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FocusInterviste"Su internet non sei padrone di essere dimenticato". Intervista ad Alessandro Caligaris

“Su internet non sei padrone di essere dimenticato”. Intervista ad Alessandro Caligaris

Eris Edizioni ha da poco dato alle stampe Revolushow, nuovo graphic novel scritto da Antonio L. Falbo e disegnato da Alessandro Caligaris. Abbiamo incontrato l’illustratore e street artist al Salone del Libro di Torino.

Leggi la recensione di Revolushow

Revolushow eris edizioni

Ciao Alessandro, grazie per questa intervista. Come prima cosa ti chiederei di presentarti dal punto di vista personale e professionale.

Sono Alessandro Caligaris, o Alex Caligaris, sono autore di comics, illustratore, pittore, street artist. Mi occupo di tutto ciò che riguarda il disegno e illustrazione. Revolushow è il mio secondo lavoro, il primo è stato Hoarders, che risale già a due anni e mezzo fa. Promuovo anche un modo di portare in giro il mio lavoro che include sia la mia esperienza come street artist che quella di arte-terapeuta (ho un’abilitazione come arte-terapeuta clinico). Cerco infatti di utilizzare le mie esperienze professionali per portare avanti il mio lavoro in maniera un po’ meno classico.

Parliamo di Revolushow che ricordiamo essere co-sceneggiato da Antonio L. Falbo. L’ho trovata un’opera sopra le righe e molto coraggiosa nel suo voler essere totalmente fuori dagli schemi. Credo sia un lavoro molto arrabbiato con una precisa idea politica. Quanto il tuo lavoro, sul profilo concettuale, ha influenzato l’esito finale dell’opera?

Io mi considero un po’ il deus ex machina di tutta questa faccenda. Antonio ha letto il mio primo graphic novel e gli è piaciuto. Gli interessava l’idea di ampliare un mondo che avevo già creato in Hoarders e che viaggiava su determinati binari. Il mio lavoro concettuale è tutt’uno con quello grafico: dallo stile alla creazione della sequenza narrativa, dai personaggi al ritmo delle battute e dei tempi comici. Per me è fondamentale che, in caso di collaborazione con altri scrittori, ci sia una condivisione dell’idea del progetto sin dall’inizio.

Revolushow eris edizioni

Mi ha stupito molto il tuo stile grafico e credo sia uno dei punti di forza di Revolushow.

Questo è il mio stile adattato al fumetto. Chi ha avuto modo di vedere i miei lavori su superfici grandi come facciate cieche o su dimensioni medie capisce immediatamente che questo è il mio stile. Chiaro, ho dovuto adattarlo alla pagina del fumetto attraverso una sintesi di ciò che mi piace fare, cioè essere molto preciso nel delineare i miei personaggi. Ho scelto la chiaroscurazione perché deriva dal mio background artistico e dall’esperienza della calcografia, è un amore che ha le sue origini in Goya ma che ha trovato influenze più recenti nel mondo del fumetto, da Toppi a Miller passando per Q Hayashida, l’autrice di Dorohedoro.

Un’altra cosa che mi ha colpito è il modo in cui hai aggregato più immaginari in una sola opera, a partire dalla cover che cita ‘La morte di Marat’ arrivando all’estetica manga che mi ha ricordato Kenshiro di Buronson e Tetsuo Hara.

C’è una volontà precisa in tutto questo. Revolushow è diverso da quasi tutto quello che si trova in giro. L’idea di realizzarlo deriva da una necessità, quella di permettere a tutti di trovare qualcosa che, solitamente, nelle librerie non si trova. Ricordo che all’inizio fui molto influenzato dal lavoro di Ponticelli perché in un panorama molto piatto c’erano degli italiani che disegnavano in maniera completamente diversa rispetto a quello che c’era in giro in quel periodo. Far confluire tutto quell’immaginario, Kenshiro ma anche Tank Girl, era una priorità.

Revolushow eris edizioni

A livello di cattiveria e, di nuovo, di immaginario (distopico e futurista), Revolushow mi ha ricordato molto Ranxerox.

Sì, assolutamente. Liberatore e il suo Ranxerox ai tempi ha rappresentato un forte elemento di rottura e questo rientra nella mia idea di fumetto. Circa l’immaginario e questa compressione di citazioni e rimandi al mondo reale e immaginifico, ti dico che il mondo di Revolushow non lo sento distopico quanto caricaturale. Revolushow racconta lo sfondamento e lo sforamento tra ciò che è reale e ciò che è immaginifico. Ricordo che ragionai profondamente su questa cosa, cominciando a inserirla nei miei lavori, dal 2001 in poi, da quando caddero le Torri Gemelle. Quello fu un evento in cui si realizzò una situazione talmente reale da risultare surreale. Credo che su questo si fondi tutta la produzione immaginifica contemporanea (film, serie tv) in cui più niente viene lasciato all’immaginazione. Breaking Bad, I soprano o il recente Fargo ne sono tutti esempi eclatanti: quando si parla di reale niente è lasciato al caso. Invece quando si parla di fantasia, di vampiri o zombi, la narrazione popolare ritorna sotto forma di una trasfigurazione. Quella che viene chiamata lotta di classe riemerge nella cultura popolare attraverso figure paradigmatiche che assumono un valore sociale.

Nel suo essere politicamente scorretto Revolushow parla di una coincidenza fra reale e rappresentazione, una sorta di confine sul quale viaggia la storia. C’è un’influenza reciproca fra il reale e l’irreale, dove ovviamente internet ha un ruolo predominante.

Alcune cose scritte nel fumetto hanno avuto un riscontro nella realtà. Per esempio si parla di Cosmocomunismo. Qualche tempo dopo che avevo finito le tavole su questo argomento la nuova sinistra italiana ha tenuto un congresso in cui campeggiava la parola Cosmocomunismo. Il presentatore della diretta di Revolushow annuncia il suo ospite come il capo dei capi. Poco tempo dopo Bruno Vespa invita il figlio del capo dei capi. Dopo che lo avevo già disegnato (senza fare spoiler) è successo quello che è successo al Bataclan. Naturalmente noi non abbiamo doti divinatorie, ma internet è il veicolo con cui è possibile svelare una parte della verità che, solitamente, si nascondono dietro molte teorie cospirazioniste. Basti pensare a Snowden o Assange che, anziché vendere quelle informazioni come è sempre successo, hanno deciso di darle al popolo attraverso la rete. Internet ha sicuramente una doppia faccia: è portatrice di verità ed è un luogo ancora libero, ma allo stesso tempo non va mitizzata perché al suo interno ha dei limiti che tutti conoscono. Sulla rete, oggi come oggi, non sei più padrone di niente, nemmeno di essere dimenticato.

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