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RecensioniClassicRi-raccontare una grande storia. 'L’età del bronzo' di Eric Shanower

Ri-raccontare una grande storia. ‘L’età del bronzo’ di Eric Shanower

La riedizione in Italia, con una nuova traduzione e una rinnovata veste grafica, di Age of Bronze di Eric Shanower per i tipi della Magic Press (ad oggi sono stati pubblicati i primi due volumi de L’età del bronzo: Mille navi e Sacrificio), non può che essere accolta favorevolmente e con un sospiro di sollievo.

Se la soddisfazione può essere condivisa da chi già conosceva il risultato delle fatiche di Shanower e che, dopo più di sette anni dalla pubblicazione del terzo volume de L’età del bronzo per la poi scomparsa Freebooks, aveva forse un po’ perso le speranze, la sensazione di sollievo riguarda, in particolare, quella parte di pubblico italiano che per la prima volta ha la possibilità di accostarsi a un’opera che per intenti programmatici, tempi di realizzazione e successi ottenuti rappresenta una tappa importante lungo la strada che ha condotto alla crescente considerazione per il fumetto come forma artistica in grado di offrire non solo intrattenimento, ma riflessioni su vere e proprie questioni storiografiche.

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Stando a quanto racconta lo stesso autore nella postfazione al primo volume, la prima idea riguardante Age of Bronze gli balenò nel 1991. Tuttavia, solo verso la fine del 1998, dopo sette anni di ricerche, studio degli ambienti e dei personaggi, attraverso un’accurata documentazione letteraria, storica e archeologica, Shanower vide pubblicato per la Image Comics il primo comic book di una vera e propria serie che aspirava, forse un po’ presuntuosamente, a «retell the Trojan war». Da quell’anno a oggi sono stati pubblicati complessivamente 33 albi, raccolti successivamente in quattro volumi, e il coraggioso progetto di Shanower, che ha prodotto circa 1400 tavole complessive, è ancora in corso di realizzazione. E lo sarà ancora per un bel po’, vista l’estrema e meditata lentezza con cui viene condotto.

Nel frattempo, però, l’autore di Key West si è guadagnato non solo l’attenzione della critica specializzata (una nomination agli Ignatz Award nel 1999, due Eisner Award nel 2001 e 2003, un Gran Guinigi nel 2006), ma anche gli elogi da parte del mondo degli studiosi dell’Antichità, ottenendo menzioni su riviste specialistiche e inviti presso molte prestigiose sedi universitarie, come quelle di Bristol e Yale.

Una “serie d’autore”, non un “fumetto pedagogico”

Questi attestati di stima non nascono certo dalla novità del tema selezionato, ma dal particolare approccio con cui l’autore si è dedicato all’opera di retelling. Se guardiamo, in particolare ma non solo, al mercato americano, e alle precedenti versioni a fumetti riguardanti la saga troiana, quella di Shanower si distingue nettamente perché non si propone alcun intento educativo, magari riassumendo o semplificando i contenuti in nome di supposte finalità didattiche: pensiamo ai volumi della Classics Illustrated, ma anche alla nostra Storia a fumetti a cura di Enzo Biagi. Shanower, d’altronde, vuole semplicemente intrattenere il lettore, ma non lo fa trasformando gli eroi omerici in una sorta di supereroi dell’antichità, come già accaduto nell’Iliade e nell’Odissea di Roy Thomas o nella serie italiana Mytico!, lasciando a schede di approfondimento redazionale il compito di istruire i giovani lettori. La sua opera non intende nemmeno solleticare le fantasie di un pubblico adulto con versioni erotiche del mito, come hanno fatto, ad esempio, la rilettura dell’Odissea di Franco Navarro e José María Martín Saurí o quella di George Pichard e Jacques Lob, interessanti espressioni, peraltro, della controcultura degli anni Settanta.

In Age of Bronze, in realtà, assistiamo a un radicale cambio di mentalità che, innanzitutto, non presuppone più la distanza fra fumetto e cultura classica, come rappresentanti rispettivamente di ‘cultura bassa e popolare’ e ‘cultura alta e colta’. Questo mutato atteggiamento si manifesta nella volontà inedita di destinare così tante pagine a fumetti all’attenta ricostruzione di una continua e coerente storyline dedicata all’intero conflitto troiano – dal rapimento di Elena fino allo stratagemma del cavallo, per intenderci – pubblicata nel rispetto della serialità dei comic books statunitensi, ma considerando anche i tempi di realizzazione e le esigenze dell’autore, piuttosto che quelle del mercato.

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Ma c’è di più. Un ulteriore elemento di novità consiste, poi, nel tentativo di convogliare il più possibile all’interno della narrazione tutte (o quasi) le differenti e variegate versioni sviluppatesi nel corso dei secoli attorno alle vicende immortali di Achille e di Ettore e di tutti quei personaggi che alla spedizione troiana sono legati. Da Omero a Shakespeare, da Virgilio a O’Neill, dai Lirici e Tragici greci a Racine e Wordsworth, e poi ancora Mozart, Gluck, Marlowe, Cacoyannis, Petersen… la vasta bibliografia posta in allegato a ciascun volume stupisce anche per l’estrema varietà di ambiti di espressione artistica (narrativa, poesia, teatro, pittura, musica, cinema, etc.) cui l’autore ha attinto per documentarsi e trarre ispirazione e che ha cercato in tutti i modi di far convivere all’interno della sua opera.

