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RecensioniCome sopravvivere nel grande Nord

Come sopravvivere nel grande Nord

1913, dintorni di Camp Jakan – Siberia
Il capitano Bartlett tossisce sangue. Mentre Kataktovik si allontana per cercare aiuto, si gira sulla slitta e cade per terra. Fissa il cielo.

1921, Wrangel Island – Siberia
Ada Blackjack torna da una battuta di caccia. Entrata nella tenda condivide il misero bottino con il suo gatto finché sente un verso provenire dall’esterno: un orso polare ha messo piede nel campo.

2013, Hanover – Canada
Il prof. Sullivan Barnaby è disteso sul divano. Beve birra, fissa il soffitto. Suona il telefono ma nessuno risponde.

How to Survive in the North healyNel prologo di How to survive in the north (Come sopravvivere nel grande Nord) queste tre sequenze occupano due pagine ciascuna. Luke Healy, autore del fumetto edito dalla casa editrice britannica Nobrow, non ci dà indicazioni di luogo e spazio (lo farà subito dopo) e decide di raccontarci questa storia partendo dal momento più scoraggiante e privo di speranza nella vita dei suoi protagonisti. Le due pagine successive a questo blocco sono occupate da una splash page semplice e spiazzante: dai ghiacci si alza l’aurora boreale, che Healy sintetizza con tre scie colorate che richiamano la cromia predominante di ognuna delle sequenze precedenti. I tre colori si intrecciano ma non sfumano mai tra loro, si intersecano ma rimangono indipendenti. E qui comincia la storia.

Il prof. Sullivan Barnaby è costretto a prendersi un anno sabbatico a causa di una relazione intrattenuta con un suo studente. Scoprirà per caso che il suo ufficio era precedentemente occupato da Vilhjalmur Stefansson, esploratore artico ed etnologo canadese davvero esistito. Stefansson divenne famoso per la sua idea che qualsiasi persona, indipendente dalle sue capacità e conoscenze, potesse sopravvivere al ghiaccio artico ed organizzò due spedizioni, nel 1913 e nel 1921, per provare questa sua teoria.

Le cose non andarono come previsto e quasi tutti i partecipanti morirono tra i ghiacci, quasi tutti tranne Stefansson che pensò bene di fuggire appena possibile durante la prima missione e di non prendere nemmeno parte alla seconda. E infatti Stefansson nel fumetto di Healy scompare quasi subito, ma è un vuoto ingombrante il suo, che risuona di colpe ed errori mai riconosciuti. Sbagli di cui fanno le spese gli altri due protagonisti del fumetto, Bartlett (capitano della nave che guidò la spedizione del 1913) e Ada Blackjack, inuit che partecipò alla seconda spedizione al fianco dei quattro scienziati.

Come sopravvivere nel grande Nord how to survive in the north

Come le tre scie colorate dell’aurora boreale che dà il via alla storia, i tre protagonisti di How to survive in the north non incrociano mai i loro destini. Si sfiorano spesso, ma le tre vicende rimangono, anche all’interno della narrazione, divise tra loro per cause cronologiche e geografiche. Healy basa gran parte del suo storytelling su questa divisione, portando avanti le tre storie parallelamente con una scansione quasi sempre regolare di quattro pagine per ogni personaggio.

Questa tecnica di narrazione a compartimenti stagni permette all’autore di rendere più interessante la classica struttura in cui il protagonista rimedia ai propri errori prendendo come esempio eventi passati. Healy non fa collegamenti tra le tre storie, non fa paragoni, evitando così anche l’effetto metafora. Le porta avanti contemporaneamente come storie autonome, lasciando al lettore il piacere di trovare parallelismi, significati e soluzioni comuni. Questa scansione regolare delle tre vicende dona al fumetto un ritmo placido lontano dai toni tipici del racconto d’avventura, toni che Healy evita con straordinario impegno tramite una regia dalla griglia regolare che si concentra molto sui protagonisti e poco sull’ambiente che li circonda.

Complice anche una recitazione sottotono, How to survive in the north sembra più un dramma da camera giocato su tre linee temporali distinte e con tre location ben precise, che Healy utilizza per influenzare le vite e i destini dei protagonisti del suo fumetto. È forse per questo motivo che la rappresentazione dell’Artico non è cromaticamente fedele alla realtà, ma punta più a un uso espressivo del colore, scelta che raggiunge il suo apice con l’Artico rosa pompelmo che ospita la storia di Ada Blackjack e che contribuisce a rendere l’ambiente al contempo affascinante e straniante.

how to survive in the north Come sopravvivere nel grande Nord

È da questa costante negazione del senso d’avventura che Healy fa emergere la profondo intenzione del suo fumetto. How to survive in the north si scopre così essere una storia sul riconoscere quando un’idea è una cattiva idea. I classici racconti di sopravvivenza sorvolano quasi sempre su questo aspetto, concentrandosi invece sull’epopea e sulle modalità con cui i personaggi riescono a sopravvivere. Healy fa un passo avanti e, raccontando la lotta per la sopravvivenza di tre personaggi isolati, porta alla nostra attenzione l’importanza di riconoscere i propri errori e il coraggio di affrontare le conseguenze di questa importante presa di coscienza.

Healy costruisce un fumetto dal pattern narrativo affascinante composto da connessioni mai esplicitate. In questo modo non c’è nulla di artificioso nella risoluzione dei tre drammi, ma un senso di umanità (e di sopravvivenza) poco hollywodiano e molto intimo, come un kammerspiel avventuroso ambientato tra i freddi ghiacci dell’Artico.

How to survive in the north
di Luke Healy
Nobrow, 2016
197 pp., colore
20,00 €

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