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Autoproduzioni20 anni di fumetti italiani autoprodotti

20 anni di fumetti italiani autoprodotti

La generazione della giovane autoproduzione italiana si è ormai affermata definitivamente. Se ne parla spesso e già si potrebbe giocare a creare una sorta di pantheon di leggende del passato, grandi precursori e rockstar contemporanee. Tutte le manifestazioni più importanti allestiscono spazi variamente strutturati in cui i soggetti emergenti possono presentarsi senza dover affrontare i proibitivi costi degli stand commerciali. Il fenomeno dell’autoproduzione è quindi riconosciuto dal “sistema” fumetto. Gli autori che producono in casa i propri lavori sono seguiti da un loro pubblico e sono monitorati “avidamente” dalle case editrici. Aumentano anche i premi specificatamente riservati. E soprattutto è impressionante il numero, la varietà e la qualità delle proposte in campo.

A questa situazione hanno sicuramente contribuito in modo significativo le due più importanti manifestazioni italiane, Lucca Comics & Games e COMICON, e Festival come BilBOlbul a Bologna e T.C.B.F a Treviso. Ma non solo. Come vedremo, sono numerosi i fattori che hanno giocato un ruolo determinante nell’evoluzione che ha portato i mondi dell’underground e delle fanzine a mutarsi parzialmente nella moderna autoproduzione.

Ne parliamo, lo sapete, perché COMICON compie vent’anni e ogni anniversario può sempre costituire un buon pretesto per fare il punto della situazione in un dato ambito. Quindi dobbiamo stare al gioco, definire più o meno cos’è un’autoproduzione e vedere com’era la situazione due decenni fa, nell’ormai lontanissimo 1998…

Conosco bene “questa storia”, non solo come fruitore e testimone, ma anche in quanto protagonista di alcune progettualità portate avanti con il Centro Fumetto “Andrea Pazienza”, la struttura per cui lavoro e di cui sono responsabile. Non so se questa appartenenza possa rendere meno scientifico il mio resoconto. Provo a restituirvi una ricostruzione complessiva, che spero possiate trovare utile.

Dunque, la definizione. Si parla di autoproduzione quando uno o più autori stampano in proprio le rispettive opere, mettendoci le risorse necessarie, senza costituire una vera casa editrice, cioè un qualche tipo di società o cooperativa. Si può parlare di autoproduzione anche quando un gruppo di autori costituisce un’associazione culturale per meglio gestire l’attività e magari accedere ad una distribuzione. L’importante è che i responsabili dell’associazione siano gli stessi autori dei fumetti pubblicati. Un’autoproduzione si riconosce dal fatto che autore e produttore coincidono, senza che venga creato un soggetto commerciale terzo.

Liberaria

Data questa definizione possiamo notare infinite declinazioni in termini di modalità di produzione, distribuzione e pubblicazione. E naturalmente nei contenuti. Un’autoproduzione non deve essere necessariamente povera, alternativa, sperimentale o underground, come spesso si è ritenuto, equivocando sul concetto di base, ma essa può rientrare in qualunque genere artistico e narrativo e, soprattutto, può anche riscuotere successo economico. Inoltre gli autori non devono per forza essere esordienti o emergenti, ma possono anche essere professionisti che decidono di praticarla.

Vediamo allora chi faceva autoproduzione vent’anni fa… Una sezione della mia libreria è interamente dedicata a queste pubblicazioni, acquistate metodicamente negli anni.

Mi capita subito in mano il numero 0 di Fuori campo (Ancona), una delle ultime classiche fanzine, che segnalo perché presenta, oltre al tradizionale menù di interviste, reportage e recensioni, anche diversi fumetti, tra cui il probabile esordio di Maurizio Manfredi, autore del Super Anarchico. La fanzine è ancora la principale palestra degli aspiranti fumettisti che non sanno ancora che si può fare da soli. Lo hanno invece già capito Claudio Calia e Massimo Perissinotto che si presentano con ParaXita (Treviso), formato A5, fotocopiato, con copertina su carta gialla. Gli autori, nel rivolgersi al popolo mutante, promettono in seconda di copertina di reinvestire “qualsiasi guadagno” in pubblicazioni similari. Questa pubblicazione si rivolgeva principalmente all’ambito underground. Così come I viaggi dello psiconauta, che si presenta come “la prima rivista al mondo di indagine sulle mutazioni psicofisiche”. Qui troviamo nomi leggendari dell’editoria sotterranea, come Dast, Zattera e Spider.

Sempre all’ambito alternativo, appartiene Orcodrillo che esce insolitamente nel mese di agosto, sotto l’egida di Altervox Edizioni. Il primo numero si presenta con più autori, tra cui Laca e Edoardo Baraldi. Ma in realtà la testata, che muta in Odrillo, si rivela presto il one-man-project di Stefano Giovannini che si diverte a proporre opere di qualunque genere, testi, disegni, racconti fotografici, cioè tutto quanto può essere espressione di una personalità libera ed eclettica.

