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DisneyL’autentica e originale nuova saga di PK. La testimonianza di Alessandro Sisti

L’autentica e originale nuova saga di PK. La testimonianza di Alessandro Sisti

di Alessandro Sisti*

Per quale ragione, si domanderà l’avveduto lettore, intitolare questo testo alla saga di PK «autentica e originale»? Ne esistono forse di fasulle? Fortunatamente no. A differenza da quanto è accaduto ad altre serie, le nuove avventure di Paperinik non sono state vittima di cloni e contraffazioni. Nondimeno, l’epopea pikappica può dirsi bicipite: formata sul versante narrativo dal corpus delle imprese del protagonista, reali e vere nella misura della loro fittizia realtà; ma corrispondente al di fuori dei confini paperopolesi agli sforzi di chi l’ha concepita, consegnata alle stampe e gestita nell’arco di ben tre rinascite [prima del recente rilancio, naturalmente – NdR]. Insomma, se autentico può significare concreto, proprio del nostro oggettivo quotidiano, l’autentica saga di PK è anche quella che ha condotto alla sua realizzazione a fumetti.

Paperinik il Diabolico Vendicatore è una storia del 1969 nata da un'idea dell'allora caporedattrice di Topolino Elisa Penna, sceneggiata da Guido Martina e disegnata da Giovan Battista Carpi
‘Paperinik il Diabolico Vendicatore’ (1969) è la prima storia di Paperinik, nata da un’idea dell’allora caporedattrice di Topolino Elisa Penna, sceneggiata da Guido Martina e disegnata da Giovan Battista Carpi.

È una storia che – per quanto mi riguarda – inizia nel 1995. Mentre eravamo di ritorno da un incontro di studio dedicato a un diverso argomento disneyano, Ezio Sisto, all’epoca caposervizio sceneggiature dei periodici Disney, mi chiese se sarei stato disponibile a partecipare a un restyling di Paperinik. A quel tempo l’alter ego di Paperino, pur essendosi evoluto nell’interpretazione di numerosi ed esperti autori, sostanzialmente ancora rispondeva alla caratterizzazione scelta dai suoi creatori Elisa Penna, Guido Martina e Giovan Battista Carpi nel 1969, e le sue avventure erano pubblicate su Topolino e sul mensile Paperinik. A comporre le copertine di quest’ultimo era Massimiliano «Max» Monteduro, che con vulcanica immaginazione grafica e rutilante impiego delle nuove tecniche d’elaborazione digitale (nuove, sì, era il ’95, non ve lo scordate), le rendeva più che mai spettacolari e ricche d’effetti speciali. Dopodiché, nelle pagine interne, il buon vecchio papero mascherato era quello di sempre.

Parigi val bene un PK

Nessuno ci trovava di che lamentarsi, Paperinik continuava a vendicare i torti subiti da Paperino, a tenere in riga i Bassotti, Spectrus e Inquinator e soprattutto a divertire i propri lettori. Nessuno tranne gli esigentissimi Ezio e Max, insoddisfatti di quella promessa fatta a sé stessi, che ritenevano non mantenuta. Giusto in quei giorni, poi, Alberto Lavoradori aveva inviato in redazione una serie di studi raffiguranti minacciosi paperoidi alieni, slanciati e aggressivi, ben lontani dalla morfologia tranquilla e tondeggiante dei paperi consueti. Alberto non aveva idea di chi fossero, sapeva solo che erano fatti così, ma con la sua arte erano fatti meravigliosamente.

Non era possibile sfruttarli per far salire a Paperinik qualche gradino sulla scala supereroistica, dandogli modo d’interpretare un nuovo genere di vicende?

