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RecensioniNovitàPaper Girls vol. 2, il futuro è adesso

Paper Girls vol. 2, il futuro è adesso

Una delle citazioni sul retro del secondo volume americano di Paper Girls recita: «The feminist comic series for fans of Strangers Things». In questa frase, presa dall’Huffington Post e riferita al primo volume, si possono rivelare almeno due problemi. Uno dipende dalla necessità di definire automaticamente ‘femminista’ un fumetto solo perché tutti i personaggi principali sono donne. Il secondo concerne invece il riferimento culturale. Ma qui, in effetti, il primo volume poteva trarre in inganno.

Altro che anni Ottanta, VHS e Goonies. Il secondo volume della serie di Brian Vaughan e Cliff Chiang si sposta nel 2016, come presagito dal finale del precedente. Troviamo infatti le ragazze alle prese con la versione adulta di Erin, una giornalista (ah!) quarantenne e sboccata, nonché con un’ALTRA versione di Erin, un clone che viene dal futuro. Alle spalle ancora gli Old-Timers, specie di Stormtrooper a cavallo di dinosauri volanti, capitanati da un vecchio barbuto che per comodità chiameremo “Alan Moore”.

paper girls 2

A rimarcare la distanza simbolica dal primo volume – ossia dagli anni Ottanta – contribuisce la differenza di tono nella rappresentazione dello spazio cittadino. Lo stesso sobborgo di Cleveland appare infatti grigio, dimesso e privo di stimoli. I colori di Matt Wilson, sui toni del viola e del rosa, contribuiscono a creare tale visione crepuscolare. E non è un caso che la sequenza centrale del volume si svolga in un centro commerciale abbandonato, il cronotopo par excellence dell’America post-Grande Recessione.

Paper Girls vol. 2 esplora l’aspetto fantascientifico attraverso il topos del viaggio temporale. Per certi versi, alla Guerra dei Mondi si sostituisce un altro capolavoro wellsiano, La macchina del tempo (1895). E così come Wells impiegava tale strumento per proiettare nel futuro le ansie evoluzionistiche e sociali della fin de siècle, Vaughan lo utilizza come potente mezzo di straniamento. Se si assume il punto di vista delle giovani protagoniste, infatti, il tempo storico del lettore (il 2016) risulta essere il futuro del loro passato. La parentesi narrativa defamiliarizza così il momento di produzione e fruizione, diventando dispositivo di storicizzazione del presente. Un metodo per ‘fare un passo indietro’, e guardare con altri occhi il momento in cui viviamo. A pensarci bene, è un processo speculare e complementare a quello proposto nel primo volume, in cui è la formazione passata a essere analizzata.

Per certi versi, questo secondo volume ricorda Tempo fuor di sesto di Philip Dick (Time Out of Joint, 1959). In quel romanzo di fantascienza, l’America dei tardi anni Cinquanta viene ricreata come passato fittizio di un’epoca futura – un “futuro anteriore”, nelle parole di Fredric Jameson. Rispetto al testo di Dick, Paper Girls non sfrutta però appieno le possibilità narrative del dispositivo straniante. Il tutto si riduce in un gioco simpatico ma un po’ sterile, che ruota intorno a “che figo il futuro/che palle il futuro”. Uno dei pochi guizzi è nel secondo capitolo – più che altro col senno di poi, dato che il numero originale è uscito a luglio 2016 –, quando le ragazze vedono un cartello elettorale di Hillary Clinton che riporta «Some lady is running. Doesn’t mean she’s gonna win».

paper girls 2

Considerandolo nell’economia generale del fumetto, questo secondo volume risente un po’ della propria natura interlocutoria. La serie porta avanti il meccanismo di world-building innescato nel primo capitolo, aggiungendo misteri senza ancora concludere nulla. Soprattutto, senza mantenere un’adeguata autonomia narrativa che giustifichi appieno l’esistenza come volume a se stante. Abbiamo già parlato di come la decompressione caratterizzi il fumetto americano contemporaneo. Questo volume risente proprio di questa dilatazione, a cui si aggiunge il forte senso di déjà-vu per un volume che, a conti fatti, ripropone le stesse dinamiche di quello precedente: esplorazione ambientale, arrivo di ‘alieni’ che sembrano cattivi ma in realtà (forse) sono buoni e soprattutto non vengono da un altro pianeta, incontro di questi con le protagoniste, arrivo degli Old-Timers, fuga in un’altra epoca storica.

Bisogna vedere se questa ciclicità verrà inserita come elemento determinante della trama, nell’ambito di una riflessione metatestuale, oppure rimarrà sintomo di pigrizia creativa. E, soprattutto, se Vaughan riuscirà a dare una direzione precisa a una serie che sta procedendo un po’ a braccio, attraverso l’accumulazione di stimoli e interrogativi. Le possibilità immaginifiche sono infinite, ma adesso è l’ora di qualche risposta.

Paper Girls vol. 2
di Brian K. Vaughan e Cliff Chiang
traduzione di Michele Foschini

Bao Publishing, 2017
128 pagine a colori, € 18,00

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