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FocusIntervisteCercando una pecora con Sergio Staino

Cercando una pecora con Sergio Staino

Alla ricerca della pecora Fassina è l’ultimo libro di Sergio Staino, 285 pagine, pubblicato da Giunti. Dentro c’è Bobo, alle prese con un momento storico molto difficile, quello che sta vivendo la sinistra contemporanea e, per estensione, la politica italiana in generale.

sergio staino intervista

Un graphic novel in cui, attraverso il linguaggio metaforico della satira politica, si affrontano i grandi temi che affliggono sia il paese, sia tutti quelli che si definiscono a sinistra di qualcosa. Un testo che domina sul disegno, ma è proprio nel testo che si collocano gli aspetti più interessanti del lavoro di Staino. In un momento storico, editoriale e comunicativo dove comanda il relativismo più assoluto, dove avere un’ideologia è considerato un elemento negativo, dove l’importante è urlare e muoversi per tifoserie, Staino racconta una storia usando un sistema assolutamente rivoluzionario per i tempi in cui viviamo: il ragionamento ironico. Lo presenta a una platea, quella attuale, assuefatta di sarcasmo e cinismo, ubriaca di battutine al vetriolo che devono stare per forza di cose in 140 caratteri.

Un libro difficile, non per tutti, perchè si è persa completamente quel tipo di attitudine narrativa. Se è un libro difficile, la colpa non è dell’autore, la colpa è tutta nostra. Ho approfittato dell’uscita del volume per fare qualche domanda a Sergio Staino, cercando un paio di pecore assieme a lui.

 

Sono quasi quarant’anni che lei racconta storie attraverso i fumetti, che siano strisce, vignette o volumi. È un lavoro immenso, raro per la sua continuità. Non le chiedo come riesca a trovare l’ispirazione, sarebbe una domanda ovvia. Le chiedo qual è il segreto della sua forza.

Non so se si tratta di forza, parlerei piuttosto di atteggiamento. L’atteggiamento è quello di uno perennemente interessato al mondo che lo circonda per studiarlo, capirlo ma soprattutto per parteciparvi con una inspiegabile volontà di tentare di migliorarlo. Se sono nella sala d’attesa del dentista non sono capace di chiudermi in me stesso e aspettare il mio turno in silenzio ma colgo qualunque occasione per parlare con le altre persone in attesa, per conoscerle, sentire cosa pensano. Così facendo elimino i tempi morti della vita e ho suggerimenti per la comprensione del mondo sempre aggiornati, o almeno sufficientemente aggiornati. È quello che non fanno la maggioranza dei politici che poi, alle elezioni, rimangono sorpresi dai risultati.

Io sono uno che dimentica. A volte è un vantaggio, altre volte no. Il suo lavoro, che seguo da anni, è invece parte di una memoria personale che diventa, per forze di cose, anche la memoria storica e politica di questo paese. È impresso su carta, quindi è impossibile da dimenticare. Un vantaggio o uno svantaggio?

Uno svantaggio sarebbe se uno è incoerente, perché allora queste azioni o dichiarazioni passate diventano scheletri nell’armadio. Ma se c’è una coerenza di pensiero e se c’è un’autocritica sincera ogni volta che questo pensiero si modifica, la vivacità di un ricordo non può essere che una cosa positiva. Ricordo significa memoria e la memoria è la cosa che forse più manca in questo mondo attuale che per gli impegni e le distrazioni molteplici tende alla superficialità immediata.

Lei con Bobo e attraverso Bobo, ci sta raccontando dei pezzi importanti della sua vita, delle sue idee e delle sue osservazioni. Come ci si sente a condividere così tanto di sé con i suoi lettori, da un punto di vista emotivo?

Bene. Bobo fondamentalmente è un buono e se qualcuno si riconosce in lui vuol dire che almeno questa qualità la possiede ed è la qualità più bella per una persona. Le più belle parole rivoluzionarie, solidali, fraterne che hanno guidato i movimenti collettivi che chiedevano libertà e giustizia sono nulla, sono involucri vuoti, se la persona che le pronuncia non è profondamente buona. Il leninismo ha sbagliato in questo, ha affidato ad uomini pragmatici e necessariamente cinici il compito di costruire una società giusta: hanno saputo costruire solo stati di polizia. Personalmente cambierei lo slogan di Marx «proletari di tutto il mondo unitevi» in «generosi di tutto il mondo unitevi».

sergio staino intervista

Ricordo una storia di Bobo di parecchio tempo fa. C’era un Bobo in crisi di mezza età, una crisi politica e non solo, che si faceva un taglio di capelli alla moicano, si metteva un Chiodo e poi andava in edicola a comprare Frigidaire e Rinascita. Sento di essere arrivato anche io molto vicino a quel momento lì. Ha qualche consiglio da darmi, soprattutto per il mio sentirmi in crisi politicamente?

La storia non era proprio così. Si rasava e si metteva il “chiodo” per tentare di integrarsi ai giovani trasgressivi ma poi, incontrando i bambini, si impauriva di fronte al trauma che questi provavano nel vedere il babbo ridotto così. Insomma, era il contrasto fra la voglia di inseguire in modo libero e anarchico i borderline della società e l’opposta scelta di costituire una famiglia piena di sicurezze tradizionali. Alla fine andava sì dal giornalaio a chiedere quelle due riviste così lontane tra loro ma vestito normalmente e con un cappello in testa per celare la rasatura. In fondo anch’io sono così: sogno in continuazione una società anarchica libera da ogni convenzione conformista e burocratica e poi mi commuovo profondamente per essere capofamiglia di una famigliola che più conformista e tradizionale di così non potrebbe essere.

Se sono di sinistra lo devo, in parte, a una cugina più grande che nei primi anni Ottanta mi passava Linus da leggere. Ora toccherebbe a me. Che cosa posso passare a un mio cuginetto? I volumi di Zerocalcare?

Sì, Zerocalcare va benissimo. Ma anche il Berlinguer di Veltroni, Il Piccolo Principe, o le annate di Dylan Dog. C’è l’imbarazzo della scelta.


*Diego Cajelli è uno scrittore e sceneggiatore di fumetti. Lavora per Sergio Bonelli Editore e Astorina. Il suo sito è www.diegozilla.com.

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