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A volte una frase fatta ci sta bene, dunque mi sia permesso usarla: accettai con entusiasmo. La saga era incominciata, sembrava un incarico, ma per svariate ragioni era anche una congiura. Se Paolo Cavaglione, direttore di Topolino e delle altre riviste, ci reggeva fattivamente il gioco, esplorando tecniche di stampa che avrebbero rinnovato la veste di prodotto e addirittura ordinando sfavillanti inchiostri tipografici speciali dal Canada, il centro creativo di Parigi, da cui allora dipendevano le pubblicazioni italiane, aveva una visione più rigorosa e ortodossa. Appena avesse fiutato odore d’eresia, il nostro progetto sarebbe finito al rogo. Per contro c’era la possibilità che si sviluppasse non come ciclo di storie, bensì in una testata autonoma, dunque mi diedi a scriverne il format.

Grandi domande

Tutto andava riletto e ripensato dalle basi, occorreva una buona ragione per cui Paperinik cambiasse abitudini e classe d’imprese. Il suo vecchio covo, nella cantina d’un quartiere di periferia, gli sarebbe andato stretto. Il segno del nuovo, per antitesi, poteva solo essere portarlo in cima a un grattacielo del centro. La Ducklair Tower! Puntavamo a coinvolgere anche lettori più adulti e smaliziati, capaci d’apprezzare i toni del grigio oltre al bianco e al nero, pertanto il cast richiedeva personaggi psicologicamente modellati, in ciascuno dei quali ci fosse più di quanto l’evidenza della recitazione dichiarava. Magari il germe dell’opposto, esattamente il tipo di protagonisti che ho sempre preferito. Uno, l’intelligenza artificiale, in apparenza altezzoso, certo della superiorità del silicio sul carbonio e in realtà sofferente per la mancanza d’interlocutori e l’insicurezza di non essere una «persona vera»; Everett Ducklair, potenziale fonte d’ogni soluzione inquinata da una vena distruttiva, o l’instabile Xadhoom, ai quali mano a mano avrei aggiunto Odin Eidolon, il Razziatore, Geena e la Tempolizia…

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Nel frattempo Ezio lavorava a propria volta su altri aspetti del rinnovato panorama e non passava giorno senza che ci ponessimo a vicenda quesiti fondamentali. Paperinik si sarebbe trovato fra le zampe un giornalista «creativo» che pensavo di chiamare Owen McMurduck (con la tradizionale desinenza in -duck), ammiccando allo shakespeariano Owen McMurdock. Che gliene sembrava? Troppo intellettuale, con un suono chiuso che non esibiva la tendenza di quel tipo a rimestare nel torbido. Perché – mi chiese – non Angus Fangus? Per parte sua, lui aveva scoperto che i paperoidi erano vampiri spaziali, predatori d’emozioni. Evroniani provenienti da Evron, o Evoniani di Evon? Votai per il primo. L’alternativa, più che a parassiti galattici, mi faceva pensare a una stirpe di presentatori di cosmetici cosmici a domicilio, pianeta per pianeta.

PKNA

Infine, nel ’96, il numero zero di PK (avevamo scelto di battezzarlo con la sigla d’archivio delle storie di Paperinik, un segnale per dire ai lettori che quella era una faccenda per iniziati) fu pronto. Nonché approvato dalle più alte gerarchie, che l’avevano ritenuto un tantino eterodosso, però non blasfemo. Eravamo liberi di presentarci in edicola. Nonostante il debutto accompagnato da una campagna di comunicazione minima, fu il passaparola del pubblico a sostenerci. PKNA, ovvero Paperinik New Adventures, diventò da subito un fenomeno, c’era già una comunità di PKers che attendeva solo che PK si decidesse a entrare in azione! L’avessimo saputo prima.

