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RecensioniClassic"American Flagg!", il fumetto che predisse tutto

“American Flagg!”, il fumetto che predisse tutto

Nel canone dei fumetti statunitense, l’annata del 1986 è quella più rappresentativa. In quei dodici mesi, l’America (ma non solo) produsse una quantità di opere fondamentali per tutto ciò che c’è stato dopo nel mondo del fumetto.

Nel marasma di opere si citano Il ritorno del Cavaliere Oscuro, Watchmen, Maus. Seguono di un’incollatura Devil: Rinascita, Che cosa è successo all’Uomo del Domani?, L’Uomo d’Acciaio. Alla fine, ad alzare la mano sperando di venire incluso in questo ruolino all-star, c’è American Flagg!, serie scritta e disegnata da Howard Chaykin. Purtroppo la serie è quasi sempre ignorata dalle cronache, nonostante la sua influenza sia per certi versi paragonabile al magnus opus di Frank Miller.

american flagg
La copertina del primo numero di America Flagg nell’edizione di Editoriale Cosmo

Pubblicata tra il 1983 e il 1988 da First Comics (un editore definibile come “Image Comics prima di Image Comics”), ma con il segmento più forte uscito troppo presto per rientrare nel magico 1986, American Flagg! pagò lo scotto di essere in anticipo sui tempi, una colpa che ha lo stesso peso di essere in ritardo sui tempi: l’antesignano e l’imitatore non sono in sincrono con il pubblico. Citata da svariati fumettisti come opera fondamentale per la loro formazione, non raccolse un grande seguito di pubblico e, in seguito, non riuscì a propagarsi tra i lettori a causa della difficile reperibilità delle storie e dell’anti-commercialità della premessa.

American Flagg! è tornato di recente sugli scaffali italiani raccolto in volumi brossurati per i tipi di Editoriale Cosmo. Un’operazione unica, in quanto neanche negli Stati Uniti esiste una raccolta integrale dell’opera (quelli che hanno tentato sono incappati in diversi problemi di produzione). Il lavoro di Cosmo merita quindi un duplice plauso per aver riportato nelle librerie un’opera importante.

Spiegare American Flagg! è un esercizio labirintico. Siamo nel 2031. Una serie di crisi mondiali ha scosso la Terra in quello che è rimasto noto come l’Anno del Domino (1996). Il governo statunitense e i capi dei conglomerati si sono trasferiti su Marte, sede del Centro Hammarskjold. Il Plex, una gigantesca unione interplanetaria di governi e corporazioni, ora gestisce il commercio e la politica degli USA. Il Plex è l’unico ente a controllare le telecomunicazioni. Il suo programma più popolare è uno show in cui gang locali si scontrano con armi da fuoco fornite dal Plex. Corruzione e atti di violenza sono all’ordine del giorno. La crescita della popolazione è tenuta sotto controllo grazie alla Mañanacillina, una pillola che funge da antibiotico e contraccettivo.

Parte della popolazione si è radunata su arcologie fortificate, i Plexmall, e la sicurezza pubblica è in mano ai Plexus Ranger. In questo panorama si inserisce Reuben Flagg, ex-star televisiva senza lavoro perché rimpiazzata da una sua versione digitale, trasferita al Plexmall di Chicago per fare da spalle al ranger locale Hilton “Testa dura” Krieger. Con un passato da criminale, Krieger tiene in piedi la stazione pirata Q-USA, che trasmette illegalmente sport, pornografia e film antecedenti all’Anno del Domino.

american flagg

Flagg è arrogante, impaziente, fumantino e sarcastico tanto quanto Chaykin, che disse di avere impostato l’asticella morale di Flagg al suo livello perché «non so scrivere personaggi moralmente più alti di me. Ed è difficile scrivere personaggi moralmente più bassi di me».

