Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.
Non va per il sottile fin dal titolo con tanto di punto esclamativo Cage!, la miniserie Marvel attesa ormai da molti anni e firmata da Genndy Tartakovsky. Come mai il geniale animatore di Samurai Jack e Hotel Transylvania l’abbia completata proprio ora ha probabilmente due ragioni: la prima è che il personaggio è finito sotto i riflettori grazie alla (modesta) serie televisiva Marvel/Netflix, la seconda è invece una mera ipotesi che trova però corpo nel racconto stesso. Tartakovsky è recentemente tornato all’animazione tradizionale e fieramente bidimensionale di Samurai Jack, di cui si attende quest’anno una nuova e conclusiva stagione su Adult Swim, e dunque oltre ad aver ripreso il disegno si è di nuovo calato in quelle atmosfere fatte di arti marziali e combattimenti impossibili che attraversano tanto il suo celebre cartoon quanto questa miniserie.
Cage! racconta infatti molto poco ed è piuttosto un clamoroso divertissement grafico, scatenato nello scardinare la narrazione sia con una sequenza allucinata di circa 7 splash page consecutive in un caleidoscopio di stili e soluzioni lisergiche (nel secondo episodio), sia con combattimenti del tutto assurdi e cartooneschi che vibrano di un disegno deformato ed energico come forse non si vedeva in un albo Marvel dai tempi di Jack Kirby (no, a scanso di equivoci non stiamo paragonando i due autori).
La carta bianca data a Tartakovsky dalla Marvel di Alonso – e prima di lui di Quesada – è dunque totale e il disegnatore la usa per quattro episodi che travolgono tutto quel che ci aspetta da un fumetto della Casa delle Idee. È una follia però a suo modo rispettosa dello spirito originario del tostissimo protagonista, infatti qui Luke Cage appare con il suo look classico: camicia gialla, tiara in testa, catenazza come cintura. E rivendica a pie’ sospinto la sua appartenenza a New York con tutta la tenacia che ne consegue e pure con l’assoluto straniamento di fronte alla giungla in cui si trova nel secondo episodio. È poi figlia degli anni Settanta in cui nasce Cage anche la sequenza da trip acido già citata (di cui Tartakovsky è co-colorista), così come gli improbabili villain storici del protagonista, che lo attaccano già nel primo numero.
A metà tra omaggio rispettoso e schiaffo in faccia alla pigrizia e convenzionalità del comicdom americano, Cage! è una ventata d’aria fresca che speriamo (ma purtroppo non crediamo) possa fare proseliti.
BONUS: È terminata così, quasi a sorpresa con il quindicesimo numero, la serie Squadron Supreme di James Robinson e Leonard Kirk, che frettolosamente conclude le trame in sospeso e scioglie la squadra. Uno scempio non tanto per la qualità della serie, quando per il potenziale che da sempre accompagna questo gruppo di eroi creati da Roy Thomas e John Buscema, poi rigenerati da un Gruenwald molto avanti sui tempi e quindi resi più politici che mai da Straczynski (che però non aveva bene idea di dove andare a parare e aveva lasciato cadere la serie). Anche questa nuova versione dunque non ha avuto fortuna e la chiusura, che rimanda alle serie Nighthawk e Hyperion, a loro volta già rapidamente chiuse, è davvero ingloriosa.
BONUS 2: Prima o poi ne parleremo per bene, ma Black Hammer di Jeff Lemire e Dean Ormston è una serie notevolissima, che cala personaggi analoghi a quelli della Golden Age (e non solo) del fumetto americano in una sorta di tetra fattoria fuori dal tempo. L’annual uscito questo mercoledì è una storia autoconclusiva graziata da un gran team di disegnatori, ognuno dei quali firma le cinque pagine dedicate a ogni personaggio. Si alternano così Matt Kindt, Dustin Nguyen, Ray Fawkes, Emi Lenox e Michael Allred, mentre il racconto cornice è disegnato dal premiatissimo Nate Powell e tutti loro (tranne Fawkes che fa da sé) sono colorati dal grande Dave Stewart. Il risultato è uno degli albi singoli più belli e compiuti che ci siano capitati tra le mani, fedele allo spirito malinconico e fitto di mistero della serie, efficace in pochissime pagine nel tratteggiare ogni protagonista e capace di reinventare persino un villain assurdo come Starro, rendendolo fortemente inquietante.