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Dopo il secondo numero (ma svariati episodi a venire erano già in pista), poiché fino ad allora ne avevo realizzato soggetti e sceneggiature, Cavaglione mi propose la responsabilità di scrivere, come sceneggiatore unico, l’intera serie finché fosse durata. L’idea aveva un suo fascino, ma in quel momento mi trovava contrario ai regimi di monopolio. La mia impressione era che riservando a me solo uno scenario per Disney così innovativo e potenziale com’era quello di PK, avrei privato di qualche valida opportunità non soltanto i colleghi, quanto e soprattutto i lettori. Declinai. Non me ne sono mai pentito: se avessi scritto tutto io, non avrei potuto leggere molte belle storie altrui. Di conseguenza a bordo dell’astronave s’imbarcarono penne straordinarie, sia di lungo corso come Tito Faraci o, più avanti, Rudy Salvagnini, sia provenienti dalle forze fresche (e destinate a lasciare il segno) della sceneggiatura, come Augusto Macchetto, Bruno Enna, Paola Mulazzi e Diego Fasano, andando ad alimentare le matite non meno eccezionali di Stefano Intini, Claudio Sciarrone, Silvia Ziche, Fabio Celoni, Francesco Guerrini,Corrado Mastantuono, Marco Forcelloni, Andrea Freccero, Alessandro Barbucci… per citarne soltanto alcuni: i colleghi che non ho menzionato non me ne vogliano, ma la lista sarebbe probabilmente più lunga dell’educata pazienza di chi mi legge.

PK2

Dopo quasi cinque anni di mirabolanti gesta dell’eroe piumato, il primo ciclo fondativo di PKNA andò a chiudersi con Se…, sceneggiato da Stefano Ambrosio e disegnato da Stefano Turconi, Lorenzo Pastrovicchio e GrazianoBarbaro. Nel seguente febbraio del 2001, all’appuntamento mensile in edicola il pubblico trovò Ducklair, primo episodio di PK2, scritto da Francesco Artibani per la grafica di Claudio Sciarrone. A volte tutto cambia – si dice – affinché non cambi nulla. Lo scopo dell’ulteriore ristrutturazione era appunto quello di far sì che PK non tradisse la filosofia di rivoluzione permanente che l’aveva generato, tanto più con l’ingresso nel XXI secolo, occasione di riflessione e di stimolo a non addormentarci sugli allori.

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Il nuovo corso, che fra i principali artefici vedeva ancora e indispensabilmente Ezio Sisto, passato al ruolo di capo redattore centrale, con Davide Catenacci e Gianfranco Cordara, prendeva le mosse dalla realtà consolidata della serie, introducendovi fatti… che la scardinassero! Il ritorno di Everett Ducklair alla Ducklair Tower escludeva Paperinik dal proprio quartier generale, mentre anche Paperino si trovava un nuovo impiego nel servizio di sorveglianza del Duckmall Center, il maggiore centro commerciale paperopolese.

Personalmente mi dedicai al trasloco di PK alla Century, una fabbrica diroccata eletta a sua sede operativa, e a definire personaggi come Lyonard D’Aq, un vecchio papero ex assistente di un supereroe del passato, o Tyrrel Duckard, molto liberamente ispirato al cacciatore di androidi di Blade Runner. La riformulazione spostò il focus su antagonisti diversi e l’asse narrativo lungo linee di Nerenti, in parte derivate da quelle precedenti. In particolare sulla storia di Everett, genio e magnate (assistito dai suoi più diretti collaboratori Anymore Boring e Birgitte Q, figure di speciale interesse di questa fase della saga), che dopo anni di frequentazione scopriamo essere un esule extraterrestre con molto da nascondere: addirittura due figlie!

PK

Diretto da Claretta Muci, che ora firmava i periodici Disney, in diciotto uscite PK2 portò a compimento le parabole individuali ancora restanti dei protagonisti nati con PKNA. Era il momento di un’altra resurrezione, attuata nell’agosto del 2002 con PK, testata che divenne a tutti gli effetti il nome del protagonista, non più il codice fiscale di Paperinik.

