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FocusViaggio nell’universo narrativo ed estetico di Kamimura e Okazaki

Viaggio nell’universo narrativo ed estetico di Kamimura e Okazaki

Non sarebbe per nulla esagerato definire Kamimura Kazuo (1940-1986) e Okazaki Hideo (n.1943) come la gôruden konbi (la coppia d’oro) del fumetto giapponese. Non tanto per il buon numero di successi riscossi, quanto piuttosto per l’alchimia che era nata tra i due, una sinergia talmente forte da infondere qualcosa di speciale alle loro creazioni. E il motivo è piuttosto semplice: Kamimura e Okazaki erano due autori che si completavano a vicenda e che si rispecchiavano l’uno nella visione artistica dell’altro. 

Le loro strade si erano incrociate per la prima volta nella redazione della rivista Young Comic: Okazaki ne era uno degli editor mentre Kamimura ne era diventato uno degli autori di punta grazie ad alcuni gekiga fortemente innovativi sul piano formale e interpretativo (Edo Ukiyo-eshi ibun Amon; Kunoichi ibun; Engokukô). Eppure, nonostante lavorassero per la stessa rivista, la loro primissima collaborazione avviene su Gekkan Touch, un mensile a fumetti creato e diretto dallo stesso Okazaki.

Nato con l’idea di ospitare manga poco adatti ad altre riviste di gekiga, Gekkan Touch era riuscito a coinvolgere i principali artisti che pubblicavano su Young Comic (Kamimura in primis, ma anche Masaki Mori, Miyaya Kazuhiko, Kawaguchi Kaiji, Abe Shin’ichi, etc). L’idea di Okazaki era di presentare il manga sotto altre vesti, partendo proprio dal formato della rivista, quadrata e non più rettangolare. Nonostante queste premesse – e le splendide copertine di Kamimura – la rivista non era riuscita a decollare, costretta alla chiusura dopo soli quattro numeri.

Quelle pagine avevano ospitato la prima collaborazione tra Okazaki e Kamimura dal titolo Hana kotoba (Il linguaggio dei fiori, 1971-72). Alla stregua dello Hana monogatari (Storie di fiori, 1916-1926) di Yoshiya Nobuko (1896-1973), anche questi racconti ruotano attorno ai fiori, o meglio, al significato tradizionalmente associato ad alcuni di essi o alla loro semplice presenza all’interno della storia. Questi primi quattro racconti affrontano tematiche affini alla sensibilità artistica di Kamimura come la femminilità, l’incesto, il lesbismo, il tradimento e l’incomunicabilità tra uomo e donna.

Sono ancora una volta i personaggi femminili a far evolvere i racconti e a suscitare interesse nel lettore: donne caparbie, dissolute, intransigenti e spesso anche borderline nei comportamenti e nei rapporti sentimentali. Kurara, la protagonista del settimo e ultimo racconto dal titolo Ran (Orchidea) ne è forse l’esempio più calzante.

In quest’opera Kamimura ritrae la parabola discendente di un’attrice ormai dimenticata dal suo pubblico, disposta a tutto, anche a uccidere, pur di tornare ancora una volta sotto la luce dei riflettori. Immediato è il collegamento con il film Sunset Boulevard (Viale del tramonto, 1950) con Gloria Swanson. Kamimura, infatti, ne mantiene le stesse atmosfere noir e arriva perfino a riproporne alcune scene chiave.

Il primo grande successo di Kamimura e Okazaki porta il nome di Shinanogawa (Il fiume Shinano), pubblicato tra il 1973 e il 1974 sulle pagine di Young Comic. Quasi inaspettatamente, Shinanogawa aveva ottenuto un notevole successo di pubblico e critica, culminato nel 1973 con la vittoria della seconda edizione del Gekiga-shô (Premio Gekiga) indetto dalla casa editrice Shônengahôsha.

