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RecensioniNovità"Secret Empire": la distopia di Capitan America

“Secret Empire”: la distopia di Capitan America

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

secret empire 1

Si è concluso con il decimo episodio il controverso evento estivo Marvel, Secret Empire, che è stato indubbiamente tra i più interessanti degli ultimi anni. Dovrebbe anche trattarsi dell’ultimo evento per un po’, visto che la casa editrice ha comunicato che lascerà respirare le proprie testate dopo il rilancio Legacy.

Già Secret Empire non è stato a ben vedere così invasivo o soffocante, né si può dire che abbia concentrato su di sé i riflettori. Se le altre serie Marvel non riescono a fare rumore, forse la colpa è loro e della (in)capacità promozionale della Marvel stessa, più che dell’evento di turno. Non che ci spiaccia questa pausa: la gran parte di queste miniserie blockbuster con spin-off e tie-in assortiti finisce per essere deludente.

A differenza degli ultimi eventi (Secret Wars, Civil War II) andati per le lunghe con ritardi nella pubblicazione soprattutto degli ultimi episodi, Secret Empire ha saputo mantenere la regolarità, ma l’ha fatto al prezzo della continuità e della qualità grafica. Tanto da far pensare che Marvel, dopo averlo lanciato, abbia voluto toglierselo di torno il prima possibile.

Se così facendo è andata incontro ai fan che non ne potevano più del Capitan America traditore passato all’Hydra, ha però scoperto il fianco alle critiche sulla sua politica riguardo i disegnatori, dando inequivocabilmente ragione a chi pensa che la Marvel non valorizzi i propri talenti. Alle matite della serie si sono infatti succeduti: Daniel Acuña, Rod Reis, Andrea Sorrentino, Lenil Francis Yu, Joshua Cassara, Sean Izaakse, Joe Bennett, Paco Medina e per l’episodio finale Steve McNiven.

secret empire recensione

Mentre a Rod Reis è stata affidata una parte specifica della storia, ambientata in una sorta di limbo dove uno Steve Rogers quasi senza memoria si muove in una foresta e incontra amici e nemici, gli altri disegnatori si danno più semplicemente il cambio, a volte anche nello stesso numero, con un risultato raffazzonato. Oltretutto nessuno di loro sembra aver potuto lavorare al meglio e le loro tavole sono al di sotto dello standard che perlomeno Acuña, Sorrentino e Yu sappiamo possono raggiungere. Insomma un pasticcio, cui decisamente non basta la continuità delle copertine di Mark Brooks perché poi, aperto l’albo, ci si trova di tutto e di più.

Questa scarsa cura editoriale cozza peraltro con quella invece notevole dei Marvel Generations di cui si parlava solo la settimana scorsa, tutti graficamente ben realizzati. Ulteriore riprova che il ciclo politico di Nick Spencer con i suoi due Capitan America è diventato per la Marvel qualcosa da chiudere in fretta. Probabilmente anche per questo i tie-in all’evento sono stati limitati a miniserie e non hanno invece invaso le serie regolari, con poche eccezioni tra cui gli Avengers di Waid.

secret empire recensione marvel

Inoltre, visto che Spencer ha creato una sorta di mondo a parte nel suo evento, con tanto di regni governati dai mutanti o da Ultron, ci sarebbe stata la possibilità di esplorare meglio questo scenario se si fosse voluto. Il fatto che invece le testate mutanti non si siano affatto curate di Secret Empire fortifica ulteriormente l’idea che il progetto sia stato abbandonato a se stesso.

Un peccato per via delle implicazioni morali e delle scelte che questo mondo avrebbe richiesto ai personaggi. I mutanti infatti si ritrovano ad avere un regno autonomo, dunque il loro collaborazionismo, o perlomeno la loro non belligeranza, viene premiata dal governo dell’Hydra. D’altra parte questo li obbliga ad assistere impotenti alla prigionia dei loro vari alleati e a scegliere se ribellarsi oppure se reprimere i propri simili in nome della sicurezza finalmente ottenuta. Storie, queste, che nessuno però ha pensato di scrivere.

