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RecensioniNovità"Black Hammer": decostruire il supereroe nell'America rurale

“Black Hammer”: decostruire il supereroe nell’America rurale

Nella postfazione del primo volume di Black Hammer, Jeff Lemire spiega che a differenza di tanti autori della scena indie del fumetto americano (in senso ampio visto che lui è canadese), ha sempre amato i supereroi e fin dal suo esordio con Essex County immaginava una storia che li calasse in quello stesso ambiente di campagna.

L’idea è stata accantonata in favore di altri progetti, come Sweet Tooth per la Vertigo, e da allora Lemire ha scritto i supereroi di punta della scena americana per DC (Superboy, Justice League), Marvel (X-Men, Moon Knight, Thanos) e Valiant (Bloodshot). Quest’esperienza nel genere l’ha portato a raffinare ulteriormente Black Hammer, iniziata l’anno scorso per la Dark Horse con disegni di Dean Ormston, i colori di Dave Stewart e il lettering di Todd Klein.

black hammer bao recensione

Il volume Bao Publishing, cartonato e rispettoso del formato originale ma non esattamente economico, raccoglie i primi sei numeri della serie, quindi è poco dietro alla pubblicazione americana, che è arrivata al settimo episodio a fine marzo e che in più ha dato vita anche a un ottimo annual. Lemire spiega di aver voluto Ormston alle matite perché il suo disegno arriva da un diverso tipo di fumetto e quindi gli sembrava perfetto per commentare il mondo dei supereroi, di cui l’intera Black Hammer costituisce in effetti una sorta di decostruzione. Anziché però ragionare sulle psicosi dei personaggi in costume, com’era tipico negli anni Ottanta, Black Hammer si chiede cosa sarebbero questi eroi senza poter essere eroi, costretti a vivere lontano da una sfavillante metropoli e confinati insieme, come una famiglia, in una fattoria.

Il tema della famiglia nell’America rurale è del resto quello che Lemire preferisce e in Black Hammer abbiamo sia il vecchio un po’ burbero ma più o meno rassegnato, sia la ragazzina smaniosa di andarsene, sia lo zio sciroccato, sia la donna misteriosa che vive in una capanna vicino alla foresta. Questi personaggi però hanno un passato assolutamente colorito, che si rifà in particolare ai super-eroi della Golden Age.

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La piccola Gail è infatti bloccata nel suo corpo di super-ragazzina, perché è una sorta di Mary Marvel, che pronunciando la parola magica Zafram si trasforma in una giovane eroina, forma in cui è però ora intrappolata. Barbalien è un guerriero di Marte, capace come Martian Manhunter di assumere altre sembianze, inoltre è gay, cosa che gli ha creato ulteriori problemi nell’inserirsi nella società americana. Abraham Slam non ha poteri ma è un ottimo pugile, come gli eroi pulp insomma e vicino anche a figure quali Capitan America, Batman e soprattutto Wildcat della Justice Society of America. Col. Weird ha un look simile ad Adam Strange ed è un esploratore dello spazio, accompagnato dal fedele robot Talky-Walky, ma i suoi viaggi nella para-zona hanno le caratteristiche lisergiche della avventure del Dr. Strange. Madame Dragonfly è invece ispirata alle vecchie megere che custodiscono storie terribili dei fumetti EC Comics, e richiama fin dal nome anche Madame Xanadu della DC Comics, inoltre ha avuto un compagno analogo a Swamp Thing. Infine c’è Black Hammer, l’eroe scomparso, di cui si parlerà nel numero sette e quindi sarebbe spoiler rivelare troppo, ma il fatto che si aggiri con un martello rende piuttosto trasparente a chi sia ispirato.

In un’ultima grande battaglia per la salvezza del mondo contro l’Anti-Dio, sorta di fusione tra l’Anti-Monitor e Darkseid, gli eroi sono stati abbagliati da un lampo e si sono ritrovati in una fattoria che non possono lasciare. Di Black Hammer rimane solo il martello, ma sua figlia non ha mai smesso di cercare il padre e scopre un portale da cui è emersa una sonda del Col. Weird, così per raggiungerlo chiede aiuto a una sorta di Starman andato in pensione. Il mistero rimane fittissimo e il confinamento per ragioni impenetrabili è un ottimo elemento drammatico, che getta i protagonisti in un misto di angoscia e malinconia, resa perfettamente dai toni grigi di Stewart e dalle espressioni contrite di Ormston.

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È questo dunque il vitale paradosso al cuore della serie: da una parte gli eroi vivono davvero nella Golden Age, in una sorta di Smallville, dall’altra però questa placida condizione è cancellata dal ricordo di quello che sono stati e non possono più essere. Perché gli eroi in fondo non sanno essere persone normali, non a caso il più abile ad adattarsi è il vecchio Abraham che non ha mai avuto superpoteri e cerca di iniziare una relazione con una donna del posto. Quando la porta a casa chiedendo agli altri di aiutarlo e di sembrare una famiglia quasi normale, Lemire e il suo team grafico firmano uno dei numeri più belli della serie: assurdo, originale eppure anche ordinario e profondamente umano.

Black Hammer vol. 1
di Jeff Lemire, Dean Ormston e Dave Stewart
traduzione di Leonardo Favia
144 pp., colori
19,00 €

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