo, l’altra faccia di una realtà: la società, certi individui umani, il degrado e il conseguente disagio. In fondo gli stessi temi raccontati dal fumetto inglese negli stessi anni, a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta. Un mondo che ci ha portati a quello di oggi, un mondo in cui si è vissuto al di sopra delle possibilità e il confine della morale è stato spostato molto in là. C’era tutto questo nel primo Dylan Dog. Oggi, chiaramente, non può essere lo stesso. C’è un’evoluzione di quei problemi, di quelle dinamiche, e lo sfascio che ne è conseguito. C’è anche anche questo nel Dylan Dog del futuro.

Ad un certo punto, Dylan sveste la sua divisa ed indossa quella di uno dei suo sottoposti, praticamente una riproduzione dei suoi vecchi vestiti, camicia rossa e giacca nera. È un modo per criticare – magari indirettamente – il presente? E dire che il passato – in generale, ma anche a livello fumettistico – era migliore?

Nella mia idea, quell’immagine non rappresenta questo. Nella mia idea, quell’immagine rappresenta una persona che si è persa, che non ha più intenzione di fare nulla, e per un momento ritrova se stessa cercando di tornare ad affrontare le cose nella vecchia maniera. In un modo anche un po’ patetico. Per un momento c’è il riaffacciarsi di un vecchio spirito, ed è questo, forse, che rende la situazione ancora più patetica. Una sola cosa è più triste di qualcuno che si lascia andare alla rassegnazione: qualcuno che prova a fare qualcosa e non ci riesce. Questo volevo rappresentare.

Disegni di Carmine Di Giandomenico
Disegni di Carmine Di Giandomenico

Tutta la narrazione di Cronache dal Pianeta dei Morti ricorda un po’ uno stile cinematografico. Si inizia dalla fine e si finisce, letteralmente, con l’inizio. Ogni sequenza è un passo indietro nella storia – un “come siamo arrivati a questo punto?”. È una cosa voluta?

Potrebbe essere. Anche questo è un po’ inconscio. Nel senso che io combatto una strenua lotta perché il fumetto sia fumetto e per me quello che denota la qualità di una storia è il fatto che non sia riproducibile in nessun’altra forma. Cioè che sia fumetto puro e che sfrutti tutte le qualità del medium, che non assomigli a un film, che non venga frammentato e venduto come una serie tv; che non ricordi un videogioco, un libro, o che ne segua le regole narrative. Un fumetto di per sé. E la storia delle nuvole parlanti ha tanti esempi del genere, che sono, secondo me, quelli più degni di studio, di essere letti, di essere imitati. Quindi dire che qualcosa – qualcosa che di cinema non ha niente – ricordi, per stile, il cinema, non è un complimento. E sicuramente non significa che sia più moderna. Però è molto probabile che, condizionato dal mondo e dalle atmosfere che mi circondano, il mio sia diventato un racconto con qualche aspetto cinematografico.

Prossimamente continuerai a lavorare su Dylan, non è vero?

Sì, ci sono altre storie in lavorazione, oltre a quelle dello speciale annuale in cui proseguiranno le avventure del Dylan del futuro.

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Disegni di Paolo Martinello

Quindi di questo Dylan, del Dylan del futuro, avremo ancora notizie.

Quello che è lo speciale annuale di Dylan Dog diventerà il contenitore di questa serie del futuro, ripartendo da un ideale numero 1. Non costringendo, quindi, il lettore a conoscere nel dettaglio le storie precedenti. Ci sarà una continuity, ma sarà trattata in modo che comunque ogni numero possa essere letto autonomamente.

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