Al cuore di Secret Empire abbiamo così il tormento di un Capitan America costretto a tradire i suoi ex amici e alleati in nome dell’Hydra e convinto che ogni mezzo sia lecito, perché tanto finirà per essere cancellato quando saranno riuniti i frammenti del cubo cosmico e con esso verrà riscritta la realtà.

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Steve è infatti convinto che il governo americano abbia cancellato la vittoria dell’Hydra durante la Seconda Guerra Mondiale e creato una storia alternativa, che le sue azioni correggeranno in nome di una sorta di giustizia universale. Questo perché a sua volta è stato manipolato da Kobik, un Cubo Cosmico con fattezze di ragazzina, plagiato dal Teschio Rosso durante il precedente crossover di Nick Spencer: Pleasant Hill, pubblicato l’anno scorso.

Nonostante la promessa che la storia non si sarebbe chiusa con un deus ex machina che rimette tutto al suo posto, le cose non sono andate poi molto diversamente. Senza svelare nulla facciamo presente che il Cubo Cosmico, che conferisce l’onnipotenza, rimane saldamente al centro della vicenda e ovviamente l’universo Marvel è destinato a tornare un mondo simile al nostro.

Per quanto Spencer abbia realizzato meglio di altri suoi colleghi una storia complessa, con molte parti in movimento, ha scelto però la strada più facile e ci ha messo di fronte a uno Steve Rogers innegabilmente malvagio, il cui unico elemento di redenzione è la convinzione che i suoi crimini di guerra finiranno per essere magicamente cancellati.

secret empire recensione marvel nick spencer

Non dunque un personaggio che crede in qualcosa e cerca di fare la cosa giusta per ottenerla, bensì un fanatico convinto che ogni mezzo sia lecito per il suo obiettivo finale e che questo risolva tutto. Certo questo pesa in parte sulla sua coscienza e, nonostante abbia degli alleati, Secret Empire ci mostra anche la solitudine del potere di questo Steve. D’altra parte non c’è davvero niente di condivisibile nelle sue azioni, dando vita a una storia più manichea di quanto era stato fatto sperare prima che Secret Empire iniziasse. Si è così passati dalle serie politiche di Sam Wilson e Steve Rogers al più puro e consueto escapismo, ambientato oltretutto in un mondo Marvel irriconoscibile.

Come questa dittatura sia accettata dalla popolazione o come la maggioranza consideri i ribelli sarebbero stati temi interessanti, ma anche in questo caso probabilmente troppo spinosi. Sono ben lontani i tempi della prima Civil War e di storie che, pur senza tralasciare il divertimento, avevano anche qualcosa da dire.

In Secret Empire invece sembra che gli elementi più provocatori siano stati neutralizzati in favore di una storia d’intrattenimento, oltretutto poco spettacolare per via della giostra di disegnatori. Pure il parallelismo tra il muro con il Messico paventato da Trump e quello intorno alla Terra voluto da Capitan Marvel non è mai stato esplorato, tanto che appare pure di cattivo gusto, visto che i Chitauri sono come insetti senza mente e dunque la cui vita è senza valore.

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Secret Empire è a suo modo avvincente e si legge volentieri (a patto di non guardare molte tavole più del tempo minimo di lettura), ma tradisce le sue promesse, costruite in storie che riflettevano sui simboli dell’America, sulla discriminazione nelle città, sui diritti civili di fronte alle corporazioni e ai rigurgiti di razzismo. Tutto questo è stato abbandonato in virtù di un repentino regime distopico mai sfruttato a dovere.

Poteva essere una delle storie più esplosive di sempre alla Mavel e invece è stata solo una variante del solito supervillain da abbattere prima che raggiunga il potere assoluto. È la fine di un’era e la prossima ripartenza di Marvel Legacy, che inizia addirittura dalla preistoria, non promette altro che una restaurazione.

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