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RecensioniNovitàIl miglior fumetto di Star Wars anni 2000? La miniserie su Lando

Il miglior fumetto di Star Wars anni 2000? La miniserie su Lando

di Antonio David Alberto

Era il lontano aprile del 2014. Lucasfilm era stata venduta alla Disney e la casa di Topolino decideva di cancellare, con un annuncio che suonò come un colpo di spugna, tutto l’Universo Espanso di Star Wars – ora rinominato Star Wars Legends – ad eccezione dei sei film ‘storici’, di Star Wars: The Clone Wars e di un fumetto, la miniserie Darth Maul: Son of Dathomir pubblicata da Dark Horse. Era nato il nuovo Canone di Guerre Stellari.

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Marvel Comics, tornata da qualche tempo alla guida dell’universo fumettistico di Star Wars, iniziò a quel punto ad annunciare i primi progetti: le serie Star Wars e Darth Vader, innanzitutto, ed altri prodotti dedicati ad approfondire le storie di alcuni personaggi “secondari” ma non per questo meno importanti per i nuovi sviluppi della saga lucasiana. Tra questi, la miniserie in cinque episodi Lando (2015), che Panini Comics ha appena portato nelle librerie italiane in un volume unico che raccoglie gli albi scritti da Charles Soule e disegnati da Alex Maleev. Una miniserie che potrebbe piacere non solo ai completisti, bensì ai lettori di buon fumetto seriale americano: a oggi Lando è il migliore tra i prodotti che fanno parte della nuova ondata di fumetti Marvel starwarsiani.

«Giocatore d’azzardo. Scommesse. Una canaglia. Il tuo tipo.»

Ogni fan di Star Wars che si rispetti conosce bene Lando Calrissian, uno dei comprimari più memorabili apparsi nel 1980 ne L’impero colpisce ancora. La produzione dell’Universo Espanso, nel corso degli anni, ci aveva fornito varie informazioni sul suo passato e sul suo futuro: dalla rocambolesca vittoria del Millennium Falcon contro il contrabbandiere Cix Trouvee, fino alle nozze con Tendra Risant (successive al Ritorno dello Jedi). Con il reset del 2014, tuttavia, Lucasfilm ha la necessità di rialimentare e ricostruire le biografie dei personaggi chiave della vecchia trilogia, e Lando non può certo fare eccezione: è sempre stato tra i personaggi più amati di Star Wars. Anche se – diciamolo: inspiegabilmente – in Il risveglio della Forza non era apparso né era stato citato. Misteri della Grande Saga.

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La miniserie in cinque parti ci restituisce il Lando che tutti conosciamo: scaltro, affabulatore e sorprendente guerriero. La storia firmata da Soule e Maleev ci riporta al periodo che intercorre tra Episodio IV ed Episodio V. Il giocatore d’azzardo non è ancora gestore e amministratore di Cloud City ma, per usare le parole di Jango Fett, «cerca modestamente di farsi strada nella galassia». Al suo fianco, come sempre, il fido Lobot. Un colpo andato male porta i due a ritrovarsi contro mezzo Impero e l’Imperatore in persona. Ma Lando scoprirà ben presto che non ci si può fidare di nessuno e che la Forza può riservare parecchie brutte sorprese alle menti deboli…

Se le prime due serie di Star Wars, ovvero l’omonima Star Wars e Darth Vader, non hanno lasciato un gran segno, alternando alti (Vader Down, buon mix tra azione e sviluppo narrativo, e buona rappresentazione del terrore che Vader è in grado di incutere) e bassi (il one-shot dedicato a C3PO, la cui sola ragione narrativa è giustificare il braccio rosso che il droide ha in Il risveglio della Forza), Lando si è affermato fin da subito come uno dei progetti più riusciti della nuova produzione editoriale.

Il plot, naturalmente, è semplice e lineare: un furto andato storto porta ad una serie di conseguenze impreviste. Detta così, potrebbe sembrare quasi Le Iene di Tarantino e, per molti punti di vista, lo ricorda. Sì, perché questa miniserie ha molto del cinema e della visione tarantiniana: ritmi serrati, dialoghi brillanti. In una sequenza Lando, dopo una notte passata con un ufficiale imperiale, riesce a farsi consegnare un manufatto dal valore inestimabile, senza colpo ferire, grazie a doti da affabulatore che lo rendono più vicino a un Mr. Wolff/Harvey Keitel che non a un Peter Parker: come il problem solver tarantiniano, cavalca la dialettica per risolvere problemi spinosi, dimostrando doti da attore consumato.

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Tutta la vicenda si svolge al chiuso, su un’astronave, così come succedeva con il magazzino de Le Iene. I tradimenti si susseguono a ripetizione, i colpi di scena sono ben congegnati e precisi: il tradimento dei gemelli Aleksin e Pavol causato dalla maledizione Sith che aleggia sugli oggetti contenuti sull’astronave e che interrompe la missione praticamente compiuta di Lando e Lobot; o la scoperta del proprietario dell’astronave [SPOILER]: l’Imperatore Palpatine in persona. Charles Soule riesce, con cinque personaggi – Aleksin, Pavol, Lando, Lobot e Korin Pers – a costruire una storia convincente, dimostrando che non è necessario puntare sui soliti character per raccontare una buona storia starwarsiana.

