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Focus9 comics americani che non esistono (ma che vorremmo leggere)

9 comics americani che non esistono (ma che vorremmo leggere)

Se alcuni fumetti hanno iniziato la propria corsa editoriale incespicando prima di raggiungere il traguardo (vedi qui), altri non hanno nemmeno iniziato la gara. Ecco uno sguardo ai nove fumetti più interessanti annunciati, ma mai usciti.

Il crossover Batman/Amleto

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Nel 1996, Steve Englehart propose una storia per l’etichetta DC Elseworlds in cui Batman veniva reinventato come una rappresentazione shakespeariana. The Tragedy of Batman, Prince of Denmark – questo il titolo dell’opera – mischiava la trama dell’Amleto e le origini dell’Uomo Pipistrello in un ibrido dal tono compassato.

Englehart ha svelato a Comic Book Resources la genesi dell’opera, dichiarando di essere sempre stato un appassionato del Bardo e di aver scritto un trattamento di 96 pagine che disseminava nel dramma elementi della mitologia batmaniana: «Siccome erano anni che leggevo che nessuno era mai riuscito a escogitare una caratterizzazione convincente per Amleto, perché cambia idea così spesso, pensai di aver trovato una sfida interessante. Lessi il dramma con attenzione e buttai giù un percorso psicologico stabile per il personaggio. E poi ci inserii Batman. Ne parlai con Denny O’Neil, editor delle testate di Batman all’epoca, e mi dette il via libera. Ma quando lesse la sceneggiatura non gli piacque.» Su io9 ha approfondito la questione spiegando che Yorick avrebbe assunto le sembianze di un Joker medievale e ad Amleto sarebbero toccati i panni del cavaliere oscuro.

The Tragedy of Batman, Prince of Denmark non vedrà mai la luce del sole sotto forma di fumetto, ma potete leggere la sceneggiatura originale acquistandone una copia direttamente da Englehart. Che è solito vendere le copie delle sue sceneggiature alle fiere, «ed è uno dei miei best seller!».

Il graphic novel sulla Cosa di Barry Windsor-Smith

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Nel 1984 Barry Windsor-Smith realizzò Quella notte…, un racconto con protagonista Ben Grimm, apparso su Marvel Fanfare #15 e da molti considerato la migliore storia con la Cosa protagonista dopo Questo uomo o questo mostro?. Sull’onda del successo ottenuto, Windsor-Smith iniziò a lavorare su una seconda opera dedicata al roccioso componente dei Fantastici Quattro che sarebbe dovuta comparire sul mensile The Thing: «Era una miniserie di cui avevo completato due parti, ma nel frattempo mi ero messo a creare Weapon X e la serie venne cancellata.»

A metà degli anni Duemila, Windsor-Smith riesumò la storia con l’intenzione di realizzarne un graphic novel. Nelle intenzioni dell’autore, la storia avrebbe dovuto cambiare la percezione del personaggio da parte dei lettori, come le storie di Weapon X avevano cambiato la prospettiva su Wolverine: «Vorrei presentarla come un volume singolo e con materiali editoriali che ne spiegassero la genesi, di modo da rendere la transizione tra quello che avevo prodotto negli anni Ottanta e le tavole nuove più indolore possibile. La Marvel non ha ancora approvato il progetto, ma ne stiamo discutendo.» Evidentemente, staranno ancora parlando, perché della storia non si è più saputo nulla, tranne una piccola anteprima del sito Comic Book Galaxy risalente al 2006.

All Star Wonder Woman/Batgirl

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All Star venne concepita come la risposta della DC all’universo Ultimate della Marvel. Grandi nomi del fumetto avrebbero potuto sperimentare con le icone della casa editrice liberi da ogni legaccio della continuity. Creata nel 2005, All Star fu battezzata da Frank Miller e Jim Lee con il loro All Star Batman & Robin, un flop qualitativo buono solo per l’antologico ‘I’m the goddam Batman’, a cui fece seguito All Star Superman, uno dei migliori lavori di Grant Morrison, creato in coppia con Frank Quietly.

Entrambe le serie subirono ritardi considerevoli (Superman terminò la sua corsa nel 2008, Batman & Robin sarebbe dovuta finire nel 2011 ma nonostante gli annunci, è ancora in stallo) e gli altri titoli previsti, All Star Wonder Woman di Adam Hughes e All Star Batgirl di Geoff Johns e J. G. Jones, entrambi annunciati nel 2006, non hanno mai visto la luce.

Devil di Miller e Simonson

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Sembra proprio che nel 1986, dopo la conclusione di Rinascita, Frank Miller avesse in programma di realizzare una nuova storia di Devil in due parti, per Daredevil #235-236, disegnata da Walter Simonson, all’epoca ancora impegnato nella sua gestione del personaggio di Thor. Lo abbiamo raccontato in un articolo sulle nostre pagine.

I vari Dottor Strange

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Di progetti riguardanti il Dottor Strange che non si sono mai concretizzati ne esistono almeno un paio. All’inizio degli anni Ottanta venne annunciato che Roger Stern e Frank Miller avrebbero preso le redini della testata dedicata al dottore. Lo stesso Roger Stern spiega che: «Non c’è davvero una storia dietro al rifiuto di Frank. Da quello che ricordo, si era impegnato su un progetto stile James Bond e mise in stallo Strange per questo motivo. […] Poi arrivò Daredevil (e più tardi Ronin) e non se ne fece più nulla.» Tutto quello che rimane della loro gestione è un poster promozionale disegnato da Miller.