Altra fanzine di qualità è Fagorgo guidata da Gabriele Ferrero e Alfonso Cucinelli, che confezionano un menù ricercato, tra poesia e illustrazione, con fumetti di Fabrizio Fabbri, Mauro Ferrari e lo stesso Cucinelli. Ma il progetto dell’anno, che ci avvicina agli anni duemila, è senza dubbio Kerosene (Roma), rivista collettiva costruita da Dario Morgante, Marco Raparelli e Emiliano Granatelli, che si appoggia ad un’associazione locale, Humana Mente, e a Edizioni Multimage. Kerosene ha un successo immediato e uscirà per diversi anni, lanciando autori come Enrico D’Elia e Antonio Pepe. Il gruppo romano si presenta con un’identità forte e allarga la propria attività ad eventi e attività culturali.

Kerosene

In questa fase è proprio il contesto romano a costituire la scena più vivace e variegata. Sono gli anni dei progetti collettivi come Centrifuga di Sebastiano Barcaroli, Lampi Grevi di Lorenzo Ceccotti (più noto oggi come LRNZ) e Lucio Villani, ma anche di decine di uscite solitarie, come quelle di Nicoz con Catholic Girl e Cacca Piscia, Luisa Montalto con Coccoina, Alessio Spataro con Pugno di Ferro, capaci di spaziare dal diario intimistico alla satira politica, fino all’invenzione del fumetto disegnato male e stampato ancora peggio da parte del Dr. Pira con i suoi mitici Fumetti della Gleba. E ci sono anche fenomeni sorprendenti, come i manga gay realizzati dalle ragazze del Cultur Club, tra cui spicca la talentuosa Eva Villa. E a proposito di donne disinibite, ecco le autoproduzioni erotiche di Cristina Fabris. Tutte realizzate con la fotocopiatrice e in alcuni casi impreziosite da copertine in cartoncino ruvido e colorate a mano.

Questa pacifica invasione trova spazio nella più classica delle manifestazioni dell’epoca, cioè Expocartoon, il Salone Internazionale del fumetto che Rinaldo Traini aveva reinventato dopo la rottura con Lucca, avvenuta alcuni anni prima. Ma l’habitat è più ampio. Centri sociali, fumetterie, manifestazioni di vario tipo. È veramente una scena artistica e culturale, capace di facilitare le relazioni anche al di fuori del mondo del fumetto. E qui l’asse è tra Roma e Lucca.

È la manifestazione toscana ad aprire al fumetto alternativo e indipendente accogliendo nel 1996 il progetto Altervox “diverse comunicazioni attive”, curato dall’autore movimentista Sandro Staffa e realizzato assieme ad Interzona e Centro Fumetto “Andrea Pazienza”, editrice di Schizzo e Schizzo Presenta. È un attimo declinare il nuovo spazio (un padiglione intero) anche a Roma dove diventa un più sobrio Corridoio Altervox e successivamente Muccafumetto. È proprio la disponibilità di spazi a fornire la necessaria agibilità relazionale e commerciale a questa nuova generazione di autori e artisti, che in quel momento contribuisce a porre alcune delle basi necessarie per innovare il fumetto italiano, come la contaminazioni tra linguaggi, la sperimentazione stilistica e di formato, il genere autobiografico.

Tutto questo accade quando ancora non si è consolidato l’attuale concetto di graphic  novel, termine con cui si indicavano le edizioni da libreria che raccoglievano generalmente cicli narrativi di storie di supereroi, oltre che naturalmente i lavori di Will Eisner. Si parla invece di Romanzo a fumetti, grazie agli editori più attivi in quella seconda metà degli anni Novanta così profetici, tra cui voglio almeno citare Kappa Edizioni, Hazard Edizioni, Rasputin!Libri, Punto Zero e la prima Lizard.

Rimaniamo sempre a Roma per parlare di un’altro celebre progetto di autoproduzione, questa volta completamente interno al fumetto e mirato all’affermazione professionale, cioè Factory, etichetta indipendente con notevole capacità aggregativa verso altre esperienze analoghe come l’altrettanto romana Liska Prod e la milanese Troglo Comics. Qui troviamo un bel gruppo di protagonisti contemporanei, come Roberto Recchioni, Diego Cajelli, Leomacs, Luca Bertelé e Maurizio Rosenzweig e un altrettanto bel bouquet di albi spillati colorati e stampati perfettamente. Il modello di riferimento è il fumetto indipendente americano, con le sue mille diverse etichette, ma coerente nell’esprimersi attraverso il formato comic book e la creazione di miniserie, chiuse solitamente in quattro albi.

Battaglia recchioni leomacs

Il contesto è per un certo periodo favorevole a questo genere, portato avanti negli anni Novanta, tra gli altri, dalla Phoenix di Daniele Brolli e dalla Liberty di Ade Capone, ma anche dal già citato Schizzo Presenta e soprattutto dal brillante Shok Studio di Gabriele Di Benedetto, oggi conosciuto come Akab. Fumetterie e mostre mercato assorbono bene le tirature dei comic book, per cui gli autori sopra citati ci mettono tutto il loro entusiasmo per costruire proposte forti, sia tenendo conto delle tendenze del momento, sia provando a proporre vie nuove. Per esempio Milano criminale di Cajelli e Rosenzweig, un tentativo intelligente di sviluppare un genere nuovo, almeno nel campo del fumetto, cioè un pulp comic all’italiana, vera e propria ossessione narrativa di Cajelli, che avrà ulteriori seguiti negli anni successivi.

