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“Quattro ragazzini entrano in una banca”: il crime che ha anticipato Stranger Things

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

Matthew Rosenberg, che di recente ha iniziato a scrivere anche per Marvel Comics, firmando la nuova Secret Warriors e Kingpin, si era già fatto notare alla Black Mask (di cui abbiamo parlato QUI) con l’interessante ma deludente We Can Never Go Home (pubblicato anche in Italia da Edizioni BD). Nell’aprile dello scorso anno ha lanciato una nuova miniserie, 4 Kids Walk Into a Bank – insieme al disegnatore quasi esordiente Tyler Boss – che si è conclusa questa settimana (o meglio, ufficialmente la settimana scorsa, ma su Comixology l’ultimo numero è arrivato solo mercoledì).

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Ci è voluto quindi più di anno per questi cinque episodi, ma ne è valsa la pena, visto che Rosenberg e Boss hanno realizzato un fumetto che fa dello storytelling la sua forza e sfoggia continuamente diverse soluzioni di messa in scena, giocando con la tavola e la regia del racconto.

Ci sono passaggi quasi alla Brian Michael Bendis, con battibecchi disseminati tra molte vignette, e altri invece che guardano a David Aja e ai suoi modelli, in scomposizioni pop, come quando la protagonista usa il computer della polizia per una ricerca nel database o quando la vediamo in camera inquadrata a piombo, e l’interno della casa è rappresentata come il progetto di un architetto.

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La storia poi si presta particolarmente a questa giocosità, fin dal titolo che suona come l’inizio di una barzelletta. Ogni capitolo si apre all’interno di un gioco, che sia un arcade videogame, una partita di D&D o una corsa tra macchinine in giardino, rivelando così immediatamente tratti di personalità dei protagonisti ancora prima di metterli realmente in scena.

È poi sempre fantasioso come il mondo del gioco vada in pezzi e torni alla realtà. Nel primo episodio, per esempio, un’onda – oltretutto in stile Hokusai – travolge inaspettatamente i personaggi di D&D e il drago che combattono, perché uno dei ragazzi ha rovesciato una bottiglia di soda tra dadi e miniature, in una stanza dove è appesa una stampa del capolavoro del maestro giapponese.

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I quattro ragazzini sono il tipico gruppetto un po’ nerd degli anni Ottanta, vessato dai bulli e che trova rifugio nelle proprie fantasiose manie, tra videogame e action figure, con in più però una componente femminile. A capitanarli è infatti la tenacissima Paige, che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e se ne frega delle conseguenze. Siamo insomma in zona Stranger Things, ma 4 Kids Walk Into a Bank ha preceduto la serie di Netflix e la moda che ne è seguita, inoltre qui la fantasia rimane cosa ben diversa dalla cruda realtà. A ostacolare i quattro protagonisti sono infatti altrettanti malviventi, che entrano in scena in un faccia a faccia e vogliono qualcosa dal padre di Paige.

4 Kids non sbaglia mai una battuta e vanta un gusto nostalgico per un’era pre-cellulari e Internet, fatta di giochi più semplici e di pomeriggi passati insieme, a cui aggiunge però un totale controllo della narrazione dal gusto squisitamente post-moderno. Tanto che non importa neppure quanto assurdo e improbabile possa diventare il racconto nel finale, perché tutto è dipanato in modo tanto brillante da risultare comunque avvincente.

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L’epilogo poi è sintetico ed efficace come pochi e non manca di colpo di coda che sancisce la definita riuscita del progetto. Sicuramente tra le cose migliori mai pubblicate da Black Mask e pure tra i fumetti americani più riusciti di quest’ultimo anno.

Bonus: Secret Empire: Omega

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Epilogo del crossover Marvel e ultima storia scritta da Spencer su Capitan America (e forse per la casa editrice), Secret Empire: Omega vede ancora una volta la compresenza di troppi disegnatori, con Andrea Sorrentino, Joe Bennett e Joe Pimentel. Non sveliamo nulla della trama e ci limitiamo a registrare che qui finalmente Nick Spencer riflette sugli elementi più inquietanti del suo evento, ossia come il governo dell’Hydra sia stato ben accolto da larga parte della popolazione americana e cosa questo significhi per Steve Rogers.

Peccato che tutto questo, nei numeri precedenti e nei pochi tie-in, non fosse stato approfondito a dovere, ma almeno l’epilogo ci mette in qualche modo una pezza e riporta tutto al suo senso più profondo. Spiace in verità anche per l’assenza di Sam Wilson, che in questa storia non viene nemmeno nominato, pur essendo stato invece il vero rappresentate dell’anima di un’altra America proprio nelle storie di Spencer.

Bonus 2: The Realm

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Incrocio tra sword & sorcery e scenario post-apocalittico, questa nuova serie Image è firmata da Jeremy Haun e Seth M. Peck, per i colori di Nick Filardi. Ha per protagonista una guida, disposta a indicare la strada e a proteggere viandanti, più o meno disperati, in un’America dove le città sono cadute in rovina e creature fantastiche, come demoni e orchetti, scorrazzano insieme agli umani.

Non è la prima volta che questi due scenari si mischiano: l’abbiamo visto recentemente nella serie Vertigo Hinterkind, ma qui l’elemento fantasy sembra più dark, un po’ come se si trattasse di un’apocalisse zombi, però con gli orchetti e altre creature. Inoltre il protagonista stesso sembra contagiato da qualcosa di molto oscuro, e assistiamo anche alle azioni di quello che presumiamo essere il villain, ossia un mago che compie un sacrificio umano per avere più potere.