Un salto di vent’anni avanti e il Dottore si ritrova al centro di un’altra idea dal potenziale alto: una storia scritta da Harlan Ellison (autore poliedrico famoso per il racconto «Pentiti Arlecchino!» disse l’uomo del tic-tac) e disegnata da John Romita Jr.

Ellison entrò in contatto con la Marvel a metà degli anni Novanta, quando gli fu proposto di scrivere una storia su Silver Surfer da pubblicarsi con l’etichetta Marvel Knights che sarebbe stata disegnata da Joe Quesada. Il progetto sfumò e, nell’aprile 2000, trapelò la notizia che la one-shot era stata ripensata come storia in tre parti per il Dottor Strange in cui il Nostro era costretto a una missione per salvare il morente Dormammu. Ellison scelse personalmente Romita per coadiuvarlo nel lavoro ma il progetto non si concretizzò. Romita Jr. avrebbe disegnato più avanti Strange durante una saga su Amazing Spider-Man.

Un po’ di progetti di Warren Ellis

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La bibliografia di Warren Ellis è piena di annunci a vuoto. In particolare all’inizio degli anni Duemila, quando Ellis dette via a una serie di progetti creator-owned con Oni Press, Avatar e Image, ma fallì nel portare a termine molti di questi.

The Operation, disegnata da Phil Hester e Ande Parks, sarebbe dovuta essere una serie a metà tra West Wing e X-Files; Stealth Tribes, il sequel di Orbiter che Ellis e Coleen Doran ancora giurano di voler fare; Night Radio avrebbe prestato storie antologiche scritta da giovani sceneggiatori (tra cui Matt Fraction e Antony Johnston); l’orientaleggiante Morning Dragons, con Steve Lieber, venne definito da Jim Valentino «il miglior pitch di sempre», ma Ellis abbandonò anche questo progetto per motivi economici: all’epoca, disse, il contratto back-end firmato con la Image prevedeva una compensazione in base alle vendite, «e io proprio non potevo permettermi di scrivere un fumetto di 100 pagine con quell’accordo.»

Lobo: The Hand-To-Hand Job

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Alan Grant e Frank Quitely, padri del dimenticato Batman: The Scottish Connection, avrebbero dovuto collaborare su una storia dedicata a Lobo, che avrebbe dovuto salvare Hugh Hefner, rapito da un gruppo di militanti. La storia, di cui Quitely aveva completato le matite, venne rifiutata dai vertici DC per motivi non specificati. Forse c’entrava il fatto che Lobo era nudo per metà del volume o che a un certo punto c’era una scena di masturbazione di gruppo con protagonisti diecimila minatori.

Il Gesù di Frank Miller

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Jesus!, che Miller avrebbe dovuto scrivere e disegnare per Dark Horse, venne annunciato nel 2000. Sarebbe dovuto essere il lavoro successivo a Il cavaliere oscuro colpisce ancora e avrebbe dovuto rappresentare la vita del Nazareno in maniera «rispettosa e storicamente ispirata», come dichiarò un portavoce della casa editrice. Miller confermò di essere ancora al lavoro su Jesus! in un’intervista del 2010, ma da allora nulla s’è più saputo di questo potenziale chiodo nella bara creativa dell’autore.

Twlight of Superheroes

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Twilight of the Superheroes è il nome del crossover che Alan Moore propose ai vertici DC nel 1987. Nel documento di presentazione Moore allega sei pagine di preamboli in cui, prima di spiegare il progetto vero e proprio, analizza il meccanismo del crossover. Lo definisce come qualcosa che sappia essere una macchina commerciale perfetta (che attragga nuovi lettori a serie mai lette prima, che generi merchandising e sia facilmente adattabile per un eventuale film) ma anche un’opera che soddisfi il doppio bisogno dei lettori di una continuity e di una storia semplice da seguire. Alla base dell’opera c’era il concetto di Ragnarök della mitologia nordica. Secondo Moore, il supereroe dei fumetti è fiaccato dall’assenza di una vera storia conclusiva ed è impossibilitato ad assurgere a icona divina moderna proprio perché è carente di una fine.

In Twilight of the Superheroes le versioni future di John Constantine and Rip Hunter viaggiavano nel nostro presente per prevenire una serie di disastri che avrebbero avuto ripercussioni sul loro tempo. Fanno visita agli eroi DC e li istruiscono su una minaccia che dovranno sventare. Nella linea temporale dei due, l’universo DC è dominato da dinastie di supereroi (come la casata d’Acciaio, presieduta da Superman e dalla moglie Wonder Woman, la casata del Tuono o quella delle Lanterne), molte delle quali macchiatesi di crimini disumani; il matrimonio tra Superboy e Mary Marvel Jr. – e la conseguente unione delle casate d’Acciaio e Tuono – rompe gli equilibri di potere e risulta nello scontro definitivo tra supereroi che porta alla loro morte. Durante il crossover, si scopre che Constantine e Hunter sono tornati indietro nel tempo non per impedire questi accadimenti ma per essere sicuri che avvengano. La morte dei supereroi, infatti, ha svincolato l’umanità dal loro controllo e l’ha resa libera.

La DC non accettò la proposta – anche se molti degli elementi presenti compariranno nelle storie della compagnia degli anni Novanta – e solo la divulgazione del documento su internet permise di poter leggere le idee di Moore.

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