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RecensioniDispacci dalla frontiera #2: Hittinger, Néjib, Mornet e Don Rosa

Dispacci dalla frontiera #2: Hittinger, Néjib, Mornet e Don Rosa

Una rubrica di dispacci dal fronte fumettistico francese che ha lo scopo di segnalare alcune delle novità interessanti nelle quali, vivendo a Parigi, capita di imbattersi.

Christopher Hittinger, Truckee Lake

Truckee Lake

Abbiamo già parlato di Christopher Hittinger, l’autore franco-americano che ci aveva stupiti con il suo Les Déserteurs e con un racconto storico dedicato a uno dei primi insediamenti inglesi in Nordamerica, Jamestown. Con Truckee Lake Hittinger abbandona (ancora una volta) il fumetto ricorrendo a una narrazione sequenziale senza dialoghi e con immagini a piena pagina per raccontare un altro episodio della preistoria americana: una lunga spedizione di pionieri lungo il continente, funestata da difficoltà e intemperie che porteranno gli uomini sull’orlo della barbarie.

Néjib, Stupor Mundi

Nejib

In barba a ogni conflitto d’interessi che mi lega indirettamente al libro, merita una menzione speciale Stupor Mundi di Néjib, riuscitissimo incontro tra fumetto di genere (storico in questo caso) e romanzo grafico “alla francese”. L’autore di Haddon Hall passa come se nulla fosse dai colori acidi della sua biografia di Bowie uscita nel 2011 alle tinte sabbiose del Medioevo pugliese, ambientando a Castel del Monte un thriller filosofico che ruota attorno all’invenzione di una proto-macchina fotografica. E a cosa serve una macchina del genere, al dodicesimo secolo, se non a produrre false “vere icone” di Cristo? L’intreccio deve qualcosa a Il nome della rosa e a Il mio nome è rosso, dei quali mutua anche la morale: la Storia come conflitto tra luce (l’arte e la scienza) e ombra (il fanatismo). Ma l’ambientazione claustrofobica e la galleria di personaggi enigmatici — tra cui uno spaventoso schiavo ispirato alle visioni del grafico Barney Bubbles, soltanto uno degli innumerevoli indizi dell’eclettica cultura visiva di Néjib — contribuiscono a fare di questo fumetto di trecento pagine un’esperienza del tutto originale.

Pierre Mornet

pierre mornet

Aperta da un paio di anni, la galleria Glénat di Parigi espone tavole di fumetto e illustrazioni, non necessariamente provenienti dalla scuderia Glénat. Ad esempio in aprile abbiamo potuto scoprire l’opera del già affermato illustratore francese Pierre Mornet, con le sue adolescenti diafane ed elegantissime. Vi lascio guardare il resto sul suo sito.

Don Rosa, Life and Times of Scrooge McDuck

don rosa

Nelle edicole italiane è tornato il capolavoro di Don Rosa dedicato alla vita di Zio Paperone, ed è stata subito isteria collettiva. In Francia le edizioni Glénat hanno fatto un ottimo lavoro negli ultimi anni dedicando all’autore americano una pubblicazione integrale in sette volumi, che accompagna la monumentale opera omnia barksiana in diciannove volumi.

Don Rosa ci ha messo vent’anni a conquistare il pubblico europeo: giusto il tempo perché crescesse una nuova generazione di “Ventenni che piangono leggendo la saga di Paperon de’ Paperoni” e che l’hanno presumibilmente scoperta con le compilazioni del 2000 e del 2004. Ma quelle storie eccezionali avevano iniziato a arrivare ben cinque anni prima, quasi in diretta, relegate al pubblico selezionatissimo di Zio Paperone, mensile barksiano per filologi e bambini snob — tra le cui file naturalmente non potevo mancare — invece che su una rivista ammiraglia come Topolino. Con il senno di poi questa falsa partenza appare come un evidente tentativo di proteggere la leggendaria “scuola Disney” italiana dall’attacco di un talentuoso outsider. Più profondamente — ripensiamo al caso Nonna Papera, a cui Don Rosa negava lo statuto di sorella di Paperone — si trattava di preservare la “continuity parallela” che autori come Scarpa, Cimino & co. erano riusciti a costruire e imporre (forma di resistenza alla colonizzazione culturale americana, gesto di appropriazione al cuore di una dialettica servo-padrone geopolitica). Ma questo “grande romanzo americano” era un’opera troppo potente perché si potesse neutralizzarla, e alla fine ha avuto un po’ della fortuna che meritava. Resta solo da riconoscere che Don Rosa è uno dei grandi autori americani degli anni Novanta, assieme a Charles Burns, Jeff Smith e gli altri.

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