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A spasso per la letteratura con Enrique Fernandéz [Intervista]

I racconti dell’Era del Cobra di Enrique Fernandéz, pubblicato in Italia da Tunué, rappresenta un interessante esperimento narrativo che unisce, alle già note doti grafiche dell’autore, un elaborato gioco di riferimenti e citazioni dai classici della letteratura d’ogni tempo. Quella di Tunué, prealtro, sarà l’unica versione tradotta al mondo dell’opera.

Abbiamo conversato con l’autore, provando a sviscerarne gli aspetti a nostro avviso più stimolanti.

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Il tuo racconto fa evidente riferimento a classici della letteratura di ogni tempo, uno su tutti Le mille e una notte. Da cosa è provenuta questa ispirazione? Sei appassionato del genere o hai scelto quel codice di linguaggio perché più adatto a questa storia?

Sono molto attratto dalla struttura del racconto fiabesco, in ogni possibile variante, sia che sia per bambini che o rivolto ad un pubblico adulto. C’è qualcosa nel modo in cui noi narriamo un racconto che può consentire al lettore, o al pubblico, di aprire la propria mente riguardo ciò che si aspetta dalla storia. Ciò mi induce a introdurre alcuni elementi che hanno un carattere più emotivo o esotico, e non solo meramente narrativo, senza bisogno di dover addurre troppo spiegazioni. Quest’ultime rovinerebbero la sorpresa e l’incanto del momento. A volte, è più interessante mantenere un alone di mistero su ciò che sta accadendo in determinati momenti della narrazione. Adoro quei momenti in cui scopriamo qualche elemento strano, inquietante nella storia, e in cui, non sapendo esattamente cosa sta succedendo, dobbiamo usare la nostra immaginazione per riempire i tasselli mancanti. Possiamo accettare che qualcosa possa accadere o esistere anche se non riusciamo a comprenderlo completamente. Questo, secondo me, aggiunge molto interesse, perché spinge il lettore ad immaginare tutte le infinite possibilità riguardo lo sviluppo della storia..

Uno dei temi del libro appare la forza redentiva dell’arte, più forte di ogni Potere, più forte del Male. Mi ha fatto pensare ad una celebre, e approssimativa, citazione da L’idiota di Dostoevskij: “sarà la bellezza a salvare il mondo”. È questo, grosso modo, il messaggio dell’opera?

Il vero cuore del messaggio credo sia mostrare differenti punti di vista sull’amore. L’amore dei giovani amanti, onestamente passionale e reciproco, con i suoi sciocchi momenti iniziali. Ma anche l’amore di Cobra per il potere, e per l’apprezzamento degli altri. Ovviamente, in questo caso una forma più egoista di amore. C’è anche l’amore per l’arte e la libertà che è introdotto dal personaggio di Maluuk, l’amore per se stessi di Numbasa, e l’amore per i ricordi, che accecano il presente e il futuro, rappresentato dal personaggio europeo, il fuciliere. Ho voluto giocare col violento contrasto di tutti questi diversi punti di vista sull’amore per creare un coloratissimo combattimento, mostrando come esso sia il motore che nutre le nostre azioni, nonostante le circostanze avverse.

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Altro aspetto fondamentale, è il percorso di caduta e resurrezione del protagonista. Ti sei ispirato a personaggi classici per delinearlo?

In realtà, non ho colto riferimenti diretti dalla letteratura, è qualcosa che ho vissuto personalmente, soprattutto nell’adolescenza. Quella è l’età del nostro processo di prove ed errori, di sperimentazione e definizione del nostro aspetto sociale. Un processo che può essere vissuto drammaticamente, quando in realtà c’è solo da imparare. E questo rappresenta un coinvolgimento emotivo fortissimo, per questo possiamo facilmente identificarci col personaggio principale.

Andiamo più sul tecnico. Parlaci del tuo stile: come ti approcci al disegno, quali tecniche usi?

Negli ultimi tempi sto realizzando tutto a livello digitale, dal lavoro delle matite fino al colore finale. Indubbiamente, è un modo più comodo di lavorare, consente di essere più produttivi, soprattutto se l’obiettivo è consegnare in tempi decenti! In questo libro ho giocato molto con le trame dei colori a matita, aggiungendone una texture alla fine per rendere l’effetto complessivo più caldo. In passato tendevo a nascondere i miei tratti di matita, ma ora mi sento più sicuro di mostrarli come parte integrante del lavoro finale. Anche il contesto storico richiede in un certo senso delle trame più ruvide, ho quindi giocato sul contrasto, accostandole a volte alla presenza di luci chiarissime.

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Puoi dirci qualcosa sull’uso del colore, sgargiante e vario per tutta la narrazione?

Credo il colore sia considerato dai lettori uno degli aspetti più validi dei miei libri, e ne sono molto contento…perché per me è la parte più facile e naturale del lavoro! Solitamente, immagino ogni sequenza dei miei libri direttamente a colori. Immediatamente, prendono forma nella loro interezza. Questo, ovviamente, include gli effetti di luce, poiché mi piace giocare molto con l’ambiente circostante all’azione. A volte, cambio il colore di una scena già finita, perché magari non mi seduce, inizio dunque a mescolare e a provare colori ai quali non avevo pensato inizialmente. A volte, questi tentativi sono così estremi che si rivelano fallimentari, ma ci sono sempre una o due scene che improvvisamente cambiano e diventano più vive, semplicemente alterando i livelli dei colori. Lo vivo come un gioco, un modo per aggiungere improvvisazione a un lavoro che, a volte, può diventare troppo rigoroso.

A cosa stai lavorando ora?

Sto lavorando al secondo volume di Brigada, una serie fantasy che parla di una banda di soldati nani intrappolati in un mondo misterioso e ostile. Dovranno trovare il modo di tornare a casa combattendo mostri e altri nemici sul loro cammino, non menzionando il fatto che sono tutti criminali e che non si sopportano l’un l’altro.In Italia, sarà pubblicato la prossima primavera da Tunué, che ha sostenuto la campagna di crowdfunding che ho lanciato per creare la serie.

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