Più terrestre di un terrestre

La storia si apre mostrando un Lando agli inizi della sua avventura. È indebitato, ricercato e ricattato dai creditori ma ha già la stoffa del leader e del grande marionettista. Attraverso la sua dialettica pomposa e la sua verve, riesce prima a farsi consegnare un preziosissimo manufatto e, successivamente, a radunare un team di tutto rispetto per una missione ai limiti del suicidio. C’è anche da aggiungere che Lando non è l’unico protagonista della storia. Ampio spazio viene dato a Lobot, personaggio secondario di Star Wars: l’Impero colpisce ancora, e ad altri personaggi, mettendo in scena la profonda conoscenza della cultura Jedi di Korin Pers, o l’enigmaticità dei cloni guerrieri Aleksin e Pavol. La miniserie, di fatto, andando a scavare nel passato, nelle relazioni e nel “mondo” di Lando, diventa una sorta di origin story del personaggio.

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Ma non è tanto la backstory individuale, quanto la coralità a posizionare la miniserie un gradino sopra il resto della produzione targata Lucasfilm/Marvel. Calrissian si dimostra uno spasso, quel fanfarone esemplare che ha contribuito, più di altri, a rendere credibili gli ingredienti comedy della saga di Lucas, e che in fin dei conti è sempre stato uno dei character meno fantasy e più ‘autentici’. Non a caso la disavventura della miniserie si conclude con un nulla di fatto, e Lando ne esce ancora più indebitato.

Lobot, invece, perde tutta la sua umanità pur di salvare il suo migliore amico (ed è per questo che lo vedremo, quasi apatico e inumano, in Episodio V: una trovata brillante, da parte di Soule, per gestire uno dei tanti ‘ponti’ tra il Canone e l’Universo Espanso). Chanath Cha, invece, introdotta come villain si ritrova trasformata in personaggio positivo; Aleksin e Pavol rimangono sullo sfondo ma mantenendo un’intrigante aura di mistero. Inoltre non manca qualche assist ai fan hardcore, con la reintroduzione dell’astronave che fu di Darth Maul e con le comparsate dell’Imperatore e del vice-cancelliere Mas Amedda.

Il contributo dell’altro autore, ovvero il disegnatore Alex Maleev – già compagno di progetti di Brian Michael Bendis, Mike Mignola, Warren Ellis e altre firme affermate – è diretto, preciso e senza fronzoli. Non si tratta della sua prova migliore, e la sua presenza non è un tratto distintivo come gli era riuscito nella sua lunga run per Daredevil. Il suo approccio realistico però funziona e, unito al lavoro sui colori, il tutto sembra tentare di ricreare sia le grafiche tipiche delle pubblicità degli anni ’80-’90 sia lo stile usato da Olivier Vatine e Fred Blanchard nelle trasposizioni a fumetti della Trilogia di Thrawn, serie cardine del vecchio Expanded Universe.

Una miniserie “poco canonica”

Se Lando rappresenta il picco più alto della produzione fumettistica nel “nuovo Canone”, va detto, è anche perché dietro lui c’è il nulla. O quasi. Il resto dei recenti fumetti ‘canonici’ è formato infatti da materiale di qualità altalenante, a tratti noioso e spesso ripetitivo. Il motivo è semplice: la volontà di restare nella comfort zone per una saga che, ormai, è un asset strategico su cui una multinazionale come Disney non può certo permettersi di sgarrare.

Leggi anche: Appunti ordinati sui fumetti di Star Wars

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Fin dai primi progetti, è parso evidente come Lucasfilm e Disney non intendessero affatto osare. L’obiettivo primario era ricompattare i fan di vecchia data, e il solo modo per farlo era puntare sulla buona, vecchia trilogia. La nuova trilogia, come è noto, aveva diviso il fandom di Star Wars ed era quindi necessario rendere di nuovo coesi i fan vecchio stampo e i nuovi consumatori millennials che, invece, avevano potuto fruire Star Wars in ordine “cronologico”. Da qui la strategia di Lucasfilm che si è orientata a coltivare – per molti aspetti rinchiudendosi – nella propria comfort zone, sfruttando i personaggi più amati ed inserendoli in contesti familiari, facili da identificare e ripercorrere, come già osservato su Fumettologica da Andrea Fiamma.

Non per nulla Luke, Leia, Han e Darth Vader sono stati i personaggi più utilizzati nelle nuove produzioni a fumetti, con grande fortuna commerciale ma anche con un rischio ‘simbolico’ elevato: dire troppo, facendo loro perdere aura; o dire troppo poco, offrendo ben poca sostanza immaginifica. Il potenziale di Star Wars era e rimane molto vasto, le storie raccontabili “infinite”, ma per ora il freno è rimasto tirat(issim)o.

Lando è il contrario di tutto questo, rappresentando così un unicum nel panorama fumettistico (e non solo) di Star Wars. Un unicum accattivante che lascia, in ogni caso, ben presagire per il futuro della saga. L’idea di dedicare fumetti a personaggi poco sfruttati nei film, ‘nata’ con Lando, sta infatti proseguendo. E sembra portare ad ulteriori, buoni risultati: è questo il caso, ad esempio, di Poe Dameron e Darth Maul, serie tutt’ora in corso di pubblicazione negli Stati Uniti. Per Disney, si sa, il futuro sarà sempre più starwarsiano. Nel fumetto non resta che sperare in una rotta sempre più calrissiana.

Lando
di Charles Soule e Alex Maleev
traduzione di Luigi Mutti
Panini Comics, 2017
112 pp. a colori, € 12,00

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