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Nello studio di Martoz

Siamo entrati nello studio di Alessandro Martorelli, in arte Martoz, giovane fumettista e illustratore romano. Martoz è autore del graphic novel Remi Tot in Stunt, uscito l’anno scorso durante il festival BilBOBul, e avrà in cantiere un bel po’ di progetti di cui ci parla in questa intervista, tra cui un imminente albo per Canicola Edizioni, intitolato Amore di lontano.

Leggi l’anteprima di Amore di lontano.

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A che progetti stai lavorando attualmente?

In questi giorni sono in cottura nel mio studio, disegnando le ultime tavole di Amore di lontano, un fumetto per Canicola che uscirà a fine Settembre. È una storia con due protagonisti che vivono in tempi diversi, uno nel medioevo e l’altro in un presente indefinito. Il primo è prigioniero della guerra, un celebre veterano leonese, mentre il secondo è schiavo del sesso e la sua vita è caratterizzata da una serie di stranezze piuttosto surreali. nel corso dell’intreccio – un climax di ascendente malessere – verrà a galla una serie di connessioni tra i due, destinati a trovare la chiave per lo scioglimento delle loro vicende.

Dopodiché, avendo realizzato che la mia vita professionale funziona alla grande se ha come compagni essenziali l’ansia e il disagio, sto lavorando contemporaneamente ad altri fumetti (anche perché, senza la pressione dell’irrealizzabile, tendo a rilassarmi, perdendomi nel lento declinarsi dei tramonti). Alcuni di questi sono già stati annunciati in maniera più o meno ufficiale. C’è uno science-fiction apocalittico con Lorenzo Palloni, coi supereroi ma non sui supereroi; il primo viaggio a bordo dell‘LSD enterprise, scritto da Marco Rocchi; la possibilità per Remi Tot di premere CMD+Z (per chi non usa Photoshop, chieda informazioni a chi ne fa un uso patologico), una piccola edizione a orologeria sempre a cura di MalEdizioni; un oltrefumetto, per Illustratore Italiano, in cui continuano le vicende di quel derelitto di acrobata ALPHA, già infelice nella sua vicenda dentro Crisma; un paio di progetti personali che per scaramanzia tengo segreti, anche se ho sempre deriso i superstiziosi.

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Che strumenti e tecniche usi per disegnare?

Una delle poche cose in cui sono stabile è la tecnica. uso quasi sempre la matita, matita su carta modesta! Mi capita di cambiare le matite ogni tanto, la mia preferita è la F. che matita straordinaria la F. quale mistero si nasconde dietro la matita F?

Tuttavia, dipende molto da cosa devo fare. Per i fumetti, c’è sempre il passaggio successivo in Photoshop, per pulire le tavole e colorarle. Ma, quando sono libero di spaziare, mi piace molto usare le matite colorate, soprattutto le Luminance della Caran d’Ache che sembrano quasi cera. Adesso sto lavorando a un progetto cinematografico, realizzando anche oggetti e costumi scenografici, dunque ho potuto utilizzare i leggendari Sennelier, i pastelli a olio più costosi ed effimeri della galassia. Infine, da muralista amatoriale, mi sto lentamente appassionando alla pittura. Grazie alla street art sono maturato molto a livello stilistico, dunque ringrazio Alleg e Gio Pistone che mi hanno fatto mobbing per convincermi a dipingere.

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Cambiare tecnica, spaziando in maniera eclettica ma al contempo cercando di mantenere la propria personalità, è un esercizio straordinario. in pratica, se non lo fai, rischi di racchiudere la tua essenza nella punta dello strumento che tocca il foglio, invece essa nasce molto prima. Confucio, atti dei Filippesi.

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Hai delle abitudini da rispettare prima di metterti al lavoro?

Assolutamente sì, però cambiano a seconda dei periodi. Tendo ad attuare dei veri e propri riti, che diventano la struttura garante delle mie missioni artistiche. Il problema è che, ad un certo punto, queste consuetudini si deteriorano. Quando percepisco che diventano delle gabbie, mi oppongo alla dottrina e mi ribello a me stesso, stravolgendole. Penso che la cosa più difficile del mondo sia emancipare la mente. Il percorso artistico è una continua evoluzione della consapevolezza. La retorica del bello e la pressione dei social sono un grosso freno a questa crescita.

