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5 motivi per leggere “Shhh. L’estate in cui tutto cambia” di Magnhild Winsnes

bbb consiglia bilbolbul

Nella rubrica ‘BBB Consiglia’, ogni mese, il festival bolognese BilBOlbul seleziona un’opera a fumetti di particolare valore e interesse, offrendo una lista di buone ragioni per leggerlo. Questo mese parliamo di Shhh. L’estate in cui tutto cambia di Magnhild Winsnes, pubblicato da Mondadori.

1 |  L’infanzia autentica

Durante l’estate ci si arrampica sugli alberi, si va a caccia di granchi col secchiello e di insetti col retino, si ulula in bicicletta controvento e si fanno gare di immersioni. È quello che si fa in vacanza al mare a undici anni. E se all’improvviso qualcuno cresce e non risponde più alle sfide? Se fare una gara di pipì nascoste dietro un masso comincia ad apparire “infantile”, per l’appunto, ed è più “giusto” fare giri in macchina e fumare sigarette?

Il fumetto d’esordio di Winsnes è una rappresentazione autentica dell’infanzia che cresce e non è più tale, che si avvicina alla soglia dell’adolescenza e lo fa in fretta, senza strumenti (o con i propri, alieni, strumenti), senza capire bene; è la narrazione di un’estate in cui si valica un confine e risulta sincera proprio perché è lo sguardo a esserlo, perché ci si stropiccia la maglietta per l’imbarazzo dopo un anno di distanza e ci si chiede come sarà il nostro corpo “da grandi” senza davvero sentirne l’urgenza.

È un’onestà che si ritrova spesso negli autori del Nord che scrivono di e per ragazzi, autori per i quali l’infanzia è quella che esclama «Ma a te piace un sacco pescare granchi!» e l’adolescenza risponde «No, non più» e in quel non più c’è tutto lo scarto e il passaggio.

2 |  Giocare con il ritmo

La rappresentazione dell’infanzia e del passaggio all’adolescenza non riesce così bene a Magnhild Winsnes “solo” perché sa cosa raccontare, ma anche perché sa come farlo, dove puntare lo sguardo e, soprattutto, come guidare il lettore attraverso una mole di pagine che potrebbe risultare, altrimenti, difficile digerire.

La storia scorre veloce, con poche vignette sospese sullo sfondo bianco quasi fossero piccole finestre che si aprono su momenti fugaci: un gesto, un’espressione, una smorfia, un gioco, un momento emozionante. Ma l’autrice non ha fretta, e anzi sa dove fermarsi. Così qua e là il giropagina rivela il campo lungo di una doppia splash page nella quale il tempo si dilata fino quasi a fermarsi. Lì ci si ferma un po’, come a tirare il fiato osservando la scena da più lontano, prima che l’occhio della telecamera si riavvicini e tutto ricominci a correre veloce.

3 |  Perché crescere troppo in fretta?

Uno dei meriti di Shhh è quello di mettere in evidenza, attraverso la relazione tra i personaggi, gli scarti abissali che si possono creare nel momento della crescita: l’abbandono dell’infanzia avviene in un tempo e a una velocità personale per ognuno. Per fortuna, verrebbe da dire.

Ma è un’opinione adulta, perché quando la si vive, non c’è fase della vita in cui più si desidera di essere tutti uguali e tutti con lo stesso passo, conforto utile e forse necessario per far fronte a un io futuro che ancora non si conosce. In quest’ottica l’ostinazione bambina della protagonista appare ancora più eroica e l’autrice è molto abile nel farla emergere con naturalezza, senza prediche o voci posticce. Si comporta così perché non può far altro e anche quando si avventura in imprese “da grandi” non può non conservare l’estraneità del suo sguardo.

Questa inconciliabilità di visione è portata con coerenza fino alla fine senza ipocrite riconciliazioni, ma anche senza inutili drammaticità, con la naturalezza di chi ha rispetto autentico per la diversità di ognuno. Shhh diventa così anche un parziale antidoto alla pressione sociale che ha già ridotto di qualche anno la durata media dell’infanzia, ha eliminato la pubertà e ci vuole tutti adolescenti fino a veneranda età: i miracoli della società dei consumi.

shhh Magnhild-Winsnes graphic novel

4 |  Due modi di comunicare

Nel raccontare l’incontro tra la lingua dell’infanzia e quella dell’adolescenza si corre il rischio di volerle descrivere dettagliatamente, finendo per distanziarsene o imitarle. Magnhild Winsnes lascia semplicemente che quest’incontro accada, per mostrarlo senza intromettersi.

Le bambine e i bambini hanno un modo di comunicare con il mondo che fa loro avvertire naturalmente anche la parte nascosta della realtà. Non c’è bisogno di definirla, è lì, gli adulti sembrano non farci caso, mentre loro la attraversano e la esplorano incessantemente. Questo sentire condiviso li unisce in una sorta di comunità che può comunicare e agire di nascosto e in cui si respirano desideri, sensazioni, sentimenti degli amici e delle amiche senza bisogno di spiegazioni e senza il rischio di fraintendimenti.

Ad Hanna basta un fruscio dentro il bosco per svelare la presenza di Siv: alle due non serve chiamarsi a voce per trovarsi. Lo sguardo dell’amica però sta cambiando direzione, sollecitato dalle nuove esperienze della sorella maggiore già adolescente. Le domande da porre non riguardano più i nuovi record da battere, ma i primi baci. Entra così in scena il linguaggio degli adolescenti che assume una valenza diversa in base agli interlocutori (non a tutti si possono dire le stesse cose nello stesso modo) e prevede la cura di uno spazio verbale privato, fatto di ambiguità, di omissioni e fraintendimenti in cui poter elaborare la propria identità e il rapporto con gli altri.

Quando infanzia e adolescenza si parlano può succedere di tutto. Uno dei meriti più evidenti di Shhh sta proprio nel riuscire a presentare sia la dimensione comica che quella tragica, entrambe contemporaneamente presenti nei momenti in cui questo accade.

5 |  Ragazze si diventa

La costruzione dell’identità femminile passa (anche) per una serie di gesti, rappresentazioni, rituali codificati. Shhh ne mette in scena molti, con ironia e delicatezza: mentre il loro corpo cambia, vediamo Hanna, Siv e Mette alle prese con rossetti, reggiseni, assorbenti, uscite di nascosto dai genitori e l’immancabile cotta per un ragazzo più grande.

Tutte giocano a fare le donne, e nel loro atteggiarsi un po’ goffo si intravedono i comportamenti, i gusti e le fantasie che in qualche modo sono percepiti come tappe obbligate del diventare adulte. Con queste tappe si devono confrontare tutte: Siv e Mette, che si affannano a recitare il ruolo delle ragazze, e Hanna, che proprio non riesce a fare a meno di essere se stessa, e che a questa recita oppone un rifiuto che vale cento libri contro gli stereotipi di genere. 

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