Flagg è anche in grado di vedere messaggi subliminari inseriti nelle trasmissioni televisive che stanno causando esplosioni di violenza da parte di gang locali. È l’unico a notare chiaramente questi messaggi insieme al gatto Raul, un animale senziente dotato di un paio di mani cibernetiche. Il loro è un mondo sconfinato, pieno di dinamiche e dettagli che ho tralasciato per amor di sintesi, pensato evidentemente per l’esplorazione sul lungo corso.

Chiunque avesse aperto American Flagg! nel 1983 avrebbe trovato loghi, emoticon, paesaggi ispirati a Blade Runner, una visione della tavola proto-Chris Ware e un totale, assoluto, caos sensoriale.

«Ero pazzo, drogato, furioso con l’amministrazione Reagan e ossessionato dal sesso» raccontò Chaykin a proposito della nascita dell’opera. L’autore era fortemente critico verso usi e costumi dell’America del suo tempo: nella serie è la violenza trasmessa in tv a innescare quella prodotta nella società, le avventure sessuali di Flagg sono spesso un corollario umiliante ai suoi tentativi di gesta eroiche, in un rigurgito del machismo anni Ottanta.

All’epoca della realizzazione della serie, il Nostro viveva a Los Angeles ed era abbonato a qualsiasi rivista di moda. Attentissimo a ogni trend, studiò altre forme di design narrativo, le mappe metropolitane, le guide turistiche e l’estetica pubblicitaria, incanalandole nelle pagine. Ecco spiegata l’estetica frammentata in una confusione decadente dove più stili convivono assieme o uno strato di indumenti ne sormonta un altro senza soluzione di continuità. Jean-Paul Gaultier e il trash televisivo, l’iconografia politica e Giorgio Armani. Chaykin vestiva i personaggi con collane di perle al neon, inserti animalier, choker accuminati, stivali da buttero e giacche con risvolti patriottici, orecchini a forma di Stati Uniti e accessori della Guerra Fredda.

La composizione delle tavole è fuori dalla grazia di Dio. È Jim Steranko che scopre l’internet. C’è di tutto: font anni Sessanta che richiamano canzoni (il «Papa Oom Mow Mow» dei fucili automatici mutuato dall’omonima canzone dei Rivingtons), onomatopee che diventano decoro e margine della vignetta, prospettive cangianti che si scavallano a vicenda.

american flagg

La storia è raccontata attraverso il flusso di informazioni visive provenienti dai mass media – anni prima che Frank Miller usasse la televisione come coro greco ne Il ritorno del Cavaliere Oscuro – e tutto è sincopato, interrotto. Oltre al «Papa Oom Mow Mow», che resta una delle idee più sfiziose mai partorite nell’ambito delle onomatopee, Chaykin riempie gli schermi di un world-building esuberante, con programmi tv come Troie bianche drogate, Umiliazione pubblica e Press the Meat (un gioco di parole sul titolo dello storico programma politico statunitense Meet the Press).

Come scrive Scott Bukatman nel libro Terminal Identity: The Virtual Subject in Post-Modern Science Fiction, l’impaginazione di Chaykin è un vero caos controllato che «demolisce la netta demarcazione dello spazio in vignette diverse, a favore di una sovrapposizione sincronica», la stessa sovrapposizione di voci, canali, immagini che governa la vita dei personaggi.

Nel mondo di American Flagg! gli istinti carnali dominano ogni aspetto della vita: regolano rapporti di potere, definiscono i popoli («gli ebrei con cui sono stata imprecavano molto di più» dice un personaggio che di cognome fa Cristo) e sono un’arma politica. Sesso e videoconferenze diventano attività da portare avanti in parallelo.

La presenza soffocante dei media e delle istituzioni è contrastata dalle scene di sesso che Chaykin mette su carta con libertà e gusto sfrontato, lavorando di suggestioni ma riuscendo comunque a risultare esplicito, attraverso i momenti che sceglie di immortalare, le pose e le smorfie di estasi che affida ai personaggi.

howard chaykin

Con la sua serie, il fumettista del New Jersey predisse una serie di eventi e processi come l’Unione Sovietica che manipola i risultati delle elezioni presidenziali statunitensi, corporazioni a capo di governi, egemonia culturale della televisione, inasprimento delle fazioni politiche, ritorno di nazifascimo, militarizzazione della polizia, presenza costante della pubblicità, apatia verso le decisioni governative, disimpegno politico delle masse.

