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FocusProfiliIntervista a Wolinski, un moralista che rifletteva sulla società, ridendo

Intervista a Wolinski, un moralista che rifletteva sulla società, ridendo

Questa intervista a Wolinski è originariamente apparsa su «l’Unità» del 15 marzo 1993. La ripubblichiamo in questa sede per ricordare l’autore tragicamente scomparso nell’attentato terroristico alla sede di Charlie Hebdo.

Leggi anche: Chi era Wolinski, il più grande osservatore della sua generazione, ucciso a Charlie Hebdo

wolinski

Wolinski! Quasi un urlo, uno slogan, o forse uno sberleffo, lanciato sul pavé di un maggio parigino, diventato poi il Maggio per antonomasia.

A urlare e a graffiare con suoi disegni e le sue vignette, lui, Georges Wolinski (nato nel 1934 a Tunisi da padre polacco e con una nonna italiana) aveva cominciato già prima del mitico 1968: dal 1960, per la precisione, sulle pagine di Hara-Kiri, palestra di cattiveria e feroce ribellione. Poi quando la contestazione scese nelle strade del quartiere Latino, per Wolinski fu naturale prenderla a braccetto, seguirla e coccolarla con manifesti, vignette, scorribande sarcastiche come Je ne veux pas mourir idiot o e come L’Enragé. Che poi, di quella stagione, in qualche modo, restasse deluso, fino a trarne un amaro bilancio nelle vignette della serie Il n’y a pas que la politique dans la vie, poco importa. Anzi, venticinque anni  dopo, per quel periodo spende ancora parole generose: «Tutto quello che si diceva nel 1968 era giusto», commenta ricordando quella eredità.

Oggi Wolinski, alle soglie dei sessant’anni, è un distinto signore un po’ malinconico, cortese e gentile, che risponde con garbo alle domande, assaporando un sigaro toscano che ha appena comprato in una tabaccheria, qui a Treviso, dove era ospite di Teviso Comics, la rassegna che quest’anno gli ha dedicato (assieme ad altri grandi come Swarte, Van Den Bogarde, Margerin, Morris e Baxendale) una straordinaria mostra di originali. Qualche critico dice che la sua matita non è appuntita come un tempo e che graffia meno. «Forse è vero – conferma Wolinski – sono meno aggressivo. Ma come si fa a tenere il passo. Oggi tutti lo sono, nella vita, in politica, a letto, nei talkshow, in tv, sui giornali: nel campo della comunicazione si può dire di tutto. Io ho cominciato in un’epoca in cui di queste libertà non ce n’era nessuna. C’era il colonialismo (ho fatto 28 mesi di militare in Algeria, la tv era in bianco e nero e gollista, i giornalisti non ti facevano mai domande insolenti e non c’era stata ancora la liberazione della donna. Come si faceva a non essere aggressivi!».

wolinski

Insomma, a cambiare, più che disegni e disegnatori sembrano essere stati i tempi. Non è che c’entrerà anche qui il crollo del comunismo? «C’entra, c’entra – ribatte Wolinski – o forse c’entra il fatto che la sinistra non è più quella. Guardi un po’ quel che succede in Francia: dopo dieci anni di socialismo ci ritroviamo in un paese regalato alla destra. Come è potuto accadere? Perché la sinistra francese – continua Wolinski – ha voluto far vedere che in economia era brava come la destra, e questo non era certo quello che la gente si aspettava. Sul piano sociale non ha fatto niente di coraggioso, non ha portato innovazione, ha solo gestito. I socialisti nostrani sono molto fieri di avere un franco forte… e tre milioni di disoccupati».

Un deluso, come tanti altri, dalla sinistra ma che, nonostante tutto, continua ad amare e a votare. Anzi, qualche anno fa, sorprendendo molti, smise i panni di un furore un po’ anarchico e si arruolò nelle più disciplinate truppe dei comunisti francesi, collaborando per lungo tempo al quotidiano del Pcf L’Humanité. «Ho un buon ricordo di quel periodo, mi piacevano, più che le idee gli uomini: i rapporti con i comunisti sono sempre stati seri e pieni di calore. Ho sempre fatto disegni contro il potere – ricorda Wolinski – e dunque facevo disegni anche contro i socialisti. E quando il Pcf, che divideva resposabilità di governo con il Ps francese, mi ha chiesto di avere un occhio di riguardo ho semplicemente detto di no e li ho salutati, da buoni amici: sono sempre stato un uomo libero, non un militante».