Ma notevoli sono anche Battaglia, il vampiro italiano di Recchioni e Leomacs, ambientato nella Sicilia mafiosa dell’era democristiana (personaggio già creato in precedenza e poi anch’esso ripreso), e Lost Kids, ancora di Recchioni, con Venturi, in cui un gruppo di ragazzini affronta un’epidemia zombie (idea che meriterebbe un rilancio!). Non è finita. Recchioni è il principale deus ex machina di buona parte del catalogo. Infatti sceneggia anche l’erotico ironico Zelda streghetta alla moda e L’Uomo Atomico, con la complicità di Flavia Scudieri e Luca Bertelé.

Un altro progetto di revisionismo supereroistico vede protagonista Bertelé, con i testi di Cajelli che firmano Simbolo. Ancora i due amici riprendono Lele, Sabry e Tobia, la serie scritta per Touring Junior. Infine il grande ritorno di una delle leggende del fumetto alternativo italiano, cioè Il Massacratore di Stefano Piccoli, riveduto in forma più matura e autoriflessiva, con la complicità, anche questa volta, di Roberto Recchioni. L’esperienza di Factory si esaurisce in un paio di anni. È una fiammata, ma non effimera, come sarà dimostrato dalle carriere successive di tutti i suoi protagonisti.

Il 1998 non è ancora finito. Nelle Marche c’è un piccolo comune che si chiama Grottammare, a due passi dalla sede della bella manifestazione Acquaviva nei fumetti, dove c’è ancora oggi un centro giovanile che si chiama “L’isola che c’è”, spazio aperto, di supporto e rifugio per giovani ed adolescenti. Michael Rocchetti e Mirco Petrelli hanno giusto venti e diciannove anni quando fondano assieme ad altri giovani Petrolio, fanzine autoprodotta che esce come supplemento di Grottammare Informa. Sì, sono proprio loro, Maicol&Mirco! Escono una decina di numeri, fino a quando la cinica coppia trova la sua cifra stilistica più matura e inizia a lavorare in autonomia. L’esperienza di Petrolio è fondamentale come momento di crescita, quindi di visibilità e infine come occasione per costruire una rete di relazioni. Il numero 9 che uscirà nel 2002 si aggiungerà alle tante pubblicazioni che in modo analogo possono essere ricordate come fotografia di un preciso momento artistico, con un indice che include una crew esagerata: Ribichini, Squaz, Costantini, Sandro Staffa, Paper Resistance, Ratigher, Akab, Tuono Pettinato, Elena Rapa, Edoardo Baraldi e altri ancora.

Pugno di ferro

Allargando lo sguardo alle fanzine in generale, il supporto pubblico si verificava in tante altre situazioni, come per esempio per Matite matte, realizzata con il Comune di Imola, su cui troviamo un piccante Christian Dalla Vecchia.

Esperienza analoga è quella di Liberaria, autoproduzione cremonese, nata per iniziativa dei giovanissimi Luca Pagani e Simone Manini che frequentano da volontari il Centro Fumetto e decidono di pubblicare alcuni autori ancora in lista d’attesa su Schizzo, oltre naturalmente ai propri fumetti. Su queste pagine troviamo così Stefano Misesti, Alberto Corradi, Stefano Alghisi e Gianfranco Enrietto. Tra l’altro, Pagani e Manini sono anche tra i primi a pubblicare fumetti in digitale, allestendo una collana di floppy disk denominata Le rane.

Ma anche così il 1998 non è finito. Alcuni allievi della Scuola del Fumetto di Milano realizzano la fanzine Plastilina. E nello stesso periodo, dopo un vendutissimo numero zero, ecco la consacrazione di un’altra autoproduzione prefiguratrice di due belle carriere. Mi riferisco a Bonerest, creazione in pura atmosfera Vertigo di Matteo Casali ai testi e Giuseppe Camuncoli ai disegni. Il colophon interno parla di una tiratura limitata di 3000 copie, destinate al solo circuito fieristico e delle fumetterie. È proprio Bonerest a ricevere il premio come migliore autoproduzione in occasione del primo COMICON, forse il primo premio in assoluto attribuito a questa categoria. In nomination c’erano anche Battaglia, Il Massacratore, Kerosene e Interzona, di cui abbiamo già parlato.

Questo premio ci consente così di evidenziare la prima saldatura tra questo ambito e il COMICON che, fin dall’inizio si pone il problema di rappresentare il mondo del fumetto nel suo insieme. Non che le altre manifestazioni non facessero altrettanto, ma COMICON svolge sin da subito un’intensa attività di relazione cercando di portare a Napoli alcuni dei protagonisti del momento. Fin dall’inizio il progetto si incentra sui grandi nomi, non c’è dubbio. Ma  c’è qualcosa di più nell’affiancare autori classici come Giardino e Castelli ad altri decisamente meno convenzionali come Miguel Angel Martin, autore del discusso, sequestrato, processato e infine assolto Psychopathia Sexualis di Topolin Edizioni.

