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RecensioniNovitàInvisible Republic, la space opera di Gabriel Hardman e Corinna Bechko

Invisible Republic, la space opera di Gabriel Hardman e Corinna Bechko

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

invisible republic image comics

Non è chiaro se lo stile di Gabriel Hardman si stia evolvendo verso un segno più scoperto, scarnificato dal tratteggio e simile a uno schizzo a matita, come nelle prime tavole dell’ultimo numero pubblicato di Invisible Republic, il tredicesimo; oppure se questo si deve semplicemente al superlavoro per la realizzazione tanto della serie sci-fi co-sceneggiata con la moglie Corinna Bechko quanto del one shot horror Belfry, che uscirà a febbraio sempre per Image Comics.

Quale che sia la ragione, Hardman, oltre a rimanere efficacissimo anche in questa versione più asciutta, trova nei rivolgimenti dell’articolata trama nuove ambientazioni e situazioni che giustificano queste sue variazioni stilistiche, arricchite dalle scelte cromatiche del colorista Jordan Boyd. Non che per questo l’intreccio di Invisible Republic sia solo funzionale al disegno, anzi, la sua complessità si è anzi evoluta ed espansa a sua volta.

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La serie racconta della luna Avalon, colonizzata dall’umanità diversi secoli nel futuro, ma non senza sacrifici. Questi ultimi per altro sono rimasti nell’ombra fino al terzo arco della serie, che solo ora sta gettando luce sul passato dell’ambientazione e sul suo rapporto con il resto dell’universo.

Quella che è iniziata come la storia di due fuggiaschi, Arthur e sua cugina Maia, scoperti nell’anno 2800 sulla spiaggia da alcuni soldati, è ormai diventata una vera e propria space opera, che viaggia parallelamente su almeno due piani temporali e su narrazioni interne non necessariamente affidabili. A distinguere i due tempi, oltre alle occasionali didascalie e ovviamente all’età dei personaggi, sono le cornici delle vignette, assenti nel 2840 e con bordo nero nel 2800.

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I fatti dei primi anni del 2800 sono raccontati attraverso il diario di Maia Reveron, la cugina del dittatore caduto Arthur che è stata attentamente rimossa da quasi tutti i documenti. Nel 2840, il giornalista in disgrazia Croger Babb trova casualmente le sue memorie. Maia è però ancora viva e intende, o per lo meno così dice, portare a termine la rivoluzione che suo cugino ha iniziato e fallito, finendo per essere ricordato come un tiranno. Non vuole perciò che quei diari così privati siano resi pubblici, perché per il suo progetto ritiene di dover controllare la propria narrazione. Invisible Republic è infatti un fumetto continuamente rivolto a questioni di storytelling e al loro uso politico.

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Arthur stesso, persino agli occhi di Maia, è una sfinge che cavalca gli eventi, cerca di manipolarne la lettura e forse a sua volta è raggirato da altri personaggi. Solo quest’ultimo tredicesimo episodio ci offre uno scorcio sulla sua prospettiva, attraverso il libro scritto da lui durante il carcere, in tavole che Hardman disegna in bianco e nero e apparentemente a matita.

Nel mentre la vicenda passata di Maia si è spostata sul vicino pianeta di Asan, ossia il terreno dove i soldati di Avalon combattono la loro guerra civile contro i coloni dell’altra luna del pianeta: una nuova ambientazione che giustifica un diverso uso del colore e delle luci. Così come il grigiore delle sezioni del 2840 si è riempito di ombre ora che Croger si sposta nel sistema solare, il cui governo ha sede su Marte perché la Terra è una wasteland priva di risorse e ricchezze. Il giornalista tenta di tornare su Avalon e scoprire i reali progetti di Maia, che appare qui matura e non meno machiavellica di quanto fosse il cugino.

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Costruito su personaggi ambigui e sul tragico incedere della Storia, più che sull’azione e sull’ambientazione, Invisible Republic è un’opera sceneggiata con cura da Hardman e dalla sua compagna Bechko. Disegnata con uno stile che riesce a rendere i dettagli tecnologici, le atmosfere, l’azione, la recitazione e le creature aliene con un segno importante, di peso, ma sempre al di qua del confine tra realismo e stilizzazione. Si tratta indubbiamente di una delle migliori e più mature serie Image ed è molto triste che venga ignorata sia dalla critica americana, sia dagli editori italiani.

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