Il nome sembra già predire un destino: piovono elefanti, It’s Raining Elephants. Ogni volta che ci penso le immagini che questa espressione suscita sono molteplici. Da una parte il senso di un violento scossone. Un elefante, due, tre, quattro, mille elefanti che cadono dal cielo sono fragorosi, rumorosi, enormi, possenti. Dall’altra quello di una visione mitologica. E le visioni, si sa, provocano meraviglia, stupore, e straniamento. Guardando il lavoro di Evelyne Laube e Nina Wehrle nessuna di queste attese viene disillusa.
Le due giovanissime autrici svizzere si incontrano all’università, alla Hochschule Design & Kunst HSLU di Lucerna e da lì, nel 2008, parte un sodalizio artistico che darà vita al progetto It’s Raining Elephants. Le due autrici intrecciano i loro lavori, formando un’identità molto ben definita, interessantissima in tutte le sue declinazione, dall’attività editoriale a quella commerciale, fino a lavori in cui l’illustrazione si ibrida e confronta con immagini in movimento, musica, ceramica e design. Ogni volta vengono introdotte da una lunga lista di premi internazionali, BIB, Bologna Children’s Book Fair, Cj Award. Se occorressero delle credenziali oltre allo straordinario e multiforme lavoro di disegno. Non a caso mi servo della parola disegno perché nell’atto del disegnare, del tracciare linee, spesso in punta di matita, nella relazione fra mano, strumento per delineare e foglio sembra risiedere il nucleo del lavoro di It’s Raining Elephants.
I segni di Laube e Wehrle, due distinti che si confondono, fondono e avvicendano sul foglio in una specie di cerchio ininterrotto di lavorazione, è paragonabile ad un sensibile strumento di registrazione delle forme e delle variazioni del visibile. Nei loro tratti risiede una sorta di forza primigenia, che evoca una “necessità del disegno” come canale per rivelare e costruire il mondo. Come quella manifestata nelle grotte di Lascaux o Altamira, dove l’essenza dell’uomo e dell’animale inizia a esistere perché fermata su una parete di roccia; o come i disegni infantili in cui colore, prospettiva, architettura, relazioni fra gli elementi enunciano con esattezza la struttura più intima delle cose.
Laube e Wehrle disegnano come bambine, con la stessa lucidità e precisione, in un continuo equilibrio fra descrizione e simbolo. Ecco perchè colpiscono, nella loro produzione, due opere a stampa come ¿Quién Es Guillermo Tell? (di cui potete vedere la lavorazione qui) e Die Grosse Flut, entrambe legate a narrazioni religioso-leggendarie.
Il lavoro Die Grosse Flut (di cui potete leggere anche una bella descrizione sul blog dei Topipittori qui) è una trasposizione in forma di sequenze di illustrazioni del testo della Genesi relativo al diluvio universale. Una forma libro inedita, un cofanetto in cui i capitoletti 6, 7 e 8 della Genesi corrispondono ad altrettante segnature stampate e piegate; attraverso l’atto del dispiegare il lettore costruisce una narrazione. Un colore dominante per ogni fase, un simbolo (il legno dell’arca, la nuvola del diluvio e la piuma della fine del diluvio), tre frammenti. La qualità del segno delle autrici è capace di esprimere una storia universale, rivelandone il lato più arcaico ma anche l’assurdità testuale, come dicono le autrici stesse. L’aggettivo che potrebbe definire questa produzione è “ctonio”, attributo che nella mitologia greca definiva quanto aveva a che fare con il mondo sotterraneo.
Nello stile di Laube e Wehrle c’è una vibrazione che collega ciò che è antico a ciò che è assolutamente contemporaneo. Raccontano così dell’umano e del divino; ci sono gli uomini, anzi gli omini; pullulano le tavole, le abitano letteralmente come in un wimmelbuch, compiendo azioni in tutte le dimensioni dello spazio; sono il popolo colpevole per questo minuscolo nella sua raffigurazione, che Dio vuole spazzare dalla faccia della terra; essi sono il contrario del personaggio di Noé, raffigurato come un vecchio pensoso, con la fronte solcata da linee simili alle concrezioni rocciose dei monti sullo sfondo dell’arca in costruzione. Nel suo volto i dubbi sono incisi dalla matita (gli stessi dubbi che sono alla base della struttura architettonica del libro su Guglielmo Tell che cerca per 32 pagine di rispondere con delle ipotesi disegnate alla domanda del titolo). Essi sono il contrario anche degli animali, che testimoniano la loro innocenza verso il mondo, trionfando nella loro selvaggia bellezza e nell’enigmaticità dei loro sguardi. Anche quando sono compressi e ristretti in uno spazio angusto come quello dell’arca che li “contiene”.
Sanno mescolare, Laube e Wehrle, le atmosfere, trasmettendo una sensazione di bilico, alternando ciò che è oscuro, nero, fatto di materia solida a quello che è vuoto, leggero, spazio aperto alla possibilità. Come dei pesantissimi elefanti che aerei piovono dal cielo. Evelyne Laube sarà protagonista, in occasione di Art City, di una Lectio Magistralis presso l’Accademia Belle Arti di Bologna venerdì 23 gennaio 2015, alle ore 11. Sempre a Bologna terrà un workshop per artisti il 24-25 gennaio 2015. Per maggiori informazioni cliccate qui.
Ilaria Tontardini // Hamelin Associazione Culturale