L’attenzione verso il mercato, le fumetterie e le proposte editoriali mainstream non impediscono di riservare analoga considerazione proprio verso le autoproduzioni, che non rimangono in uno spazio circoscritto, ma sono presentate alla pari con tutto il resto del programma. Lo si vede proprio da questa prima tornata di premi. Lo si vedrà ancora meglio nelle edizioni successive. Nel 2000 viene allestito il premio Nuove Strade, destinato al miglior autore emergente. Molti dei nomi dei vincitori li troverete qui citati. Nel 2002 viene varata anche Futuro Anteriore, la mostra collettiva dedicata ai giovani autori più interessanti e innovativi. Il percorso di crescita della manifestazione comincia ad intrecciarsi con quello evolutivo delle autoproduzioni che gradualmente non si limiteranno più ad essere solo palestre giovanili, ma che diventeranno una forma di produzione specifica.

Bonerest

Avendo dunque eseguito la mission di valorizzazione di quel magnifico 1998, vediamo come siamo arrivati alla scena attuale. Per farlo dobbiamo seguire quattro piste tra loro intrecciate: le manifestazioni, le tecnologie di riproduzione, i circuiti di vendita e di autofinanziamento, le sedi di trasmissione delle competenze.

A proposito di manifestazioni, prima dello spazio Altervox, era già stato avviato a Milano da Marco Teatro un progetto innovativo, l’Happening Internazionale Underground (in seguito H.I.U.) che, dopo aver trovato spazio presso i centri sociali “Garibaldi” e “S.Q.O.T.T.”, approda definitivamente al “Leoncavallo”, per propagarsi in mezza Italia: Bologna, Roma, Ancona, Cremona e persino la svizzera Lugano. Cito un passaggio dell’intervista rilasciata da Sandro Staffa a Gianluca Costantini su Channel Draw per riassumenere il senso di questa esperienza: «L’HIU era un progetto di controcultura, un’idea di estetica diversa, un momento di altra comunicazione, un’occasione per esprimere idee politiche in maniera creativa. Alcuni hanno utilizzato l’iniziativa per meri interessi egotici. Altri perché nessuno dei piani alti li considerava (soprattutto i fumettisti), infatti appena hanno trovato un padrone da servire sono scomparsi. Altri ancora proponevano idee sul famoso altro mondo possibile. Ognuno a modo proprio sceglieva la vetrina dell’HIU per fare un po’ come gli pareva. Comunque per i militonti eravamo troppo frivoli; per i frivoli troppo impegnati; per i bottegai alternativi un ghetto poco remunerativo; per il gotha del fumetto degli intellettuali incomprensibili; per gli intellettuali dei dispensatori di sottocultura; per i punkabbestia dei borghesi schifosi. Potrei andare avanti per ore. C’era sempre qualcuno che aveva da ridire».

Il tono sarcastico usato da Staffa (che ritroveremo negli anni successivi su XL) ci permette di mettere a fuoco un altro aspetto connotativo di molte autoproduzioni, quello delle aspettative personali, che possono essere alimentate dal freddo calcolo, da un ideale romanticismo o anche dalla pura testardaggine. Che si tratti di una scelta o di mera necessità, l’investire tempo e risorse per pubblicare rischiando in prima persona è anche indice di un atteggiamento orgogliosamente di sfida verso i troppi editori indisponibili a rischiare.

Tornando alle manifestazioni, l’H.I.U. dura sino al 2002. Il suo testimone sarà raccolto dal 2004 dallo “Sherwood Comix Festival”, sezione del festival della padovana Radio Sherwood che propone sino al 2010 anche antologie a fumetti su temi quali la guerra, l’immigrazione, la tolleranza, per rimanere negli anni successivi all’interno del festival con eventi performativi, come i concerti disegnati. L’area antagonista dei centri sociali italiani, molto meno uniforme di quanto si possa pensare vista dall’esterno, non riconosce in realtà molta attenzione al fumetto. Padova è quindi un’eccezione.

Fumetti Gleba dr pira

Altre sono l’ormai internazionale “Crack! Fumetti dirompenti” che «dal 2005 si svolge ogni anno a giugno a Roma, nel Forteprenestino, il più grande squat d’Europa occupato dal 1986. Non ci sono esclusioni o selezioni, né stand o partecipazioni di editori che non siano indipendenti. È frutto del più grande lavoro di network e interconnessione che sia mai stato messo in moto nell’underground. Si muove in uno spazio di cooperazione e condivisione, nel rifiuto del copyright e a sostegno di pratiche plagiariste e di mash-up». A queste esperienze esplicitamente critiche, che si autodefiniscono sotterranee, si uniscono dal 2014 il “Borda! Fest” a Lucca, che si tiene negli stessi giorni di Lucca Comics & Games, sfruttando ampiamente la coincidenza con la tradizionale manifestazione, e dal 2017 il “UÈ” che si tiene a Napoli presso lo Scugnizzo Liberato Laboratorio di Mutuo Soccorso e rientra nell’ampio circuito di COMIC(ON)OFF.

