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Mondi POPAnimazioneAnomalisa, l’amore secondo Charlie Kaufman

Anomalisa, l’amore secondo Charlie Kaufman

Il successo di Anomalisa ha una duplice matrice. Innanzitutto la storia. Michael, il protagonista, è un uomo profondamente infelice; è sposato, ha un figlio, un lavoro importante, ma non è soddisfatto. La vita, per lui, è una serie infinita di cose tutte uguali, di incontri, discorsi, di voci che si assomigliano e di persone superficiali. Il suo mondo è un mondo piatto. Un mondo in cui, non difficilmente, lo spettatore finisce per immedesimarsi.

Poi c’è il successo registico: benché girato in stop-motion, Anomalisa riesce a far dimenticare al proprio pubblico che quelli che sta vedendo sono pupazzi, mossi e rimossi ogni secondo, ogni scena, ogni istante, per compiere anche i più piccoli gesti. E il merito è di Charlie Kaufman, scrittore e co-regista insieme a Duke Johnson.

Kaufman, che ha fatto il suo esordio alla regia solo qualche anno fa, con Synecdoche, New York, (che qualcuno, forse esagerando, ha definito «il miglior film del decennio»), è una delle menti più apprezzate d’America. Sue sono le sceneggiature di film cult come Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee e Se mi lasci ti cancello (che, tra l’altro, gli è valso anche l’Oscar).

Anomalisa è solo l’ennesima fermata nel suo percorso autoriale. Lo stop-motion arricchisce e non indebolisce la storia. Che mai, nemmeno per un secondo, è rivolta a un pubblico di bambini (quindi no, Academy; questo film non andava considerato come un film d’animazione, piuttosto come un film da grandi categorie, papabilissimo anche a Miglior Film e a Miglior sceneggiatura). È una via di mezzo, come ha scritto qualche critico, tra Lost in Translation di Sofia Coppola e Tra le nuvole di Jason Reitman: avventura intima tra due persone, andata e ritorno, un posto che non è casa e una storia che sa di effimerità.

Kaufman si fa e fa le domande che contano; non va mai oltre la dimensione intima del protagonista. Riduce tutto al suo punto di vista. Michael, sconsolato, incontra Lisa, di cui si innamora, solo perché – sembra poco, ma non lo è – gli pare diversa (da qui il titolo: anomalia + Lisa). La sua voce è una voce che spicca in mezzo al marasma confuso (straordinaria la sequenza d’apertura, sull’aereo, quando lo spettatore viene immediatamente costretto, senza mediazioni, ad accettare una realtà in cui tutto si assomiglia e tutto risponde alla stessa voce).

La sua sensibilità è una sensibilità da anima gentile, affine, con cui Michael è convinto di poter passare il resto della sua vita. Ma si sbaglia. Dopo una notte di sesso (una delle migliori, più vere, tra quelle viste nell’ultima stagione cinematografica) tutto perde nuovamente di significato ed interesse. E Kaufman, come Leopardi con la felicità, ci suggerisce che l’amore non è eterno ma che è, a modo suo, solo una pausa: un momento, un istante, condannato a passare e a non tornare mai uguale a se stesso, sempre più difficile da trovare e così inaspettato da sconvolgere la nostra vita.

anomalisa

Vi capiterà di leggere recensioni che sembrano trattati di diagnostica: il protagonista si sente perseguitato dalla stessa persona, avanti ed indietro per la stessa strada. E invece Anomalisa non prova, né vuole essere una sentenza inappellabile sulla vita umana. È un’opera intima e intimistica (due concetti diversi, che alternano una realtà più compressa, formato persona, a una più ampia, di sensi e percezioni).

Che cos’è il sesso, che cos’è la vita; che cos’è l’amore. Kaufman non dà mai una risposta netta a nessuna di queste domande (un buon film, per definizione, interroga lo spettatore senza rivelargli troppo) e punta tutto sulla fragilità e la sconsolatezza dell’essere umano (e in questo, come in tutti i suoi film, lo si riconosce).

Col senno di poi, cioè dopo aver visto Anomalisa, lo stop-motion si rivela la tecnica migliore per raccontare la storia di Michael. Un film in live action, probabilmente, non avrebbe avuto né la stessa consistenza, né lo stesso dinamismo. Le espressioni sono poche, misurate; espressioni riconoscibili e simili (un sorriso non è molto diverso a una smorfia). E gli spazi, che nella realtà non sono più grandi di una casa per le bambole, riescono a diventare enormi ed avvolgenti. Non c’è la fiaba di Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson, anche quello in stop-motion; e non c’è nemmeno la plasticità de La sposa cadavere di Tim Burton. Kaufman scrive e dirige un film complesso e, contemporaneamente, alla portata di tutti, in cui tecnica e sceneggiatura si sposano avvicendandosi: l’una va dove l’altra vuole, l’una si ferma dove l’altra non può – e non deve – arrivare.

Questo è Anomalisa: la storia di un uomo qualunque, innamorato più dell’idea stessa d’amore che di qualcuno.

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