Questa tecnica ‘inclusiva’ scelta da Shanower – che spiega, ad esempio, la presenza nella narrazione dell’episodio di Troilo e Cressida, di origine medievale e non omerica e reso immortale dalla celebre tragedia shakespeariana – nasce da due forti consapevolezze: una riguardante il soggetto, l’altro il medium del proprio racconto. Consapevolezze sul cui valore vale la pena riflettere, persino al di là dei risultati ottenuti.

Il lungo mito di Troia

La prima concerne proprio il nostro rapporto con la cultura e la mitologia classiche in generale e con il mito troiano più nello specifico, il cui lungo percorso di continuo rinnovamento attraverso tutti i rivolgimenti della storia culturale dell’Occidente è uno degli elementi di indubbio e innegabile interesse e fascino che queste storie continuano a infonderci. A questo proposito Shanower dichiara:

Quel che veramente importa (…) è quanto la storia della guerra di Troia sia umanamente accurata (…). La storia parla alla nostra nuda umanità, avendo a che fare con cose piccole e grandi allo stesso tempo, questioni come amore, lussuria, morte, la percezione di sé e l’individuo in relazione col mondo. In che altro modo questa storia avrebbe potuto essere continuamente rinnovata da un’era alla successiva, narrata e rinarrata, definita nei dettagli, abbellita nei vecchi e arricchita di episodi nuovi?

Mi sembra davvero degno di nota come queste parole, con cui l’autore ha voluto rilevare quegli elementi che motivano ancora oggi l’esemplarità della guerra di Troia e dei poemi omerici in particolare, risultino essere straordinariamente in sintonia con quelle di uno dei più importanti studiosi di Letteratura greca, non solo in Italia, e cioè Franco Montanari:

In entrambi i poemi troviamo la sympatheia profonda per la sofferenza dell’uomo che vive la sua vita nel mondo, rappresentata attraverso la vicenda emblematica di famose storie del mito: le mille pieghe della gioia e del dolore, della vittoria e della sconfitta, uccidere ed essere uccisi, dell’amore, dell’odio e dell’amicizia, della delusione e del successo, del fallimento e del raggiungimento di una meta, l’ansia di arrivare, la tenacia del vivere e la disperazione del morire. Questo grandioso affresco fa dei poemi omerici qualcosa di unico nel nostro patrimonio culturale: dopo millenni, la loro esplorazione, non solo non è conclusa, ma continua a rinnovarsi col mutare degli uomini che li leggono.

 Age of Bronze, pertanto, intende rappresentare un importante passo avanti in questo processo di esplorazione che ha nell’umanità dei suoi protagonisti il proprio centro d’interesse, ed è in questo senso che si muovono tutte le innovazioni che lo caratterizzano: dall’abbandono di una rappresentazione stereotipata e idealizzata del mondo omerico, che si concretizza nella scelta di uno stile di disegno realistico, alla minuta descrizione della cultura materiale di una civiltà vissuta durante la tarda età del bronzo, fino alla coraggiosa scelta di eliminare dalla narrazione la presenza diretta degli dei, affidando così all’uomo, con le sue passioni, le paure, i desideri, il ruolo di motore unico della Storia.

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Il fumetto come nuova risorsa

La seconda consapevolezza, che emerge dall’operazione di Shanower, riguarda la capacità da parte del fumetto non solo di poter assolvere a una complessa operazione culturale di questo tipo, ma anche di offrire ai lettori moderni – non solo di comics “una versione nuova per il nuovo millennio”. Una narrazione dell’antico, cioè, che ci dica qualcosa di più su di noi e sul nostro presente. Per questo motivo in Age of Bronze trovano spazio anche aspetti culturali del mondo greco antico, come l’amore omoerotico o la bisessualità, che solo negli ultimi anni sono stati oggetto di studi approfonditi e scevri da pregiudizi. Certo, vedere Achille abbandonarsi in dolci e appassionate effusioni con Patroclo ha fatto e farà storcere il naso, speriamo ancora per poco, a molti lettori ancorati all’immagine virile degli eroi omerici. Ma è proprio questo che Shanower vuole ottenere: minare luoghi comuni, mettere in discussione pregiudizi, scavare nel fondo delle nostre certezze, raccontando l’uomo e le sue passioni. Com’erano. Come sono.

I punti di forza di Age of Bronze sono pertanto talmente importanti da far passare quasi in secondo piano possibili e plausibili obiezioni su alcuni aspetti: la scelta di rappresentare i Troiani come Ittiti, o la quasi totale assenza di scene d’azione a favore dell’eccessivo patetismo o, ancora, un uso del bianco e nero che fa fatica a farsi apprezzare a una prima lettura, proprio per la sua mancanza d’immediatezza e spettacolarità. Il piacere di quest’opera, d’altra parte, sta altrove.

E il lettore paziente, ne siamo certi, lo troverà. Ritrovandosi invitato a sfogliare queste pagine con attenzione, finirà anche per apprezzare l’equilibrio fra segno grafico e ritmo narrativo, la messe di riferimenti, la padronanza della composizione della tavola. Ma soprattutto le pieghe così vivide dei diversi character che, man mano che si svilupperanno, diventando straordinariamente vicini ed eccezionali al tempo stesso. In una parola: umani. Non male per un semplice “fumetto storico”, no?

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