Gli anni Duemila vedono quindi una crescente legittimazione delle produzioni non commerciali o delle più piccole etichette. La prima manifestazione a rivolgersi esplicitamente a questo mondo emergente è “Fullcomics”. La prima edizione si svolge a Pavia nel 2005. Le successive a  Piacenza, con una parentesi a Sarzana, per poi tornare a Piacenza e diventare “Fullcomics & Games”, sino ad approdare a Milano dal 2012 al 2014 ed evolversi in un appuntamento incentrato su aspetti professionali e tecnici.

Tocca quindi a Lucca Comics intervenire con una propria progettualità costruita nel 2007 in collaborazione con il Centro Fumetto “Andrea Pazienza” ed una prima rete di collettivi tra cui “I Cani” di Milano e “Monipodio” di Bolzano. Nasce la “Self Area” che si impone come modello e brand di riferimento per tutte le altre manifestazioni. La struttura prevede uno spazio attribuito partecipando ad un’apposita selezione, aperta ad autoproduzioni e collettivi, di qualunque genere fumettistico. I soggetti selezionati accedono ad un’area della manifestazione dove si può entrare senza biglietto.

Lo spazio è anche animato da iniziative di successo come la Comic Battle di Monipodio, cioè un torneo ad eliminazione dove ci si affronta in duelli singoli ad eliminazione diretta: ogni concorrente inizia realizzando una vignetta, a cui risponde l’avversario con una seconda vignetta in sequenza, il primo prosegue con una nuova vignetta, a cui risponde nuovamente l’altro, quindi ancora il primo concorrente ne realizza una terza e l’avversario conclude con un finale. Una giuria esamina le rispettive vignette e decreta come vincitore il più brillante e originale dei due. Dopo un primo biennio sperimentale, la Self Area ottiene location stabili, quali un padiglione e dal 2016 la prestigiosa Chiesa dei Servi.

COMICON allestirà in seguito la “Z.T.A.”, cioè Zona Totalmente Autoprodotta (già presente in nuce anche nelle edizioni tenutesi presso il Castel Sant’Elmo), così come Cartoomics Milano proporrà un’area “Self Comics” e il Treviso Comic Book Festival l’area “Self INKitchen”.

Pelle d'oca giacomo nanni

L’attenzione delle manifestazioni si spiega anche per il radicale mutamento dei circuiti di vendita specializzati, che non riescono più a rappresentare l’insieme delle pubblicazioni prodotte. Il numero delle fumetterie, dopo l’esplosione di punti vendita avvenuta negli anni Novanta, si stabilizza. Il progetto Marvel Italia-Panini aveva anche comportato l’acquisizione dell’intera catena di Alessandro Distribuzioni, con la creazione della Pan Distribuzione. Seguendone l’esempio, anche altri editori come Star Comics si organizzano per costruire una gestione praticamente unica di tutta la filiera produttiva, dall’edizione alla vendita in negozio. Gli editori possono così moltiplicare le proprie uscite, invadendo il mercato. Risultato: i prodotti che non sono dell’editore di riferimento o in esclusiva ottengono un trattamento più standard e faticano a rimanere sugli scaffali. Progressivamente spariscono anche le autoproduzioni, che non sono in grado di garantire puntualità e frequenza nelle uscite.

Il problema non riguarda solo le pubblicazioni fotocopiate o dichiaratamente alternative, che eventualmente possono accedere alle fumetterie delle loro zone con accordi diretti, ma anche i progetti più complessi come Factory e Innocent Victim, o come Liberty. Il formato comic book comincia a sparire dai circuiti specializzati e inizia invece ad affermarsi il formato libro. Il lavoro dei nuovi editori di graphic novel, come Coconino Press, Black Velvet e Rizzoli Lizard afferma definitivamente il nuovo format e anche tutta l’area della cosiddetta small press si regola di conseguenza. In pochi anni cambia completamente la percezione di “lunghezza” delle storie a fumetti, a favore di narrazioni più ampie e strutturate. Ma anche le aspettative per la loro qualità. Lo spillato fotocopiato di poche pagine perde il suo appeal romantico.

Gli anni Duemiladieci vedono affermarsi le novità tecnologiche che ben conosciamo. Grazie alla progressiva diffusione della stampa digitale, che consente di pianificare tirature più ridotte, il colore non è più una meta irraggiungibile, così come la rilegatura in brossura e l’impiego di carte più raffinate. Inoltre il passaggio dalle Lire agli Euro comporta anche in questo ambito un veloce raddoppio dei prezzi, e quindi un rientro più probabile dei costi, anche con vendite più contenute. Le autoproduzioni e le piccole etichette iniziano così a proliferare ulteriormente.