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La prima storia, Un supereroe per caso, di Gianfranco Cordara e Lorenzo Pastrovicchio, sancisce la transizione in una realtà radicalmente riscritta, dove sono presenti alcuni personaggi che conosciamo da sempre, come Angus Fangus o Lyla, la giornalista-droide, ma niente di quant’altro il pubblico sapeva ha più valore. PK non è il Paperinik che una serie d’eventi ha portato a occuparsi d’imprese più grandi, bensì un intrepido Guardiano della Galassia, arruolato da Uno, residente terrestre dell’organizzazione interplanetaria in questione. L’identità del suo costume con quello che gli vediamo addosso da sempre come erede di Fantomius, il ladro gentiluomo, è una pura casualità: da questo numero e per gli altri in cui si declina l’ultima stagione del papero mascherato si rifanno le presentazioni, con i lettori e con i personaggi che l’hanno accompagnato nelle sue spedizioni nel tempo e nello spazio. Ma in un’altra dimensione, poiché adesso, in questo universo parallelo, non lo conoscono!

Il senso di una tale amnesia sta nell’avvicendamento dei lettori, i più giovani dei quali non hanno partecipato alle origini di PKNA, e nello spostamento della loro età media a una fascia anagrafica più bassa. A loro Pikappa – per esteso, come nel sottotitolo di copertina – offre un nuovo inizio che li coinvolga e storie dalle motivazioni meno intricate. Non meno appassionanti, e il terzo ciclo della saga si dipana perciò in un dinamico crescendo d’emozioni lungo trentadue episodi… al quale ammetto d’aver contribuito solo con il ventiduesimo, intitolato Trasporto valori.

In congedo provvisorio

Dicono che Paperino sia uno scansafatiche. Eppure, indossati maschera e mantello, in tutte le incarnazioni di PK ha sempre dato il meglio di sé, magari brontolando un po’, ma senza risparmiarsi. Supereroe di quartiere passato di grado suo malgrado, poi paladino planetario d’una certa esperienza e infine guardiano galattico con regolare contratto, ha comunque saputo farsi apprezzare. Forse perché ci sono storie che nascono da coloro che le interpretano, proiettate dagli stessi sullo schermo della vignetta (oppure su quello cinematografico, o sulla pagina del romanzo) a misura delle loro capacità, e altre che invece danno forma ai propri protagonisti.

Quelle pikappiche però non appartengono né all’una, né all’altra categoria, poiché Paperinik, PK, Pikappa o comunque lo si voglia chiamare è soprattutto un mediatore di temi, dalla fantascienza sociale a quella imperniata sulla fisica teorica, al complotto spionistico e alla fantasy, che filtra e adatta alla propria modalità comunicativa. Come tale potrebbe dare ancora molto, e se al presente sembra preferire la sua caratterizzazione classica e la 313-X alla PiKar, non è detto che a una chiamata più impegnativa non risponda «presente», tornando a scatenarsi nell’improbabile.

Gli eroi, anche paperi, sono fatti così.

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* Questo testo è apparso sul catalogo Da Paperinik a PK – Viaggio fra i supereroi Disney, che è stato il catalogo della XXXVII edizione della Mostra Internazionale dei Cartoonists di Rapallo (a cura di Carlo Chendi e Sergio Badino), che ha avuto luogo presso l’Antico Castello sul Mare nel periodo 3-18 ottobre 2009. La Mostra e il catalogo (co-pubblicato da Deus e Tunué) sono stati realizzati dall’associazione culturale “Rapalloonia!” per il Comune di Rapallo.

Alessandro Sisti (Broni [PV] 1960) è uno sceneggiatore di fumetti, giornalista e scrittore. Ha pubblicato con Mondadori, Rizzoli, DeAgostini e dal 1980 è uno dei «Disney Italiani», ma ha scritto anche per Warner Bros, collaborato al Corriere dei Piccoli e, come cronista, con l’Eco di Genova, il Corriere Mercantile, Italia Oggi, L’Europeo e Capital. Ha insegnato sceneggiatura e scrittura creativa all’Accademia Disney e presso la Scuola del Fumetto di Milano.

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