Ambientato a cavallo tra i periodi Taishô e Shôwa, Il fiume Shinano è un sontuoso bildungsroman che scava a fondo nell’animo della protagonista Yukie, combattuta tra l’idea di un amore romantico e la brutalità dell’amore carnale. Dopo aver letto la sceneggiatura di Okazaki, Kamimura si era impegnato a realizzare “un magnifico melodramma”, completamente diverso dai gekiga che spopolavano sulle altre riviste. La sua idea, infatti, era di realizzare le tavole utilizzando tecniche simili alla pittura con inchiostro di china, dipingendo la tragedia, la lussuria e il sangue con le diverse sfumature di un unico colore.

fiume shinano kamimura manga

Consci delle potenzialità di questo fumetto, editor e produttori avevano progettato di “intrappolare” Shinanogawa nella rete del media mix, un po’ come era già successo per Shurayukihime (Lady Snowblood, 1972-73) e Dôsei jidai (L’età della convivenza, 1972-73). Nel 1973, infatti, Shinanogawa veniva adattato per il grande schermo in un film diretto da Nomura Yoshitarô (1919-2005) e interpretato da Yumi Kaoru (n.1950); Aku Yû (1937-2007), invece, aveva scritto i testi per il tema portante del film, realizzando una hit musicale di discreto successo (Shinanogawa – Yuki no sadame) cantata dalla stessa Yumi Kaoru.

L’uscita del film, però, non era passata di certo inosservata. Non tanto per le famose scene di nudo dell’attrice, quanto per le pesanti accuse di plagio che erano improvvisamente cadute su Okazaki. Un’anonima scrittrice, infatti, lo aveva accusato di aver copiato interi passaggi della sceneggiatura, compreso il titolo, da un suo romanzo. Nonostante il clamore suscitato dalla vicenda – amplificato poi dai più noti quotidiani nazionali – Okazaki ne era uscito fondamentalmente indenne, anche se emotivamente provato: a ben vedere, pare che le poche somiglianze fossero tra il film e il romanzo e non il fumetto. Shinanogawa di Okazaki era un’opera del tutto originale e la sua genesi ne era una riprova.

Il manga, infatti, era nato un po’ per caso. Durante una riunione preliminare, Kamimura ne aveva scelto il titolo e Okazaki si era ripromesso di costruirci attorno una trama convincente. Nel tentativo di sviluppare questo progetto, Okazaki si era messo in viaggio fino a Niigata per raccogliere materiali e testimonianze in grado di dare forma a una storia incentrata sull’idea di jun’ai (amore puro).

Per Okazaki, il plot de Il fiume Shinano non aveva bisogno di chissà quali espedienti narrativi, ma doveva soltanto limitarsi a raccontare storie ordinarie e verosimili, le stesse che erano accadute e che continuavano a verificarsi in qualsiasi villaggio del Giappone: «donne che fuggono insieme al proprio amato, donne che mettono al mondo un figlio di dubbia paternità, donne che si innamorano di uomini di cui non dovrebbero innamorarsi, oppure donne disposte anche a uccidere per amore». Donne, aggiunge Okazaki, che la società tende a etichettare con termini dispregiativi, ma nei confronti delle quali si prova una certa empatia, spesso anche invidia, per il modo in cui affrontano la vita. Non è un caso se all’interno del manga le principali figure femminili sono spesso associate a due animali, la volpe e il serpente, simboli, in Giappone, di una femminilità lussuriosa e ammaliatrice.

Nel 1974 la coppia Kamimura-Okazaki si ritrovava sulle pagine di Young Comic per dare vita a un nuovo potenziale successo. Yumeshi Arisu (Alice, maestra dei sogni), però, non aveva catturato l’interesse del pubblico e la tiepida accoglienza aveva spinto l’editore ad affrettare la conclusione dopo appena quindici episodi. I lettori, infatti, si aspettavano da Kamimura un nuovo melodramma intriso di eros e passione e invece si erano ritrovati a leggere un racconto a tinte fantascientifiche, quasi surreali.