Lo studio di Wolinski
Lo studio di Wolinski

Non risparmia nessuno monsieur Wolinski. Del resto non lo ha mai fatto. In trent’anni ha messo alla berlina De Gaulle, Pompidou, Giscard e ora Mitterrand. In una sua recente vignetta, esposta tra le altre qui a Treviso, mette a confronto il presidente francese con Gorbaciov. Una didascalia, sotto la caricatura di un Gorbaciov al tramonto, sfatto e con la barba lunga dice: «La storia non può sbagliare» e l’ex leader sovietico, sconsolato risponde: «Io sì». Gli fa eco un Mitterrand che alla scritta «La storia può sbagliare», ribatte: «Io no». C’è una buona dose di pessimismo sul futuro politico francese e le prossime elezioni del 21-28 marzo non fanno ben sperare. «È una partita già giocata – commenta Wolinski – I francesi sanno già come andrà a finire e aspettano solo di sapere chi Mitterrand sceglierà come primo ministro tra Chirac o Balladur. Comunque la vera partita sarà alle presidenziali tra due anni».

Non risparmia, monsieur Wolinski, nemmeno l’Italia dove, da un po’ di tempo (origini a parte) è di casa. È appena stato a Bologna per consegnare a Cuore, il settimanale diretto da Michele Serra, al quale collabora da qualche settimana, la sua ultima tavola di una serie intitolata «Lettere d’amore da Parigi». Prima c’è stata l’esperienza cinematografica (in veste di attore) di Non chiamarmi Omar, il film diretto dal suo collega di matita Sergio Staino e presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia.

E qui a Treviso, girando per le strade di questa bellissima città, ha raccolto ispirazione per la vignetta sull’Italia che pubblichiamo in questa pagina e che è uscita ieri sul settimanale francese Le Journal du Dimanche:

Click per ingradire
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Sarà perché l’erba del vicino sembra sempre più verde, ma con il nostro Paese è più indulgente e persino Tangentopoli gli sembra poca cosa di fronte a certa grandeur francese: «Oh sì – spiega – ci sono molti italiani disonesti, ma sono più intelligenti dei francesi. In Francia, forse, i politici hanno rubato di meno ma hanno costruito troppo: un furore da grands oeuvres incomprensibile. E non solo a Parigi: dovrebbe vedere certi palazzi, sedi di governi locali o comunali. Sa cosa penso – aggiunge scherzando con un quasi-slogan – mieux la corruption que le béton», che in italiano suona «meglio la corruzione del cemento armato». Ma poi, incalzato da una nostra domanda, non nasconde le sue preoccupazioni per l’Italia: «Certo il grado di corruzione raggiunto mi sembra enorme e certi fenomeni, solo vostri, come le leghe potrebbero portarvi a svolte di tipo jugoslavo».

Di fronte al peggio, sarà meglio, allora, lasciare per qualche istante la politica e parlare di sesso, altro tema scomodo privilegiato dal disegnatore francese. Ma poi, gira e rigira, ci si ritrova più o meno dalle stesse parti, anche perché se, come si diceva, un tempo, il privato è politico, che cosa c’è di più «privato» del sesso. «Il sesso – spiega Wolinski – è più difficile da trattare della politica che ha dalla sua il vantaggio di basarsi sull’attualità. E non è stato facile, almeno fino a qualche anno fa, far ridere tutti, anche le donne, su questi temi».

wolinski

Le donne, spesso, Wolinski le ha maltrattate, dipingendole come delle assatanate creature «che non pensano che a quello» (è il titolo di un suo celebre libro). «Ma a “quello” ci pensavo anche io – confessa – , sono un figlio degli anni Cinquanta, che frequentava ragazze inibite, che si è sposato presto e ha fatto figli magari non voluti. Oggi, per mia figlia diciottenne, parlare di preservativi è normale, ma per me, allora… Comunque credo che un po’ di frustrazioni sessuali facciano bene, come un pizzico di libertà in meno che ti costringe a cercare la trasgressione, lo sberleffo irriverente».

Quasi un nostalgico, con una punta di conservazione o, forse, come lui stesso ama definire il disegnatore satirico, un moralista che riflette sulla società e su se stesso. E che ride.

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