Certo, non tutto è perfetto. Il ruolo della donna, per esempio, è ancorato a stilemi del passato, non tanto nella caratterizzazioni ma nel modo in cui le ritrae. Chaykin costruisce un immaginario femminile patchwork combinando Terry e i pirati, gli spettacoli burlesque, le Bond Girl, il fetish e quella messa in scena da damigella in pericolo. La resa psicologicamente rotonda dei personaggi sovverte questa iconografia, ma lo sforzo non è sufficiente a liberarle da un griglia rappresentativa schematica.

I primi ventisei numeri di American Flagg! furono scritti e disegnati da Chaykin (colorati da Lynn Varley, in uno dei suoi rarissimi lavori non disegnati da Frank Miller). In seguito, per diversi impegni e difficoltà nel mantenere le scadenze, si occupò dei soggetti e delle copertine, affidandosi in parte ad altri sceneggiatori come Steve Grant, Jean Marc DeMatteis e Alan Moore (autore anche di alcune storie brevi in appendice) e disegnatori come Mark Badger, Randy Emberlin, Paul Smith e Mike Vosburg.

Le storie iniziarono a violare le regole della serie e la caratterizzazione dei personaggi (Flagg, appassionato di jazz anni Trenta, inizia ad ascoltare musica rock) e nessuno, nemmeno Alan Moore, chiamato a scrivere un breve ciclo, sapeva cosa fare del titolo. Nonostante il ritorno di Chaykin e il battesimo di un secondo volume, American Flagg! non trovò più quella scintilla creativa che aveva animato i primi numeri.

howard chaykin

Ciò che impedì ad American Flagg! di diventare un lavoro come Il ritorno del Cavaliere Oscuro o Watchmen fu anche la natura bizantina del prodotto. Non parlava di supereroi, non era riassumibile in una frase, non era spendibile né notiziabile. Era un pastiche con dentro visioni distopiche, sesso, violenza, commedia, jazz anni Cinquanta e quella bizzarra miscela à la Robocop. Con quest’ultimo film, secondo Chaykin, American Flagg! ha ben più di un aggancio. In un’intervista del 1987 a Kim Thompson pubblicata su Amazing Heroes #132, l’autore affermava infatti che «quel film è stato chiaramente scritto da qualcuno che ha letto le mie cose e Judge Dredd e poi non è riuscito ad acquistarne i diritti, quindi ha estrapolato i concetti da quei fumetti».

Difficile inoltre non rivederci, in quei voli pindarici all’insegna del cool, il gusto per l’effetto di Mark Millar o le complesse visioni di Warren Ellis. Insomma, American Flagg! non sarà entrato nelle cronache fumettistiche ma chi l’ha letto ne è rimasto influenzato. Torna alla mente la citazione di Brian Eno che, parlando dell’album The Velvet Underground & Nico, disse: «A cinque anni dall’uscita aveva venduto solo 30.000 copie. Eppure fu un disco importantissimo per molte persone. Penso che ognuno di quelli che comprarono quel disco poi abbiano fondato una band». In questo senso, American Flagg! è un po’ il Velvet Underground & Nico del fumetto americano.

American Flagg! voll. 1-3
di Howard Chaykin
Traduzione di Valeria Gobbato
Editoriale Cosmo, novembre 2017-ottobre 2018
Brossurati a colori
19,90-29,90 €

Leggi anche:
“The Divided States of Hysteria”, la satira politica di Howard Chaykin
Jim Steranko: l’arte di scomparire
La polemica sulla violenta copertina della nuova serie di Howard Chaykin

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