Nonostante la presenza di alcuni temi cardine della poetica di Kamimura e Okazaki, Yumeshi Arisu si presentava come un’opera fondamentalmente di rottura: la protagonista, Alice, è una ragazza che si nutre del rancore e dalle passioni che albergano nell’animo degli esseri umani; si muove a suo piacimento nelle loro menti e nei loro sogni, ne manipola i ricordi e crea innumerevoli allucinazioni. Il manga racchiude diverse intuizioni narrative e alcuni omaggi visivi ad Alice in wonderland, oltre a regalare nel settimo capitolo – guarda caso intitolato Tôsaku/Plagio – una potente e quanto mai efficace risposta di Okazaki all’accusa di plagio ricevuta per Shinanogawa.

fiume shinano kamimura manga

Durante la pubblicazione di questo manga, Kamimura e Okazaki avevano realizzato altri due racconti autoconclusivi per i numeri di agosto e settembre della rivista Manga Erotopia. Inpu hengen (Perversa e volubile) e Rengoku no shôjo (La ragazza del Purgatorio) sono due dei racconti erotici più incisivi partoriti dalla mente di Okazaki e all’interno dei quali emergono chiare suggestioni letterarie (Tanizaki Jun’ichirô e la figura della femme fatale) e perversioni degne del marchese De Sade.

Il sodalizio di Kamimura e Okazaki su Manga Erotopia continuava nel 1975 con Aku no hana (I fiori del male), un lungo racconto in cui vengono mostrate, senza alcuna remora o pruderie, le perversioni dell’animo umano. Non manca nulla a questo «capolavoro nero», in bilico tra echi letterari (De Sade, Wilde, Mishima) e brillanti riferimenti artistici. Nel raccontare la discesa negli inferi della protagonista Sayuri, Okazaki si sofferma ad analizzare pulsioni, pratiche e orientamenti sessuali come mai era stato fatto in una pubblicazione per adulti. Insieme con Nyohanbô (Il monaco stupratore, 1974-75) di Fukushima Masami (n.1948) e Takizawa Kai (1933-2003), Aku no hana è stato uno dei titoli di punta di Manga Erotopia negli anni Settanta e può essere oggi considerato un classico del fumetto erotico giapponese.

Dopo Yumeshi Arisu, Kamimura e Okazaki tornavano a lavorare insieme sulle pagine di Young Comic con un nuovo progetto. Scandal Symphony, però, aveva ottenuto consensi troppo bassi e si era concluso dopo appena otto episodi. Per molti, l’insuccesso di questo manga era dovuto all’assenza di carismatici personaggi femminili. Il protagonista, infatti, è un docente di psicologia con l’hobby di collezionare “scandali” da lui ideati per creare disordine all’interno di una società apparentemente perfetta.

Scandal Symphony è l’ultima collaborazione tra Kamimura e Okazaki per Young Comic. Dato che i lettori non sembravano aver gradito il nuovo percorso intrapreso dalla coppia, l’editor aveva deciso di sciogliere il duo, chiedendo a Kamimura di continuare a scrivere storie incentrate su personaggi femminili. Il lavoro successivo, Seishun yokochô (La primavera della vita, 1975-76), aveva affascinato il pubblico tanto da permettere a Kamimura di realizzarne ben trentatré episodi.  

Sempre nel 1975, Kamimura e Okazaki si ritrovano a collaborare per altri due progetti: Kurara, pubblicato su una rivista per liceali, e Aijô (Le corde dell’amore), racconto erotico a tinte sadomaso pubblicato su Zôkan Young Comic. Quest’ultima collaborazione li porterà, l’anno successivo, a realizzare un’altra storia breve per la stessa rivista: Seme-e jigoku (L’inferno delle stampe sulle torture, 1976).

Per consolidare il successo di Aku no hana, Okazaki e Kamimura avevano proseguito il loro sodalizio su Manga Erotopia con Inkaden (I fiori della lussuria). Basandosi su un testo di Togawa Masako (1933-2016) dal titolo Nihon dokufuden (Storie di malvagie donne giapponesi, 1971), Okazaki ne aveva selezionato alcune delle storie, focalizzando la sua attenzione sui ritratti di cinque donne (Abe Sada, Takahashi Oden, Honmoku Ohama, Kani no Okaku, Yoarashi Okinu) che avevano legato il proprio nome alla voluttà, ai desideri carnali e all’amore votato al sacrificio estremo. La parte dedicata al personaggio di Abe Sada è forse la più riuscita, sia per trovate grafiche che per intuizioni narrative, e riporta alla mente lo splendido Ai no korîda (L’impero dei sensi, 1976) di Ôshima Nagisa (1932-2013).4