Se questo fenomeno sparisce quasi completamente dal circuito delle fumetterie, inizia invece ad affermarsi nel circuito fieristico che, per sua natura e necessità, opera con intenti inclusivi. Il pubblico ormai si è abituato alla presenza degli autori, che sono ricercati e adulati a tal punto che molte pubblicazioni rimangono totalmente o parzialmente invendute se l’autore non è a portata di dedica. Questa attenzione non è riservata solo agli autori più noti, ma all’intera categoria, esordienti compresi, sia perché un disegno è sempre gratificante, sia perché la dedica di uno sconosciuto oggi potrebbe tradursi in una vendita su eBay domani.

Il tema del digitale non riguarda solo il processo di stampa, ma anche le modalità di comunicazione e condivisione. La possibilità di rivolgersi direttamente al pubblico attraverso prima siti e blog, e poi tramite i social, offre opportunità in precedenza inimmaginabili per gli autori che vogliono farsi conoscere. Non c’è più la mediazione di un editore. Serve a poco la benedizione del critico di turno. L’autore può presentarsi e farsi apprezzare da una platea potenzialmente vastissima di fruitori. Certo, gratuitamente. Ma è un investimento sulla propria persona che, come abbiamo visto in più occasioni, può diventare assai remunerativo, perché la notorietà si può tradurre in appeal commerciale.

Ernest

E non è tutto. La struttura tecnologica e l’architettura grafica della rete consentono sperimentazioni originali e innovative che, in alcuni casi, riescono ad essere anche compatibili con la successiva stampa cartacea. Il sito “Verticalismi” è uno dei progetti più belli e interessanti, che sfrutta la fruizione in verticale delle immagini. È sempre una modalità di lettura lineare, ma grazie allo scrolling, contribuisce a fare accettare l’esistenza degli antiquati fumetti, per loro natura statici, anche sulla moderna rete.

Ancora più originale è l’idea avuta da Luca Genovese e Luca Vanzella. Nel 2003, consapevoli che una storia gay ambientata in un bar quadridimensionale non avrebbe trovato un editore disponibile per una pubblicazione, scelgono con convinzione la via dell’autoproduzione, inventandosi un metodo tanto semplice quanto efficace: caricare su una piattaforma web non solo la loro storia, ma anche quelle di autori amici e affini e consentirne il download libero e gratuito, invitando il lettore a stamparle fronte e retro e a rilegarle personalmente, piegando in due i fogli formato A4 già predisposti in pdf e unendoli insieme con un punto metallico. La storia conta più della stampa e il banco e nero è più che sufficiente per raccontare dei bei fumetti. La povertà realizzativa del fumetto si sposa con la gratuità della rete, accendendo le aspettative dei lettori.

I due autori però non rimangono confinati nelle proprie stanzette, ma organizzano le ormai leggendarie feste di Self Comics, in cui è possibile incontrare autori e simpatizzanti, bersi uno spritz e raccogliere dai tavoli le copie stampate degli ultimi albetti prodotti. L’esperienza dura cinque anni e viene conclusa per volontà dei due Luca, ormai diventati professionisti. Il bilancio in gigabyte e click non lo conosco, ma all’attivo possiamo contare un premio al Treviso Comic Book Festival, almeno cinquanta storie, raccolte in tre antologie, realizzate da venti autori diversi, e un’antologia finale prodotta collettivamente dai soggetti partecipanti alla Self Area del 2008 per salutare l’esperienza conclusa.

Nonostante quanto detto prima, nel primo decennio degli anni Duemila, pubblicare in fotocopia è ancora bello. Tra i gruppi più presenti ci sono “I Cani”, composti da Lorenzo Sartori, Graziano Barbaro, Salvo D’Agostino, Alessandro Fiumi, Giorgio Mascitelli, Andrea Pasini, Andrea Rossi, Cinzia Zagato e Antonella Toffolo. In questo caso troviamo un gruppo di autori già in parte riconosciuti e affermati professionalmente che decide deliberatamente di autoprodursi e presentarsi praticamente a tutte le manifestazioni, con albi fotocopiati molto bene in formato A5. Attivi tra il 2004 e il 2008, producono una trentina di albi, vincono un premio in occasione del Comicon 2006 con l’albo Una lacrima sul viso premiato per la migliore sceneggiatura, varano la collana di esordienti Giovani Cani e supportano attività laboratoriali sull’autoproduzione. Per esempio organizzando l’evento “La fabbrica del fumetto”, promosso dalla Fondazione “Fossati” (che successivamente apre lo Spazio Wow di Milano”), tenutosi a Cartoomics nel 2007. In quell’occasione viene sperimentato uno spazio collettivo in cui si realizza un processo produttivo completo, dalla tavola disegnata all’albo stampato, davanti agli occhi del pubblico. Vengono così fatti al momento e venduti “freschi”, tre albi della miniserie Un’avventura dell’agente senza nome, che vede partecipare professionisti ed esordienti.