Per mettermi a disegnare ho bisogno di un mix di rilassamento e inquietudine, di assenza e concentrazione, perfettamente bilanciati. ultimamente, ho la semplice abitudine di leggere l’estratto casuale di un libro preso alla cieca dalla libreria. ieri era il Cappotto di Gogol, giorni fa l’Ignoranza di Kundera, stamattina il Tex di Breccia… apro a metà, leggo una ventina di pagine e poi me ne vado nel mio studio. Un periodo, invece, prima di mettermi a disegnare pulivo casa, si sa che il movimento stimola l’accensione della mente, inoltre l’assolvimento di un impegno dona il giusto appagamento. Un altro periodo, osservavo il silenzio, per non lasciar fuggire via la suggestione dei sogni. E così via.

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Quali sono per te gli autori e le opere di riferimento?

Anche qui, c’è una estrema volubilità. Ci sono grandi maestri dell’arte e del fumetto che citerò sempre: Dave McKean, Dino Battaglia, Mike Mignola, Manu Larcenet, Georges Bess, David B, Corrado Mastantuono (!!!) però la verità è che di mese in mese ci sono cose che ci appassionano e ci ispirano, insidiandosi nei nostri disegni, come indiani Hopi si addentrano tra le fessure di un canyon, non visti. Negli ultimi tempi mi sono innamorato dell’arte medievale – miniaturisti soprattutto, il Maestro di Bedford! – dei pittori stralunati tra ‘400 e ‘500 come Lucas Cranach e Genorino Bosch, ma anche Henri Rousseau, scivolando in avanti. Grazie alla tecnologia è possibile eseguire voli pindarici nel sapere umano e soffermarsi su un fiore per il tempo che ci aggrada. Fantastico no? Va bene, se mi costringi a dirne uno solo, dico Topor.

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Nello studio tieni un oggetto a cui sei particolarmente affezionato?

Col rischio di uggiarvi, mi ripeto: c’è, ma col tempo cambia, quindi direi ci sono. Mi affeziono molto ad alcuni oggetti, soprattutto se sono legati ad esperienze reali, ad avventure, ad incontri o a specifici momenti toccanti. Adesso sulla mia scrivania ci sono gli occhiali blu con la bandiera del Regno Unito (unito?) al posto delle lenti che ho comprato a Milano assieme a Luciop, durante l’AFA. Li ho comprati perché ho smarrito gli storici occhiali leopardati che raccolsi in un cestino londinese. Ma li ho ritrovati ieri, mentre facevo le foto dello studio per voi, quindi grazie mille, da oggi posso reindossare gli occhiali leopardati invece che quelli decisamente più appariscenti blu elettrico crociato e la gente cesserà di guardarmi con compassione.

Poi, sempre su questa scrivania che sembra il bidone dell’umido della Fabriano, c’è un pacchetto di fazzoletti decorati a tema delicatamente floreale che mi ha regalato la mia ragazza. La promessa, quando colleziono questo genere di fazzoletti preziosi, è di utilizzarli senza remore, al fine di evitare la deriva fanatica dei collezionisti. Dunque, or ora, sto usando uno di questi fazzoletti per pulire il vetro dello scanner. Secondo me, l’unico vero oggetto stabile ed intramontabile che c’è in questo studio è la moka esplosa. Essa mi rappresenta sotto tanti aspetti. Innanzitutto è bella, mi ispira esteticamente. Quanto è bella la moka? Però smettiamola di indicarla agli aspiranti disegnatori come modello per rappresentare le femmine. Poi io adoro il caffè, mi piace proprio, amaro come le notti senza stelle. Puro. Quando apro una confezione di caffè macinato e odoro la sua polvere… mi si aprono delle regioni del cervello come giardini paradisiaci. Chiudo gli occhi e volo. Rendiamo grazie per queste due cose: il caffè e l’olfatto. Questo relitto di moka è nel mio studio anche come memento, dato che espone costantemente la mia pericolosa distrazione. Mi ricordo quando, sentendo puzza di bruciato, mi arrabbiai con i vicini che, col loro solito barbecue illegale, mi stavano riempendo al casa di fumo. Mi piacciono i ruderi, le cose vissute, le cicatrici, i muti. Quella moka ha una colata di nero secco sul fianco che la rende la regina dei pirati.

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