di Andrea Raos*

Tra il 1984 e il 1992, oltre alla sua attività di regista di film di animazione, Miyazaki Hayao si apre uno spazio creativo laterale in quanto autore di manga. Si tratta di storie ad aquarello, quasi tutte molto brevi, che pubblica su Model Graphix, una rivista mensile per appassionati di modellismo.

Sono storie di guerra ambientate in scenari che spaziano dal XIX secolo alla Seconda Guerra Mondiale, con uno spunto di partenza reale ma poi sviluppate su traiettorie di fantasia e di invenzione. Una di queste, Hikōtei jidai (L’era degli idrovolanti), servì da base per il suo famoso film Porco rosso, ma non è difficile trovare echi, anticipazioni, anche di altre sue opere fino a Kaze tachinu (Si alza il vento).

Nel 1997 queste storie vengono raccolte in un volume dal titolo Zassō nōto (Taccuini di fantasie sparse), che rende bene l’idea dello spirito con cui erano state create: non “lavoro”, non un progetto programmatico, bensì spazi in cui fantasticare liberamente.

È affascinante osservare cosa significhi, per un artista con la forma mentis di Miyazaki, “fantasticare liberamente”: ad apertura di pagina, colpisce la precisione maniacale delle notazioni sulle caratteristiche tecniche dei bombardieri, carri armati o sottomarini presentati.

Questo dipende in parte dal pubblico a cui queste tavole erano destinate, appassionati di modellismo, e in parte da quanto è acuminata la fantasia di Miyazaki, davvero più reale della realtà stessa. Ma è importante sapere che Miyazaki non idolatra la tecnica e le macchine di per sé, non le scinde mai dall’uso che ne è fatto.

Una delle storie più dolenti si svolge durante la Guerra civile spagnola (1936-1939) e si chiude con una considerazione amara su quanto tutto sarebbe stato diverso se il fascismo fosse stato sconfitto allora. Su un tono più leggero, non mancano accenni di autoderisione proprio a proposito della precisione tecnica dell’autore: in una tavola viene presentato nei minimi dettagli un enorme bombardiere, e in un angolo si vede un piccolo personaggio che tutto allegro fa il bagno in un furo, la vasca tradizionale giapponese. Accanto, Miyazaki annota: «Questo è sbagliato!».

Ancora, leggiamo considerazioni che potremmo definire metapoetiche: c’è una scena di battaglia e Miyazaki commenta: «Solo un film d’animazione renderebbe davvero l’idea!». L’arte non è un genere, la fantasia non è una stanza chiusa, ogni mezzo espressivo è sempre anche altro da sé; questi i non piccoli insegnamenti di questo splendido libro.


*Questo articolo è stato pubblicato con il titolo La fantasia non è una stanza chiusa su Linus di febbraio 2019, dedicato ad Hayao Miyazaki.

Andrea Raos (1968), poeta e traduttore, è stato per diversi anni studioso di letteratura giapponese classica. Il suo libro più recente come autore è Le avventure dell’Allegro Leprotto e altre storie inospitali (Arcipelago Itaca, 2017), come traduttore è Charles Reznikoff, Olocausto (Benway Series, 2014).