Occhi Vuoti francesco cattani

Cito, come ulteriori esempi, in albi fotocopiati formato A5, con eventuale copertina a colori, i seguenti: Paura di Stratolin, Whena World di Lucia Biagi, Pelle d’oca e Clara di Giacomo Nanni, il primo nucleo di Canicola, con Davide Catania, Andrea Bruno, Amanda Vahamaki, Alessandro Tota e di nuovo Nanni. Ancora Catania con Hey that’s my bike e altri esperimenti, Hai mai notato la forma delle mele di Mabel Morri che si appoggia su Studio Monkey di Elena Accenti e Christian Neri, già autori di Nico e Armando e animatori di Plastilina. Il lunghissimo elenco prosegue con Occhi vuoti, più volte ristampatato, di Francesco Cattani, Fame e Ratti di Paolo Parisi, Rivelazioni di Giulia Argnani, ancora con il supporto di Studio Monkey, Il Signor Teppista di Simone Lucciola e tante tante altre. Sono spesso produzioni a tiratura limitatissima, non necessariamente vendute, magari distribuite per presentarsi ad editori e addetti ai lavori. Ma sono tutte premonitrici di un destino. Molti di questi nomi sono oggi più che noti e sfogliando quelle pagine si trovano gli embrioni di alcuni importanti libri usciti in seguito.

Intanto le pubblicazioni collettive si caratterizzano con soluzioni sempre più raffinate. Gli autori visitano festival europei, come quello di Angoulême e prendono esempio dalle notevolissime autoproduzioni soprattutto francesi. Fetus di Marco Corona e Gianluca Viano (tra l’altro bassista dei Marlene Kuntz tra il 1993 e il 1995) passa dalla versione in fotocopia al volumetto brossurato con copertina stampata in serigrafia e un menù ricco di autori anche internazionali. Krakatoa di Lucio Villani, Daniele Catelli e Vania Castelfranchi è un’altra antologia di notevole livello grafico. Il secondo numero, indicato come “B”, ha una copertina che offre al centro la sagoma di un aereo ritagliato. Poi la già citata Monipodio, con il suo originale formato quasi quadrato.

Nel 2007 entriamo nell’era contemporanea delle autoproduzioni con il collettivo “Ernest virgola”, composto principalmente da Sara Pavan, Vincenzo Filosa e Francesco Cattani. Sul loro blog si raccontano così: «Ernestvirgola … è un’etichetta indipendente che produce albi a fumetti, libri, cd e riviste sui tramezzini e su altri argomenti bizzarri. Si distingue grazie al suo inconfondibile stile antigrafico di tipo burocratico sovietico: carta riciclata, titoli fatti a mano uno per uno con le etichette dymo (quelle che si usavano per scrivere i nomi sui campanelli), copertine minimaliste color paprika, muschio, cobalto, malva (che ricordano appunto le cartelline da ufficio), copertine senza disegni, senza nome dell’autore, senza nome della casa editrice, insomma copertine che curano le manie di protagonismo del giorno d’oggi…».

Nello stesso anno, troviamo anche una nuova autoproduzione collettiva a Cremona: Toczine, redatta da Alice Bonzanini insieme, tra gli altri, a Eta e Sakka.

Monipodio

La capitale di questo movimento diventa Bologna, città che ha già un’importante tradizione editoriale, ed è sede di tutte queste cose qua: Alessandro Libreria, la più importante fumetteria italiana (già azienda distributrice e ancora editrice), il D.A.M.S., l’Accademia di Belle Arti che inizierà presto un profondo rinnovamento, la Libreria Stoppani, un’importantissima libreria di libri per bambini e ragazzi e punto di riferimento degli illustratori, la Fiera Internazionale del libro per ragazzi, metà di addetti ai lavori e agenti stranieri, l’Associazione Hamelin che progetterà il festival BilBOlbul, Canicola, principale etichetta indipendente italiana.

A Bologna risiedono anche personalità di spicco come quelle di Antonio Faeti, Daniele Barbieri, Daniele Brolli, Andrea Plazzi, Luigi Bernardi e tanti altri. Ed è piena di giovani, tra cui tanti artisti e fumettisti. Bologna diventa così luogo permanente di incontro, incrocio, condivisione tra sensibilità e progettualità, che vengono a riverberarsi nel contesto nazionale già descritto ampiamente. Bologna non consiste in un sistema completamente coeso, ma è il laboratorio di riferimento principale di tutto il fumetto più innovativo.

È arrivata così l’era dei collettivi, spesso e volentieri femminili o guidati principalmente da ragazze, che si sono conosciute/i in Accademia, o in un corso di fumetto o un workshop. Nel 2009 inizia la sua attività La Trama, il cui progetto più rilevante sarà Coppie miste, in cui gli autori a due a due realizzano albi in una situazione analoga a quella di una breve residenza artistica. Nel 2010 ne spuntano fuori ben tre, tutti in qualche modo in relazione con Bologna: Resina con Laura Fuzzi e Stefano Chichì, Teiera con Cristina Spanò e Giulia Sagramola e Delebile con Bianca Bagnarelli, Ugo Schiesaro, Lorenzo Ghetti e Andrea Settimo. Ognuna di queste etichette dimostra un’attitudine evolutiva e soprattutto una visione artistica tali da renderle punti di riferimento riconosciuti.