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L’eros, insomma, sembrava aver ridato popolarità e nuova linfa vitale alla collaborazione tra Kamimura e Okazaki. I due, sempre nel 1976, ci avevano riprovato con Wakako (id.), un racconto in quattro puntate pubblicato sul mensile per adulti GORO. Ambientato durante il periodo Taishō (1912-1926), Wakako analizza il travaglio interiore di una giovane ragazza – Wakako, per l’appunto – che, come suggerisce il suo stesso nome, si nutre di poesia e di struggimenti d’amore. Persa d’amore per il suo giovane maestro, Wakako riesce perfino a irretirlo e a trascinarlo in una spirale di passione incontrollata.

Pur trattandosi di un’opera minore, Kamimura regala ai lettori una storia magistralmente disegnata, dove ogni cosa è studiata nei minimi dettagli: immagini a pagina intera, riprese a volo d’uccello, inquadrature angolari. Nonostante l’eros sia predominante, la sceneggiatura non dimentica di rendere omaggio ad alcune poesie dello Shinkokinshū (come quella in apertura del racconto, reinterpretata da Okazaki), ma soprattutto ai versi intrisi di passionalità di Yosano Akiko (1878-1942).

Le ultime due collaborazioni di Kamimura e Okazaki risalgono al 1978. Si tratta di Yumeji – Yume no mata yume (Yumeji, il sogno di un nuovo sogno) e Beniko kaisôroku (I ricordi di Beniko), due opere pubblicate rispettivamente sulle riviste Cosmo Comic e Manga Gag. In Yumeji, Okazaki traccia una biografia su Takehisa Yumeji (1884-1934), «pittore, illustratore e poeta, divenuto famoso per le sue immagini di donna dalla bellezza estenuata e i grandi occhi malinconici, circondate da paesaggi segnati da suggestioni romantiche e atmosfere struggenti».

Rimasto incompiuto a causa del fallimento della rivista, di Yumeji se ne erano perse le tracce – come d’altronde di molti manga di Kamimura non ancora stampati in formato monografico – fino a quando nel 2016 è tornato sugli scaffali delle librerie giapponesi grazie a una nuova edizione comprensiva anche della sceneggiatura dell’ultimo capitolo. Forse perché insoddisfatto del risultato o deluso dall’impossibilità di portare a termine le vicende del suo artista ispiratore, Kamimura era poi tornato a raccontare momenti della vita di Takehisa in Kikuzaka hoteru (Hotel Kikuzaka, 1983-84), altra perla della sua produzione. Quasi in contemporanea con Yumeji, Kamimura e Okazaki lavoravano anche al già citato Beniko kaisôroku, la loro ultima collaborazione in cui riemergono i temi che hanno accompagnato il successo di Shinanogawa: bellezza, tradimenti, eros, rancori e adulteri. 

Dal 1979 le loro strade, professionalmente parlando, si erano divise. Eppure, il regista Suzuki Noribumi (1933-2014) aveva suggerito alla coppia di realizzare una trasposizione a fumetti di Sasameyuki (Neve sottile, 1948), celebre romanzo di Tanizaki Jun’ichirô (1886-1965). Okazaki aveva seriamente iniziato a pensare al progetto, convinto che solo Kamimura avrebbe potuto ricreare le atmosfere avvolgenti e delicate del romanzo, oltre che a dar un volto alle sorelle Makioka. Per Okazaki, infatti, solo Kamimura avrebbe potuto farlo, visto che «le donne che disegna Kamimura sembrano davvero vivere e respirare. Qualsiasi artista di gekiga saprebbe disegnare una “bella donna”, ma soltanto Kamimura è in grado di disegnare donne meravigliosamente belle».

Questo articolo è la postfazione a Il fiume shinano vol. 2, pubblicato da Coconino Press.

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