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Visivamente The Realm non è irresistibile, ma evita di ricorrere a grandi vignette e tiene invece una narrazione piuttosto compatta, introducendo molti personaggi (più di quelli di cui abbiamo accennato) e realizzando buone scene d’azione. Peccato che il disegno, di per sé, non sia un granché, ma va comunque molto meglio che con l’altra inguardabile nuova serie Image della settimana: Retcon, di cui non a caso preferiamo non parlare neppure.

Bonus 3: The Sovereigns

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Si conclude la miniserie portante del reboot dei personaggi Gold Key: Magnus, Robot Fighter; Turok, Son of Stone; Doctor Solar; Doctor Spektor. La vita editoriale di questi eroi è molto intricata e passata sotto diverse etichette come la Valiant Comics degli anni Novanta e la Dark Horse, per poi finire a Dynamite Entertainment, che ora ha deciso di rilanciarli in un progetto di universo condiviso.

La miniserie The Sovereigns scritta da Ray Fawkes e disegnata da Johnny Dejardins è al centro di tutto perché presenta le versioni “classiche” di questi personaggi e la fine della loro era, una vera e propria Golden Age al tramonto insomma. L’epilogo pone poi le basi delle nuove versioni di questi personaggi, che infatti sono già presentate nei racconti d’appendice.

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L’idea non è male ma è un po’ sui generis, inoltre i disegni troppo anni Novanta di Desjardins rendono davvero difficile sopportare la storia e i personaggi. Un peccato perché invece la cura grafica del resto del rilancio – e soprattutto della nuova Magnus di Jorge Fornés – dimostra una spiccata e diversa personalità per ognuna delle tre serie (solo tre perché per ora all’appello manca Solar, che non è ancora stata annunciata). Ne riparleremo.

Bonus 4: Winnebago Graveyard

Si è conclusa con il quarto numero la miniserie horror del prolifico Steve Niles (che rimane famoso soprattutto per 30 giorni di notte) e disegnata da Alison Sampson per i colori di Stephane Paitreau. Pubblicata da Image Comics, è una delle più cocenti delusioni in cui ci siamo imbattuti di recente, dove il racconto è sviluppato con enorme decompressione e lunghe scene mute dalle grandi vignette, che però sono piuttosto infelici nel disegno.

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Un minimo di atmosfera viene dato dalla scelta delle inquadrature, tutte piuttosto marcate, ma il segno lascia assolutamente a desiderare, tanto che a volte non si capisce nemmeno bene cosa sta succedendo e quello che dovrebbe spaventarci è più che altro confuso.

Inoltre i colori molto accesi non aiutano e del resto la storia è davvero pochissima cosa, con una famiglia cui viene rubato il camper (il Winnebago del titolo) e si ritrova in una cittadina dove molti abitanti fanno parte di una setta che pratica sacrifici umani.

Bonus 5: Shadows on the Grave

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Richard Corben ha terminato di scrivere e disegnare, in bianco e nero, per Dark Horse la miniserie Shadows on the Grave. Raccolta di raccontini horror in stile EC Comics e realizzati nel tipico stile dell’artista, che però è passato al digitale con effetti non proprio entusiasmanti.

L’uso delle fonti luminose e delle ombre risulta infatti troppo patinato e toglie qualcosa alla magnifica ruvidezza del segno del Corben che amiamo. Decisamente un peccato, anche se siamo comunque di fronte a un artista personale e notevole, che si diverte a mostrare un’umanità sempre pronta ad accoltellarsi alla schiena e destinata a una fine orribile tra paludi, case diroccate, cimiteri e altre ambientazioni più insolite, come le montagne innevate dove si avventura un trapper.

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Ognuno degli otto numeri di circa 35 pagine ospita tre brevi storie autoconclusive presentate da una strega, più un capitolo della saga di Denaeus, vicenda di un eroe e di un’amazzone traditi dagli intrighi di una corte dell’antica Grecia, ovviamente dagli esiti tragici per tutti.

Bonus 6: Bloodshot Salvation

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Inizia la nuova serie di Bloodshot, sempre scritta da Jeff Lemire e disegnata da Lewis LaRosa e Mico Suayan, che purtroppo non sono al loro meglio: il primo sembra già in affanno rispetto al suo standard e con un segno meno definito, il secondo abusa invece di strumenti digitali. Niente comunque di catastrofico, anche perché entrambi sono ben colorati da Brian Reber, e la nuova storia di Bloodshot, dipanata su due tempi, ha un attacco accattivante.

Nel presente il protagonista e la sua da poco formata famiglia ricevono l’inquietante chiamata del padre di sua moglie, nel futuro la figlia di Bloodshot e sua madre scappano da qualcuno che sembra una sorta di versione in negativo dello stesso Bloodshot. Difficile non vedere nella bambina super-feroce in fuga nel futuro qualcosa del Logan di James Mangold, ma data fin qui l’assenza di una figura paterna, sostituita invece da una madre senza poteri, il risultato non è troppo derivativo.

Bonus 7: Runaways

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Ripartono infine anche i Runaways, in un ennesimo rilancio scritto da Rainbow Rowell, disegnato da Kris Anka e colorato da Matthew Wilson. Ottimo il comparto grafico e abbastanza efficace anche l’incipit della storia, che però, causa decompressione, è davvero solo un incipit. Basti dire che il numero non contiene nemmeno 20 pagine di fumetto e che in pratica si racconta una sola scena, con Nico che cerca di salvare una compagna caduta.

La sua disperazione è ben sviluppata e i dialoghi convincono, inoltre non manca una punta di leggerezza come ci si aspetta dalla serie. Però è davvero troppo poco per farsi un’idea di quanto lunghe siano le gambe di questo nuovo progetto. Staremo a vedere.

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