Ancora Bologna vede nel 2011 la nascita di Manticora e nel 2012 quella di Canemarcio, quindi nel 2015 quella di Brace. Ma anche dall’altra parte degli Appennini c’è un gran movimento che, in questo caso, ruota attorno alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze e all’attività seminale dell’associazione Double Shot. Voglio menzionare almeno Katlang, che ha autoprodotto dal 2008 fumetti arrotolati, al metro e persino al chilo, e Mammaiuto attiva dal 2011, costituitasi in associazione culturale e creatrice di una piattaforma seguitissima di webcomics che ha permesso di lanciare alla grande una serie di volumi monografici e antologici che hanno riscosso un grande successo, tanto è vero che recentemente Shockdom ha iniziato a rieditarli.

Interni ausonia double shot

Vorrei infine citare alcune esperienze particolarmente significative, non ancora menzionate. Uno dei primi autori, non esordienti, che decide di intraprendere il glorioso sentiero dell’autoproduzione è Ausonia, pseudonimo di Francesco Ciampi. Nel 2008 Ausonia chiede di essere ammesso nella Self Area di Lucca con un progetto personale: Interni. Sotto l’egida di Double Shot, l’autore propone la storia di uno scrittore dall’aspetto di insetto antropomorfo caduto in una profonda crisi creativa. Il successo raccolto, consente ad Ausonia di proseguire con altri due volumi in cui il registro narrativo approda al metafumetto con un’ampia riflessione sulla scrittura e sul suo rapporto con il sistema artistico ed editoriale. Oltretutto, l’autore brucia tutte le tavole originali portando con rigore nella vita reale la riflessione sviluppata sul fumetto.

Un altro autore decisamente innovativo e vero e proprio “missionario” dell’autoproduzione è Alessandro Baronciani, che è anche grafico e musicista. A partire dal 2000, Baronciani realizza brevi storie, intitolate semplicemente con lettere dell’alfabeto e diffuse esclusivamente per posta agli abbonati. In breve tempo, l’autore conquista più di duecento abbonati, a cui non solo spedisce manualmente le singole copie, ma ai quali scrive lettere autografe, eleganti quanto i suoi fumetti. Baronciani è uno dei massimi esponenti di questo movimento e terrà anche corsi e workshop. Per esempio Resina nasce proprio sotto la sua guida. E, dopo il successo raccolto con i suoi graphic novel, tornerà all’autoproduzione con Come svanire completamente, un pazzesco cofanetto contenente una trentina di minicomics spillati, tra loro narrativamente legati, e alcuni oggetti riferibili alla storia. L’opera è ispirata al metodo “Prima o mai”, una forma di crowdfunding inventata da Ratigher, oggi Direttore Editoriale di Coconino Press/Fandango, dopo Igort.

Ratigher è un altro personaggio di spicco del movimento, già membro dei Super Amici, formazione composta anche da LRNZ, Dr. Pira, Tuono Pettinato e Maicol&Mirco. Il “Prima o mai”, oltre ad essere un metodo di raccolta fondi efficacissimo, offre anche la possibilità all’autore di ottenere una dignitosa remunerazione del proprio lavoro, saltando tutta la filiera editoriale e distributiva. L’idea consiste nel vendere anticipatamente il fumetto, stampandolo in un numero adeguato di copie, con la promessa non solo di non editarlo più, ma addirittura di metterlo a disposizione per il download gratuito, esaurita la prima e unica tiratura. Il progetto si traduce nella pubblicazione del volume Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra. la cui tiratura prevista è interamente venduta e che vince nel 2015 il Micheluzzi nella categoria “Miglior fumetto”, superando nella propria categoria concorrenti del calibro di Zerocalcare, Bacilieri, Enna e Celoni e Niccolò Pellizzon.

Zombie Gay vaticano fumetto

Chiudiamo in bellezza con uno dei principali best seller dell’autoproduzione italiana di ogni tempo! Lucca C&G 2011. Si scatena tra la folla la corsa all’acquisto di un albetto scritto da Davide La Rosa e disegnato da Vanessa Cardinali. Il titolo è Zombie gay in vaticano. Il pubblico impazzisce. L’intera tiratura viene spazzata via prima della fine della manifestazione e dovrà essere ristampata.

Questi ultimi esempi ci raccontano come l’autoproduzione da pratica alternativa e fuori circuito abbia sì mantenuto la propria attitudine alla sperimentazione e all’originalità, ma sia anche diventata un formidabile ascensore sociale in grado di portare l’esordiente direttamente all’attenzione dell’editore. L’autoproduzione ha anche in parte assunto un ruolo di riequilibratore economico consentendo all’autore di gestire interamente i ricavi delle proprie opere, assumendosi un rischio calcolato. Una situazione che dovrebbe far meditare gli editori.

Mi congedo, consapevole che era impossibile raccontarvi tutto. Ci sono tante altre esperienze che non ho potuto neanche citare per motivi di spazio. L’autoproduzione è protagonismo, certo, ma è anche un donare qualcosa di sé agli altri. Per tutto questo, grazie. Grazie di cuore.


Questo articolo è un estratto del libro 1998-2018 Vent’anni di fumetto in Italia, pubblicato da Comicon Edizioni.

comicon 20 anni fumetto

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