In occasione del centenario della Grande Guerra, in giro per il mondo sono state varate molte iniziative culturali e storiche. Una delle più interessanti e originali, a nostro avviso, è Valiant Hearts – The Great War, videogame realizzato da Ubisoft con la collaborazione della “Mission Centenaire 14-18” e della Clarke Costelle & Co. Productions, ossia i creatori della serie di documentari televisivi Apocalypse World War I. Il progetto richiama alla mente quanto accaduto dalle nostre parti, con la realizzazione di un videogioco sul centocinquantenario dell’Unità d’Italia, ma con risultati diametralmente opposti all’orrendo “Gioventù Ribelle” prodotto nel nostro Paese.
Valiant Hearts, oltre a vantare una grande autorevolezza delle fonti storiche, sfoggia anche uno stile tutt’altro che scontato per questo filone: un tratto grafico cartoonesco, molto vicino all’estetica del fumetto. Tanto che gli autori lo definiscono un “graphic novel videoludico”. Alla CGI vera e propria, infatti, si sostituiscono disegni realizzati interamente a mano, la cui animazione è sviluppata dal motore grafico UbiArt Framework, lo stesso del recente Child of Light che si ispirava visivamente ai romanzi illustrati dell’inizio del secolo scorso.
I personaggi si muovono come in una grande striscia, divisa su vari livelli sia in altezza che in profondità. A ad aumentare l’apparenza “fumettistica” intervengono gli split screen, realizzati come fossero vignette che mostrano azioni contemporanee alle nostre, più lontane eppure direttamente legate a quel che i nostri personaggi stanno tentando di fare. Ad esempio, se si dovrà disabilitare una postazione nemica con mortai vedremo, in un angolo dello schermo, la postazione in azione, e nella restante parte di immagine ci ritroveremo a evitare i colpi di mortaio.
I protagonisti sono quattro. Emile, un francese non più giovane la cui figlia è sposata a un tedesco, Karl, richiamato alla parte avversa del fronte. Ci sono poi il legionario americano Freddie, un massiccio nero in cerca di vendetta contro un ufficiale tedesco, e l’infermiera belga Anna, cui lo stesso ufficiale ha rapito il padre scienziato. La vicenda salta dall’uno all’altro facendo anche uso di flashback, che ingegnosamente a volte prolungano la sospensione di alcuni cliffhanger. A fare spesso da fil rouge è quello che potremmo considerare il quinto protagonista, il cane di guerra Walt, che collabora di volta in volta con tutti quanti e incarna una purezza naturale che non soccombe al conflitto.
Lo stile di disegno è quasi vignettistico, con omoni tozzi e donne esili, tutti dagli occhi coperti da capelli oppure da un qualche elmo o berretto militare. C’è infatti di che divertirsi, con diversi passaggi leggeri, sia per l’accompagnamento musicale sia per elementi ludici particolarmente movimentati. In genere, comunque, il tono è sobrio e l’azione è costituita dalla risoluzione di puzzle piuttosto intuitivi ma non troppo ovvi. Un buon bilanciamento, che nella meccanica di gioco ricorda un altro platform adventure dagli elementi fumettistici come The Cave.
La stilizzazione grafica sdrammatizza l’orrore della guerra, ma solo fino a un certo punto. Con il procedere del gioco, infatti, non mancano veri e propri pugni allo stomaco. E il finale, com’è giusto che sia data la materia trattata, è tutt’altro che da striscia umoristica. Valiant Hearts evoca dunque un eroismo molto diverso da quella glorificazione della guerra fin troppo comune nel mondo videoludico. Col risultato di sembrare uno tra i giochi più antimilitaristi mai realizzati.